Notifica cartella PEC: regole per essere valida
Cosa controllare per capire se il messaggio proviene effettivamente da un ufficio di Agenzia Entrate Riscossione; come contestare le irregolarità.
La notifica delle cartelle esattoriali a mezzo della Pec, cioè con l’uso della posta elettronica certificata, è sempre più diffusa, complice anche l’introduzione dell’obbligo, vigente già da alcuni anni, di dotarsi di un’apposita casella per tutti gli imprenditori, professionisti, artigiani e commercianti.
Inoltre da luglio 2023 tutti i privati cittadini non imprenditori – quindi i lavoratori dipendenti, i pensionati e anche i disoccupati – possono decidere, volontariamente, di munirsi di Pec, sulla quale ricevere le notifiche da parte delle Pubbliche Amministrazioni.
Questa possibilità di creare un proprio domicilio digitale è una comodità, specialmente per chi non è spesso a casa, non vuole fare la fila alle Poste per ritirare il plico e teme disguidi nella consegna dell’avviso di giacenza nella buca delle lettere.
Ma anche con la Pec c’è una precisa normativa da rispettare, che non tutti conoscono. Quindi è bene sapere quali sono le regole che rendono valida la notifica di una cartella di pagamento avvenuta mediante Pec: vediamo cosa controllare quando si riceve un messaggio del genere da Agenzia Entrate Riscossione o da un altro Concessionario convenzionato per l’esazione di imposte e tasse.
Qual è il valore legale di una Pec?
Prima di tutto, ricordiamo che la Pec, se correttamente inviata e ricevuta, ha lo stesso valore legale di una lettera raccomandata. Infatti il sistema di trasmissione telematico del messaggio genera automaticamente una Rac (ricevuta di avvenuta consegna) nel momento in cui la “busta” è depositata sulla casella Pec del destinatario.
Questo file – che può essere salvato e stampato – è il documento che comprova il recapito del messaggio (completo degli eventuali allegati, come la cartella di pagamento notificata in formato pdf o con l’estensione p7m se munita di firma digitale), e ha lo stesso valore probatorio dell’avviso di ricevimento della raccomandata cartacea, quella che viene spedita per posta o è consegnata dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore delle cartelle esattoriali
Notifica con Pec: vantaggi
È evidente che questo metodo di trasmissione telematica dei messaggi di posta elettronica certificata, oltre ad essere veloce e sicuro, supera tutte le comuni contestazioni che possono avvenire per la consegna dei plichi cartacei in modalità tradizionale (indirizzo diverso, consegna a persona diversa dal destinatario e non abilitata a ricevere la lettera, compiuta giacenza, irreperibilità senza ricerche dell’interessato, ecc.).
Tra gli altri vantaggi, è da ricordare il minor costo rispetto all’invio delle raccomandate (l’abbonamento per la casella Pec è annuale, e il numero di messaggi che si possono inviare o ricevere è illimitato), e la praticità di non doversi recare all’ufficio postale per le spedizioni o per i ritiri.
Infine, le caselle Pec funzionano senza limitazione di orario, quindi sono attive 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, e questo rende possibile un maggior arco di tempo a disposizione per effettuare le notifiche, o per consultare quelle ricevute.
Notifica mediante Pec: condizioni
La condizione essenziale da rispettare per la regolarità della notifica a mezzo Pec è che sia il mittente, sia il destinatario, siano muniti della propria casella di posta elettronica certificata. In altre parole, non è valida come notifica una e-mail semplice inviata ad una Pec, o, viceversa, un messaggio di posta elettronica certificata inviato ad una comune casella di posta elettronica. Ma questo non basta, perché tutti gli indirizzi Pec devono essere anche catalogati e consultabili, come vedremo ora.
