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Mantenimento e contratto a tempo determinato: cosa prevede la legge?

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(@raffaella-mari)
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Figlio maggiorenne precario che lavora in un call center con contratti a tempo determinato rinnovati ad ogni scadenza: ha diritto al mantenimento?  

L’assegno di mantenimento in favore del figlio è dovuto finché questi non diventa economicamente autonomo. Il concerto di “autonomia” viene inteso dai giudici come il conseguimento di un reddito che, seppur non corrispondente alle aspirazioni del giovane, gli consente comunque di mantenersi da solo nonostante qualche normale sacrificio. È ciò che succede ad esempio quando il figlio va a vivere da solo, dimostrando così di potercela fare. O comunque quando il suo stipendio gli consentirebbe di farlo.

Di qui la domanda frequente: cosa prevede la legge sul mantenimento in presenza di un contratto a tempo determinato? Ipotizziamo il frequente caso di un giovane che, a trent’anni d’età, lavori in un call center con una serie di contratti a termine che vengono però puntualmente rinnovati. Sarebbe ciò sufficiente a escludere il diritto al mantenimento da parte del padre? Sul punto si è di recente espresso il tribunale di Cosenza [1] con una pronuncia che commenteremo qui di seguito.

In questo articolo, dunque, analizzeremo se un contratto di lavoro a tempo determinato incide sul diritto al mantenimento e quali sono i criteri che la legge e la giurisprudenza prendono in considerazione per valutare l’autosufficienza economica del figlio.

Il contratto a tempo determinato può influire sul diritto al mantenimento del figlio maggiorenne?

Sì, un contratto di lavoro a tempo determinato può influire sul diritto al mantenimento del figlio maggiorenne. Secondo la giurisprudenza, se il figlio maggiorenne lavora e guadagna un reddito, anche se tramite un contratto a tempo determinato, potrebbe essere considerato economicamente autosufficiente e non aver più diritto all’assegno di mantenimento.

Quali fattori vengono considerati per valutare l’autosufficienza economica del figlio?

La giurisprudenza valuta diversi fattori per stabilire se il figlio maggiorenne sia autosufficiente dal punto di vista economico, tra cui:

  • il tipo di impiego;
  • la stabilità dell’occupazione e quindi la reiterazione del contratto;
  • la remunerazione prevista;
  • le condizioni economiche della famiglia;
  • l’età del figlio.

Proprio con riferimento all’età, la Cassazione ha detto che, al di là delle ragioni addotte dal figlio circa il proprio stato di incapacità economica, dopo i 30 anni si perde sempre il diritto al mantenimento. È presumibile infatti ipotizzare che la condizione in cui si trova il giovane sia imputabile a un suo comportamento negligente e inerte.

Figlio che lavora in call center ha diritto al mantenimento?

Poniamo il caso di Tizio e Caia, una coppia separata con un figlio maggiorenne che lavora in un call center con un contratto a tempo determinato e guadagna circa 450 euro al mese. Il figlio vive con la madre e convive con la fidanzata. In questa situazione, i giudici hanno ritenuto che il figlio fosse economicamente autosufficiente e non avesse più diritto all’assegno di mantenimento da parte del padre, nonostante il contratto a tempo determinato.

Cosa deve fare il padre se il figlio è autonomo?

Al padre che non vuol più versare l’assegno al figlio divenuto ormai autonomo grazie a una serie di contratti a tempo determinato spetta presentare ricorso in tribunale per chiedere al giudice una modifica del precedente provvedimento in cui aveva fissato la misura del mantenimento. Senza tale pronuncia infatti il genitore non può autonomamente interrompere il versamento degli alimenti. 

Spetta al figlio, in quella sede, qualora intenda opporsi, denunciare il fatto che il reddito è insufficiente a sopravvivere e dimostrare che il suo stato di incapienza non è dovuto a inerzia. 

 
Pubblicato : 24 Aprile 2023 18:00