Offese e molestie sul lavoro: come difendersi
Il datore risarcisce il dipendente umiliato: quali sono le norme? Una guida completa sul risarcimento dello straining e del mobbing sul lavoro.
Nel mondo del lavoro, si sente spesso parlare di mobbing. Poco si sa invece di una figura affine, di minore gravità ma di più facile dimostrazione in giudizio: lo straining. In entrambi i casi siamo in presenza di vessazioni ai danni del dipendente, che creano un ambiente ostile e stressogeno, tale da influire sul benessere del lavoratore. Ma se nel mobbing deve essere provato un disegno premeditato ai danni della vittima, nello straining no.
Vediamo allora come difendersi dalle offese e molestie sul lavoro, ossia da tutti quei maltrattamenti che, se anche non costituiscono reato, incidono comunque sulla salute psicofisica del dipendente.
In questa guida, esamineremo le norme e i casi giurisprudenziali relativi allo straining, con un focus sulla recente sentenza n. 736/2023 del Tribunale di Vibo Valentia. E cercheremo di comprendere qual è la differenza rispetto al mobbing. Ma procediamo con ordine.
Cosa significa “straining” sul posto di lavoro?
Lo straining si verifica quando un dirigente o un capo tratta in modo inappropriato un sottoposto, con offese e molestie, causando stress e disturbi psicologici.
Lo straining, a differenza del mobbing che implica un’azione persecutoria continuativa, può scaturire da episodi isolati che provocano stress significativo. Mentre il mobbing è una sequenza di azioni ostili finalizzate all’emarginazione di un lavoratore (deve cioè sussistere un disegno persecutorio unico), lo straining può manifestarsi anche con un singolo atto, lasciando comunque impatti duraturi sulla salute mentale della vittima.
Caratteristiche dello straining sul lavoro
Lo straining rappresenta una minore intensità di mobbing, ma non per questo meno dannoso. Esso è pur sempre riconducibile alla violazione dell’articolo 2087 del codice civile, che obbliga i datori di lavoro a garantire la salute psicofisica dei propri dipendenti. Il che implica la creazione di un ambiente di lavoro che non sia dannoso per il benessere fisico e mentale dei lavoratori.
Tra gli esempi più comuni di straining troviamo: riduzione delle responsabilità lavorative (demansionamento), isolamento dal gruppo di lavoro, mancanza di risorse necessarie per svolgere le proprie mansioni, costrizione a periodi di inattività forzata, esclusione da informazioni cruciali.
In quali casi si può richiedere il risarcimento per straining?
Il risarcimento per straining è dovuto quando l’ambiente di lavoro, creato da atteggiamenti alterati e sarcastici dei dirigenti, danneggia la serenità e la salute dei dipendenti. Questo è stato stabilito nella sentenza del Tribunale di Vibo Valentia n. 736/2023.
Il risarcimento dello straining si calcola in base alle tabelle milanesi del danno non patrimoniale. Queste tabelle forniscono una guida per quantificare il danno subito dal lavoratore a seguito di comportamenti stressogeni sul posto di lavoro.
Oltre al risarcimento del danno, il datore di lavoro può essere tenuto a pagare le spese legali e quelle relative alle consulenze tecniche richieste durante il processo.
Qual è stato il caso specifico citato?
Nel caso specifico analizzato dal Tribunale di Vibo Valentia, un dipendente comunale ha ottenuto un risarcimento per danni all’integrità psicofisica a causa dell’ambiente di lavoro stressogeno. L’invalidità permanente al 20% e l’ipertensione arteriosa del lavoratore sono stati considerati nel calcolo del risarcimento.
In che modo lo straining si differenzia dal mobbing?
Lo straining si distingue dal mobbing per l’assenza di un disegno persecutorio unico. Nel mobbing, generalmente un singolo individuo è preso di mira in modo sistematico. Lo straining, invece, può derivare da un ambiente di lavoro tossico che affligge più dipendenti.
Dunque lo straining si distingue dal mobbing per la sua natura episodica. Può essere scatenato da un’azione unica, ma con effetti duraturi. A differenza del mobbing, lo straining non è considerato un reato, ma un comportamento lesivo per cui è possibile richiedere un risarcimento in sede civile.
Il mobbing può invece integrare il reato di maltrattamenti solo nei piccoli ambienti di lavoro, quelli in cui il datore è a stretto contatto coi dipendenti. Negli altri casi invece è un semplice illecito civile che dà diritto al risarcimento, a patto che venga dimostrato un danno alla salute psicofisica.
Quando non c’è risarcimento per mobbing?
Il mobbing non viene risarcito quando l’atteggiamento vessatorio del datore è rivolto contro tutti i dipendenti, sicché manca automaticamente la prova del disegno persecutorio nei confronti dello specifico lavoratore. Inoltre non può essere invocato nei contesti lavorativi dove il superiore gerarchico cambia di frequente (si pensi a una banca o a una pubblica amministrazione): anche qui viene meno l’intento doloso del capo. Ciò non esclude però l’applicazione della tutela dallo straining.
Prescrizione del risarcimento da straining e mobbing
La vittima di straining ha un termine di prescrizione di 10 anni dalla fine del rapporto di lavoro per richiedere un risarcimento. Non è necessario dimostrare un intento persecutorio da parte del datore di lavoro; ciò che conta è l’effettivo danno subito dal dipendente a causa dell’ambiente lavorativo stressogeno.
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