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Mantenimento all’ex coniuge: cosa c’è da sapere

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(@angelo-greco)
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Non tutti sanno che l’assegno di mantenimento dopo la separazione e il divorzio non è più automatico come un tempo ma soggetto a un approfondito esame, da parte del giudice, della situazione di squilibrio patrimoniale sussistente tra i coniugi.

Conoscere in anticipo come il giudice quantificherà l’assegno di mantenimento all’ex coniuge, nel giudizio di separazione o divorzio, può rivelarsi estremamente utile. Tale consapevolezza evita infatti di arroccarsi in atteggiamenti rigidi che, impedendo un accordo, porterebbero inesorabilmente a una causa, con conseguenti costi, sofferenze e rischi legali.

Nel seguente articolo riporteremo le principali regole sull’assegno di mantenimento che non tutti conoscono e che, anzi, potrebbero rompere alcuni luoghi comuni e false convinzioni. Lo faremo sulla scorta delle più recenti pronunce dei tribunali che, nell’attuare la profonda revisione dei criteri di liquidazione degli “alimenti” determinata dalla Cassazione tra il 2017 e il 2018 [1], hanno fornito importanti indicazioni in merito. Ma procediamo con ordine.

Differenza tra assegno di mantenimento e assegno di divorzio

L’assegno di mantenimento è l’importo che viene calcolato dal giudice all’esito della separazione. Il suo scopo è garantire all’ex coniuge lo stesso tenore di vita che aveva in costanza di matrimonio. Sicché, di solito, il giudice, dopo aver valutato se tra le parti sussiste una disparità economica, impone al soggetto più benestante di versare all’altro, mensilmente, un importo che possa riequilibrare la situazione. Lo fa tenendo comunque conto delle spese che questi sta già affrontando (ad esempio un mutuo, una cessione del quinto dello stipendio per un finanziamento in corso, ecc.) o che andrà ad affrontare (ad esempio un canone di affitto nell’ipotesi in cui la casa coniugale venga assegnata all’altro genitore).

Altri fattori possono influenzare l’ammontare del mantenimento come la giovane età e le potenzialità reddituali del beneficiario, la disponibilità da parte di questi della casa coniugale, la durata del matrimonio. Non vengono presi in considerazione eventuali aiuti economici provenienti dalle rispettive famiglie.

L’assegno di divorzio è invece quantificato all’esito del divorzio e va a sostituire l’assegno di mantenimento. Il suo scopo non è più quello di garantire all’ex lo stesso «tenore di vita» che aveva durante il matrimonio ma solo l’«autosufficienza economica» ossia la possibilità di mantenere un tenore di vita dignitoso rispetto all’ambiente culturale e sociale in cui è calato. Il che chiaramente fa sì che l’importo possa essere inferiore rispetto all’assegno di mantenimento.

Per comprendere la differenza si consideri un’insegnante che sposi un ricco imprenditore: se, con l’assegno di mantenimento, il primo dovrà versare alla seconda un importo proporzionato alla sua ricchezza proprio per garantirle il medesimo tenore di vita che la coppia aveva durante l’unione matrimoniale, con il divorzio potrebbe invece cessare qualsiasi obbligo alimentare. E ciò perché lo stipendio di una insegnante è già sufficiente per sostenersi da sola, senza bisogno dell’aiuto esterno.

L’importo dell’assegno divorzile tuttavia può essere superiore allorché risulti che il beneficiario ha perso, durante il matrimonio, concrete occasioni lavorative per prendersi cura della casa e della famiglia. In tali casi, infatti, se tale scelta è avvenuta con l’accordo dell’ex coniuge, il giudice garantirà a questi un ristoro economico che tenga conto della ricchezza nel frattempo accumulata dall’altra parte.

Leggi Nuova legge sul divorzio: cosa cambia.

Accordi stretti in sede di separazione: valore nel giudizio di divorzio

Eventuali accordi stretti tra le parti in sede di separazione non hanno valore in sede di divorzio. Tanto per fare un esempio, la moglie che accetta un importo a titolo di mantenimento o che vi rinuncia in cambio della donazione di una casa potrebbe ben avanzare ulteriori pretese in caso di divorzio. È sempre quindi conveniente, all’atto della separazione, stringere intese che abbiano valore temporaneo per poi regolare definitivamente i rapporti con il divorzio.

Lo stesso dicasi in merito all’eventuale decisione del giudice presa in sede di separazione che non è vincolante al divorzio (seppur potrebbe costituire un indice di riferimento per il successivo giudice).

Su questi punti si consiglia la lettura della sentenza del Tribunale di Messina n. 181/2023 riportata alla fine di questa pagina.

Coniuge disoccupato: non c’è sempre il mantenimento

Per l’attribuzione dell’assegno divorzile, non è sufficiente il fatto in sé che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure domestiche e dei figli ma occorre che quest’ultimo dimostri di avere rinunciato a realistiche occasioni professionali e reddituali, così da potere affermare che la sua attuale situazione economica sia imputabile alle scelte fatte durate il matrimonio, scelte che devono essere state condivise con l’altro coniuge.

Ecco perché anche chi è disoccupato potrebbe perdere il diritto all’assegno di divorzio. Anche su questo punto confronta la sentenza del Tribunale di Messina allegata a fine pagina.

Ex moglie giovane

Quando l’ex moglie è ancora in età lavorativa – con tale intendendosi fino a 40 anni – il giudice deve valutare la sua potenzialità reddituale ossia la capacità di poter lavorare. A tal fine, se si tratta di una persona che, per quanto disoccupata, è dotata di un titolo di studi il giudice potrebbe negare l’assegno divorzile in ragione proprio delle sue concrete possibilità di dedicarsi a un’attività lavorativa, indipendentemente dalle sue aspirazioni.

Allo stesso modo, il coniuge che già ha un contratto part-time ma che ritiene il reddito insufficiente a mantenersi, per ottenere l’assegno divorzile deve dimostrare di aver tentato inutilmente di ottenere dal datore di lavoro la trasformazione del contratto in full-time.

Difatti, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, stante la sua funzione, non richiesti due indefettibili presupposti:

  • non solo l’inadeguatezza del reddito dell’ex coniuge richiedente
  • ma anche l’impossibilità per questi di procurarseli per ragioni oggettive, cioè indipendenti da sue colpe (Trib. Parma, sent. 16.01.2023).

Come si stabilisce la ricchezza di un coniuge

Per stabilire l’ammontare del mantenimento o dell’assegno divorzile bisogna prima determinare i redditi di entrambi i coniugi. Non si prendono però solo in considerazione i dati numerici delle dichiarazioni dei redditi visto che potrebbero sussistere proventi occulti. Il trib. Messina (sent. n. 182/2023) ha detto che «Per l’accertamento delle disponibilità economiche delle parti, sovente non è possibile limitarsi alla considerazione del solo reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta, perché si deve tenere conto di tutti i diversi elementi di ordine economico suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti. Non occorre, in ogni caso, un accertamento dei redditi rispettivi nel loro esatto ammontare, attraverso l’acquisizione di dati numerici o rigorose analisi contabili e finanziarie, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle situazioni patrimoniali complessive di entrambi gli ex coniugi».

Non si tiene in considerazione l’eventuale aiuto economico che un coniuge riceva dai propri genitori, trattandosi di donazioni che non rientrano nei redditi e non sono neanche dovute ma sporadiche. Non hanno cioè alcun carattere di continuità.

 
Pubblicato : 17 Luglio 2023 11:15