Mantenimento: l’ex moglie casalinga cosa può pretendere?
Assegno di mantenimento all’ex coniuge: il ruolo del lavoro casalingo e della crescita dei figli nella determinazione del trattamento economico
Il mantenimento all’ex coniuge che ha badato ai figli e alla casa durante il matrimonio è un tema di grande attualità. Lo è diventato in particolare modo dopo che, nel 2018, le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito un importantissimo principio: il coniuge che sacrifica la propria carriera per badare al ménage domestico ha diritto, in caso di divorzio, a conservare lo stesso tenore di vita di cui godeva quando ancora era sposato.
Vediamo dunque, più nel dettaglio, cosa può pretendere l’ex moglie casalinga in termini di mantenimento dopo la separazione dal marito. Lo faremo tenendo conto di una recente pronuncia della Cassazione che ha riconosciuto l’assegno divorzile in favore di una donna che, oltre ad aver contribuito alla crescita dei figli, aveva investito risorse proprie nella ristrutturazione della casa familiare.
Il caso analizzato dalla Cassazione
Una recente sentenza della sesta sezione civile della Cassazione [1] riguarda una coppia separatasi dopo oltre quarant’anni di matrimonio. La donna, durante il matrimonio, si era dedicata alla crescita dei tre figli e al lavoro casalingo, senza mai lavorare all’esterno e, di conseguenza, senza versare contributi previdenziali. Inoltre, la signora aveva contribuito con risorse ereditate dal padre alla ristrutturazione della casa coniugale, incrementando il patrimonio familiare.
La Corte di Cassazione ha stabilito che l’uomo dovrà versarle un assegno di mille euro al mese. La decisione si basa sullo squilibrio economico tra le parti, determinato dalle scelte adottate durante il matrimonio: scelte condivise da entrambi i coniugi.
Ex moglie casalinga: diritti in caso di divorzio
I principi affermati dalla giurisprudenza sono dunque i seguenti.
Non basta lo squilibrio economico tra i due coniugi per vantare il diritto all’assegno di mantenimento: è necessario anche che il coniuge più povero non abbia mezzi a sufficienza per mantenersi da solo in modo decoroso.
Se invece, nonostante lo squilibrio, il coniuge più “povero” è autosufficiente economicamente, il mantenimento non spetta. È ciò che succede a una donna con uno stipendio da insegnante o con un lavoro part-time che possa bastarle per andare avanti.
Quand’anche vi sia uno squilibrio economico tra le parti e il coniuge richiedente sia disoccupato o abbia un reddito insufficiente a mantenersi da solo, se la sua condizione di età, di formazione e di salute gli consente di trovare ancora un lavoro (ossia di avere una potenzialità reddituale), l’assegno di mantenimento può essere negato. Così una donna ancora giovane e con un titolo professionale, seppure non abbia mai esercitato, non può pretendere di essere mantenuta dal marito.
Se invece, nel corso del matrimonio, la moglie ha sacrificato la propria carriera per badare alla famiglia, rinunciando al lavoro o accontentandosi di un semplice part-time, in tale caso il marito dovrà mantenerla in proporzione alle proprie ricchezze: ricchezze che questi non avrebbe mai conseguito se non vi fosse stato, appunto, il sacrificio della moglie.
Ecco dunque il principio: la donna over 40, ormai tagliata fuori dal mercato del lavoro per aver fatto la casalinga, non solo ha diritto all’assegno di mantenimento ma può rivendicare un importo tale da consentirle di godere dello stesso tenore di vita che aveva quando ancora era sposata.
Attenzione però: la Cassazione sottolinea che la scelta di rinunciare al lavoro per badare alla casa deve essere condivisa da entrambi i coniugi e non può essere invece il frutto di una decisione individuale, magari dettata da pigrizia.
Esempi di situazioni analoghe
Per comprendere meglio il concetto, vediamo alcuni esempi che mettono in luce il ruolo del lavoro casalingo e della crescita dei figli nella determinazione dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge.
Una donna si dedica interamente alla crescita dei figli e al lavoro casalingo, rinunciando a una carriera professionale. Durante il matrimonio, la coppia decide di investire risorse proprie della donna per ristrutturare e ampliare la casa familiare. In caso di separazione, la Corte potrebbe stabilire un assegno di mantenimento in favore della donna, considerando il suo apporto alla crescita dei figli e al patrimonio familiare.
Un uomo decide di dedicarsi a tempo pieno alla crescita dei figli e al lavoro casalingo, mentre la moglie lavora e sostiene economicamente la famiglia. Nel caso di separazione, la Corte potrebbe stabilire un assegno di mantenimento in favore dell’uomo, tenendo conto della situazione economica e lavorativa di entrambi i coniugi. In questo caso, si considerano diversi fattori, come l’età, lo stato di salute, la durata del matrimonio, la capacità di guadagno e le risorse economiche di ciascun coniuge, per stabilire un importo equo ed adeguato.
Chiarimenti sul mantenimento dell’ex moglie casalinga
È importante sottolineare che l’assegno di mantenimento non è un diritto automatico, ma viene stabilito sulla base delle circostanze e delle necessità di ciascun caso specifico. Per richiedere un assegno di mantenimento, il coniuge che ne fa richiesta deve dimostrare di non essere in grado di mantenersi autonomamente a seguito della separazione o del divorzio. Inoltre, la domanda di assegno di mantenimento deve essere presentata all’interno di un procedimento giudiziario, come la separazione o il divorzio stesso.
In alcuni casi, l’assegno di mantenimento può essere temporaneo, ad esempio se il coniuge beneficiario necessita di un periodo di transizione per trovare un’occupazione o completare la propria formazione professionale. In altri casi, invece, l’assegno può essere permanente, soprattutto se il coniuge beneficiario ha rinunciato alla propria carriera per dedicarsi alla famiglia e non è più in grado di raggiungere un’autonomia economica.
Infine, è importante ricordare che l’assegno di mantenimento può essere modificato o revocato qualora le circostanze dei coniugi cambino significativamente, come ad esempio in caso di miglioramento della situazione economica del coniuge beneficiario o di peggioramento di quella del coniuge obbligato al pagamento. In tal caso, sarà necessario rivolgersi nuovamente al tribunale per richiedere una revisione dell’importo dell’assegno di mantenimento.
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