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Negozio chiuso per infiltrazioni: chi paga i danni?

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(@paolo-remer)
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Quando la responsabilità risarcitoria è del proprietario che ha affittato i locali e quando ricade sul condominio che non ha fatto i lavori necessari sulle parti comuni dell’edificio.

Nessun cliente vorrebbe mai entrare in un esercizio commerciale che puzza di muffa o, peggio ancora, di fogna. Eppure succede spesso, perché l’acqua che corre dai tetti non impermeabilizzati a dovere, o dai tubi delle acque chiare o scure che si sono rotti, è un fenomeno piuttosto comune. Ad aggravare il fenomeno c’è il fatto che in molti casi gli interventi per capire la provenienza dell’umidità e per rimuoverne le cause non sono di facile realizzazione e richiedono tempi piuttosto lunghi, specialmente quando c’è necessità di rompere i muri o i pavimenti ed agire sottotraccia. Quindi a volte bisogna “convivere” con chiazze e cattivi odori per parecchio tempo; ma intanto le Autorità sono inesorabili, e – per evidenti motivi di salubrità e di igiene – adottano il provvedimento di chiusura temporanea dell’esercizio, almeno fino a quando gli inconvenienti riscontrati non saranno sistemati.

Ma quando un negozio viene chiuso per infiltrazioni, chi paga i danni? Il proprietario o il gestore del negozio interessato dalla presenza di acqua o di umidità potrebbe subire ingenti danni, che non riguardano solo il deterioramento delle merci esposte e conservate (fino a diventare inutilizzabili: capi di abbigliamento, prodotti elettronici, generi alimentari), ma anche, e soprattutto, per la perdita del giro di affari durante la chiusura e per il pregiudizio della propria immagine commerciale. Anche dopo aver imbiancato le pareti e rimesso i locali a nuovo, al momento della riapertura i vecchi clienti potrebbero non tornare. La psicologia insegna che la memoria olfattiva è molto persistente: si potrebbe dire che le parole volano ma gli odori restano.

Responsabilità del proprietario e del Comune

Se il locale dove viene esercitata l’attività è un fabbricato isolato e di proprietà esclusiva, non c’è dubbio che sarà il proprietario a dover sopportare i danni senza poter chiedere alcun risarcimento, a meno che non dimostri che si è verificata la rottura di una condotta pubblica (ad esempio, quella dell’acquedotto o della rete fognaria, compresi i tombini) che ha interessato il suo immobile: in questi casi l’Ente responsabile di queste infrastrutture – che solitamente è il Comune o la società che opera per suo conto nella gestione degli impianti idrici e fognari – sarà il diretto responsabile, a meno che non riesca a provare il cosiddetto “caso fortuito”, cioè un evento anomalo e imprevedibile, come un’alluvione di eccezionali proporzioni.

Quando il negozio è in affitto

Invece, se l’immobile è stato dato in locazione all’esercente dell’attività commerciale, il proprietario è responsabile nei suoi confronti per tutti i danni derivanti dalla violazione dell’obbligo di mantenere la cosa locata in «stato da servire all’uso convenuto», come sancisce l’art. 1575 del Codice civile.

La giurisprudenza ha chiarito che in questo obbligo del proprietario locatore rientra anche l’esecuzione delle riparazioni che eccedono l’ordinaria manutenzione e che, dunque, non sono a carico dell’affittuario, come appunto gli interventi straordinari di rimozione delle cause delle infiltrazioni e di ristrutturazione dei locali (rifacimento della guaina impermeabilizzante del tetto o della pavimentazione, sostituzione di pluviali, tubi e condotti, riparazione di crepe, ecc.) fino al rifacimento degli intonaci e della tinteggiatura interna per riportare i locali nel medesimo stato che avevano all’inizio della locazione e prima che si verificassero le infiltrazioni. L’affittuario deve essere tenuto indenne da tutte queste spese e, se le ha anticipate, ha diritto al rimborso.

