Nullatenente con debiti: come proteggere i tuoi beni essenziali
Come tutelarsi dal pignoramento dei creditori per chi non ha nulla intestato.
Per essere nullatenenti non bisogna spogliarsi di qualsiasi proprietà o reddito. Vi sono alcuni beni primari che, per legge, non possono essere pignorati e che pertanto non espongono il titolare a rischi di azioni esecutive. Peraltro anche oggetti di scarso valore o poco appetibili sul mercato delle aste giudiziarie potrebbero disincentivare il creditore dall’avviare una qualsiasi forma di aggressione (si pensi a un’auto ormai vecchia).
Ma come fa un nullatenente con debiti a proteggere i suoi beni essenziali? Cerchiamo di fare alcuni importanti chiarimenti.
Come si protegge la casa di un nullatenente?
Spesso si crede che la prima casa non sia un bene pignorabile. In verità non lo è solo nei confronti del fisco e sempre a condizione che il debitore non abbia altre proprietà immobiliari (anche per quote), sia residente nell’immobile in questione, vi abbia fissato la propria dimora principale e che questa non sia di lusso (ossia accatastata nelle categorie A/1, A/8 o A/9).
Il fatto che la prima casa non possa essere pignorata da chi ha cartelle esattoriali non pagate non esclude però che, per debiti superiori a 20mila euro, l’Esattore possa iscrivervi un’ipoteca. Chiaramente l’ipoteca senza la possibilità di pignoramento ha un valore puramente simbolico (essa non impedisce neanche la vendita o la donazione del bene). Se tuttavia un altro creditore (ad esempio la banca) dovesse assoggettare all’asta il bene, il fisco avrebbe pieno diritto a partecipare alla procedura. Mettendo invece a tacere eventuali ulteriori creditori, il fisco non avrebbe alcun potere.
Se dunque è vero che per debiti con privati la casa è sempre pignorabile, anche se il valore del credito è minimo (non esiste infatti una soglia al di sotto della quale il pignoramento non possa essere avviato), il nullatenente dovrà attuare altre strategie.
L’eventuale donazione dell’immobile al figlio potrebbe essere considerata come una simulazione, allo scopo solo di sottrarre l’immobile da un eventuale pignoramento. E il creditore può impugnare la donazione entro 5 anni dal rogito, solo dimostrando che il donante non ha altri beni utilmente pignorabili.
Non resta che la separazione con il coniuge, a cui intestare la casa. Anche questa procedura potrebbe essere soggetta all’azione revocatoria se i coniugi non cambiano residenza e non dimostrano di vivere effettivamente distanti.
Chi non ama soluzioni così drastiche potrebbe, se sposato in regime di comunione legale dei beni, modificare tale condizione con un atto notarile, optando per la separazione dei beni. All’esito di ciò dovrà intestare i beni al coniuge nullatenente. Tuttavia, anche tale atto, risolvendosi in una donazione, può essere revocato entro 5 anni.
Come si protegge lo stipendio di un nullatenente?
Lo stipendio, come noto, può essere pignorato nei limiti di un quinto. Ma se il creditore è l’Agente per la riscossione delle cartelle esattoriali, il limite si alza a un decimo per redditi fino a 2.500 euro; un settimo per redditi fino a 5.000 euro. Oltre tale soglia, il pignoramento è sempre di un quinto.
Eventuali cessioni del quinto fatte a finanziarie o banche non riducono l’ammontare della quota pignorabile in quanto trattasi di atti volontari.
C’è però chi si fa pignorare lo stipendio da persone “accondiscendenti”: ad esempio un amico a cui rilasciare una cambiale o un assegno, consentendo che questi agisca in tribunale e avvii un pignoramento del quinto dello stipendio (da restituire poi “informalmente”). Questa tecnica, comunque illegale, è spesso usata per disincentivare il creditore dall’avviare un pignoramento su uno stipendio già pignorato, il che lo costringerebbe al cosiddetto accodo: egli potrebbe cioè soddisfarsi solo una volta soddisfatto il precedente creditore.
Come si protegge il conto corrente del nullatenente?
È facile svuotare il conto corrente. Ma ancor più facile lo è con la tecnica dell’assegno circolare. Il debitore versa alla banca tutto il proprio deposito per poi farsi rilasciare l’assegno a nome proprio o di un’altra persona accondiscendente (un parente, un amico, ecc.). Le somme scompariranno dal conto corrente e non potranno essere pignorate perché come “inesistenti”: sicché il creditore non si accorgerà di esse.
L’assegno dovrà essere portato all’incasso entro massimo tre anni ma, in tale momento, si potrà chiedere il rinnovo di un altro assegno circolare.
In ogni caso, se il conto corrente è quello ove viene accreditato solo lo stipendio (e nessun’altra somma), il pignoramento dei risparmi depositato all’atto della notifica dell’atto di pignoramento stesso può avvenire solo per quella parte che eccede il triplo dell’assegno sociale (534,40 x3 =1.603,20, aggiornato al 2024). Chi quindi tiene il conto al di sotto di tale soglia non rischia alcun pignoramento. L’ultimo stipendio non può essere pignorato mentre quelli successivi pur sempre nei limiti di un quinto.
Come si protegge la pensione del nullatenente?
Chi è pensionato non può subire alcun pignoramento per pensioni al di sotto di 1.000 euro o, se superiori, pari al doppio dell’assegno sociale (534,40 x2 = 1.068,80, aggiornato al 2024). Si tratta infatti del cosiddetto minimo vitale che, per le sole pensioni, segna un limite impignorabile. Le somme superiori possono essere pignorate solo nei limiti di un quinto.
Come si proteggono gli altri redditi?
Le assicurazioni sulla vita, che non hanno carattere speculativo, non possono essere pignorate. Secondo la giurisprudenza, le polizze “index linked” sono pignorabili. La loro funzione infatti non è assicurativa. Al contrario si tratta di veri e propri prodotti finanziari che possono essere riscattati in ogni momento e nulla garantiscono per l’assicurato, nemmeno il recupero del valore investito, contrariamente a quanto si verifica per le polizze vita tradizionali.
Come si proteggono gli eredi del nullatenente
I familiari del nullatenente non rischiano nulla finché questi non muore. Con la morte, i creditori del defunto possono rivalersi contro gli eredi solo se e dal momento in cui questi accettino l’eredità. L’accettazione può avvenire anche in forma tacita, con comportamenti concludenti come la vendita o l’affitto dei beni del de cuius, il prelievo dal relativo conto oppure il voto alle assemblee condominiali. Il pagamento dei debiti con denaro personale dell’erede e non del defunto non è considerabile accettazione tacita.
Il familiare quindi che non voglia ereditare i debiti del nullatenente deve rinunciare all’eredità di quest’ultimo, con dichiarazione espressa rilasciata al notaio o al cancelliere del tribunale ove si è aperta la successione.
L’esdebitazione dei debiti
Chi è nullatenente e non ha la possibilità di pagare i propri debiti può infine ricorrere alla procedura di esdebitazione prevista dal codice della crisi d’impresa. Tale normativa – un tempo contenuta nella famosa “legge salvasuicidi”, anche chiamata “legge sul sovraindebitamento” – prevede oggi la possibilità che il giudice (adito su ricorso del debitore, con l’assistenza di un Organismo di composizione della crisi), accertata la situazione di nullatenenza del debitore, cancelli definitivamente il suo debito pur senza alcuna contropartita. Deve tuttavia risultare che il debitore non abbia alcun reddito e che tale condizione non dipenda da un suo comportamento colpevole.
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