Intanto è utile ricordare che per la giurisprudenza è valida anche la notifica Pec su casella piena, perché comunque il documento è entrato nella sfera di disponibilità del destinatario, che ha l’onere di mantenere la propria casella idonea alla ricezione dei messaggi in arrivo (altrimenti sarebbe troppo facile sfuggire alle notifiche telematiche riempiendo artificiosamente la propria casella).
Notifica con Pec: i pubblici registri
A volte è proprio il mittente – nel caso delle cartelle di pagamento, l’Agente di Riscossione – a non essere dotato di una casella di posta elettronica certificata valida, o, per meglio dire, non inserita correttamente nei pubblici registri.
Il Codice dell’Amministrazione Digitale [1] dispone che gli indirizzi Pec utilizzati dagli Agenti di Riscossione per la notifica delle cartelle di pagamento debbano risultare inseriti in appositi elenchi pubblici e liberamente consultabili da chiunque: questo serve a garanzia dei cittadini e dei contribuenti, per individuare esattamente il mittente e così evitare Pec fraudolente o comunque incerte sull’identità di chi le ha inviate (fenomeni molto comuni con le normali e-mail).
Attualmente – e in attesa di un auspicabile accorpamento e riordino – questi pubblici registri sono quattro:
- l’IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi);
- • il REGINDE (Registro Generale degli indirizzi elettronici), gestito dal ministero della Giustizia, per i soggetti abilitati a effettuare notifiche di atti giudiziari (la consultazione è riservata ai soli soggetti autorizzati);
- • l’INI-PEC (Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata), per imprese e professionisti;
- • l’INAD, l’indice nazionale dei domicili digitali, per le persone fisiche e gli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese.
Cartella notificata via Pec: cosa controllare
Mentre per chi effettua le notifiche non è sempre chiaro quale indirizzo bisogna usare, soprattutto se si rivolge a imprenditori, professionisti, società ed altri enti, per chi riceve una cartella di pagamento le cose sono più semplici: bisogna controllare che l’indirizzo Pec dell’ufficio mittente (ad esempio, una direzione territoriale provinciale di Agenzia Entrate Riscossione) sia presente nell’IPA.
Se ci si accorge che la notifica proviene da un indirizzo non compreso nel suddetto elenco, c’è un’irregolarità. Precisamente, la legge [2] dispone che la notificazione telematica degli atti deve essere eseguita «utilizzando esclusivamente un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante che compare negli elenchi pubblici»: nel nostro caso, l’indice delle Pubbliche Amministrazioni, o IPA.
Quando la notifica via PEC è nulla
Ciò comporta che la notifica proveniente da altri indirizzi PEC, pur tecnicamente attivi e funzionanti, ma non compresi nell’IPA, è da considerarsi nulla, e, secondo un orientamento giurisprudenziale, addirittura inesistente: il destinatario, quindi, può presentare ricorso, entro 60 giorni dal ricevimento, alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente per territorio, per far valere il vizio della notifica. Per maggiori dettagli sulla procedura da seguire in tali situazioni, leggi “Notifica cartella con PEC: come contestare“.
Molte sentenze tributarie [3] hanno annullato alcune notifiche di cartelle che provenivano veramente da Agenzia Entrate Riscossione, ma erano state inviate con indirizzi PEC non risultanti nell’IPA: ad esempio, quelle inviate negli scorsi anni da indirizzi come «notifica.acc.campania@pec.agenziariscossione.gov.it», o «notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it», anziché dalla unica casella “ufficiale” inserita nell’IPA, che era «protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it».
Tuttavia, di recente per superare queste obiezioni Agenzia Entrate Riscossione ha provveduto ad integrare nell’indice IPA gli indirizzi PEC dei propri uffici territoriali periferici e competenti ad emettere e notificare le cartelle di pagamento ai contribuenti. Così attualmente è ben difficile che le cartelle notificate via PEC provengano da caselle non inserite nell’indice IPA. Per altre informazioni, leggi “Come contestare una cartella notificata via PEC: guida pratica“.
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