Responsabilità del condominio

Nella maggior parte dei casi il negozio che subisce infiltrazioni si trova in locali presi in affitto, che spesso sono ubicati in un edificio condominiale: quindi è coinvolti nella vicenda risarcitoria, oltre al locatore in base a quanto abbiamo detto nel paragrafo precedente, anche il condominio, che – in quanto «ente di gestione», ha una precisa responsabilità per le cose in custodia, tra cui rientrano anche gli impianti fissi delle parti comuni: lastrico solare, grondaie, pluviali e tubi adduttori dell’acqua o di scarico, fino al punto di diramazione nelle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva.

La «responsabilità per le cose in custodia» è sancita dall’art. 2051 del Codice civile che la presume fino a prova contraria (da fornire a cura del condominio stesso che vuole esonerarsi dalla propria responsabilità), e comporta per il condominio un preciso dovere di manutenzione delle parti comuni in buono stato, per evitare fenomeni costituenti pericolo per persone e cose o concretamente dannosi, come appunto le infiltrazioni di acqua ed umidità.

Le applicazioni pratiche di questo principio nella giurisprudenza sono numerose. Tra queste, una nuova sentenza del tribunale di Torre Annunziata [1], che ha deciso un annoso caso di infiltrazioni in un negozio di ortofrutta, ubicato al piano terra in un complesso condominiale, che era stato chiuso dall’Azienda sanitaria, e lo era rimasto a lungo, perché le infiltrazioni non erano state prontamente rimosse. Di conseguenza l’affittuario che esercitava la propria attività se n’era andato ed aveva legittimamente smesso di pagare i canoni. Il proprietario, rimasto senza l’introito mensile derivante dall’affitto del suo inquilino, aveva agito in giudizio contro il condominio per ottenere anche il risarcimento di questa importante voce, e i giudici torresi gli hanno dato ragione: dopo aver accertato, con una consulenza tecnica, che la causa delle infiltrazioni consisteva nella rottura del tubo di colonna verticale dello scarico fognario, ha condannato il condominio non solo al pagamento delle spese di rifacimento dei tubi (più quelle di rimozione dei vecchi, che erano fatti in cemento ed amianto, un materiale altamente nocivo per la salute) ma anche alla refusione, in favore del proprietario locatore, di tutte le mensilità di canone non versate dal conduttore che si era visto costretto ad abbandonare i locali affittati.

Infiltrazioni in negozio: quando paga l’assicurazione?

Se l’attività commerciale esercitata nei locali interessati dalle infiltrazioni è assicurata con una polizza che comprende questo genere di eventi, come la formula «globale fabbricati», sarà l’impresa assicuratrice a dover tenere l’esercente indenne dai costi di riparazione. Tuttavia se il negozio si trova in un condominio assicurato con una polizza che esclude o non contempla espressamente le infiltrazioni di acqua o di umidità nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva (quindi appartamenti, box auto ed anche negozi), tali eventi non saranno risarciti dalla compagnia.

La sentenza del tribunale di Torre Annunziata ha precisato, però, che la clausola della polizza che prevede la copertura assicurativa del rischio per «danni conseguenti a fatti accidentali» – come la rottura di un tubo condominiale che provoca le infiltrazioni – deve essere interpretata in senso estensivo e favorevole all’assicurato, nel senso che «la garanzia opera su tutte le condotte colpose, salvo limitazioni, in contrapposizione ai fatti dolosi»  (di questi ultimi, evidentemente, l’assicurazione non risponde): quindi il condominio, costretto a risarcire i proprietari esclusivi dei locali danneggiati, può essere manlevato dall’assicurazione grazie a questa polizza stipulata sulla responsabilità civile. Per maggiori dettagli leggi “Infiltrazioni: paga il condominio o l’assicurazione?“.

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Pubblicato : 25 Ottobre 2022 07:30