Mancato pagamento dello stipendio: cosa fare?
Gli strumenti per recuperare i soldi della retribuzione non versata al dipendente. Come si possono evitare i tempi lunghi di una causa in tribunale.
Ogni lavoratore dipendente ha diritto alla retribuzione dal momento della sua assunzione. Di norma, la retribuzione viene corrisposta dopo che la prestazione è stata eseguita, anche per poter calcolare eventuali ore di straordinario, giorni di ferie fruiti, festività lavorate, ecc. Quando il datore, per qualsiasi ragione, ritarda o omette in tutto o in parte il pagamento della retribuzione, si crea un credito di lavoro a favore del dipendente. A quel punto, in caso di mancato pagamento dello stipendio, cosa fare?
Ci sono diverse opzioni, dalla conciliazione monocratica alla diffida fino ad arrivare all’azione giudiziaria in tribunale e alle dimissioni per giusta causa. In caso di insolvenza del datore, il lavoratore può ricorrere ad un apposito Fondo di garanzia istituito presso l’Inps. Vediamo come ci si può comportare quando non arriva o stipendio.
Mancato stipendio: quali strumenti per agire?
I crediti retributivi sono le somme a titolo di retribuzione che il dipendente ha maturato in anni o mesi di lavoro e che non vengono pagate dal datore. Per poter recuperare tali somme, come accennato, il lavoratore che non riceve tutto o una parte dello stipendio può:
- proporre un’azione giudiziaria, cioè rivolgersi ad un tribunale assistito da un avvocato;
- ricorrere alla conciliazione monocratica o alla diffida per crediti patrimoniali, scelte che di solito consentono di chiudere la controversia in tempi più brevi rispetto all’azione giudiziaria.
La conciliazione monocratica
La conciliazione monocratica consiste in un tentativo di accordo tra le parti (datore e lavoratore) in questo caso per tentare di recuperare le somme che non sono state pagate dal primo al secondo a titolo di retribuzione.
La domanda di conciliazione deve essere presentata all’Ispettorato territoriale del lavoro. Una volta che l’ente ha valutato la possibilità di avviare la procedura, le parti sono convocate nel più breve tempo possibile. Datore e dipendente possono comparire personalmente (con o senza assistenza sindacale o professionale) oppure rappresentate da persone munite di valida delega.
La procedura conciliativa può essere effettuata anche attraverso strumenti di comunicazione da remoto che consentano l’identificazione delle parti o dei soggetti delegati e l’acquisizione della volontà espressa.
In caso di accordo, il procedimento ispettivo si estingue mediante il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi riferiti alle somme concordate in relazione al periodo lavorativo riconosciuto dalle parti, nonché il pagamento del mancato o dei mancati stipendi. Il verbale viene dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata.
Nel caso in cui, invece, non ci fosse un accordo tra le parti:
- per colpa del lavoratore: non consegue necessariamente l’attivazione dell’accertamento ispettivo, soprattutto in assenza di elementi utili ad un possibile riscontro dei fatti denunciati;
- per colpa del datore di lavoro o di entrambe le parti, consegue sempre l’accertamento ispettivo.
L’accertamento ispettivo viene attivato, inoltre, in caso di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale.
La diffida per crediti patrimoniali
L’altra strada perseguibile in caso di mancato pagamento dello stipendio, per evitare l’azione giudiziaria, è quella della diffida per crediti patrimoniali. Quando vengono accertati crediti retributivi, infatti, gli ispettori del lavoro possono diffidare il datore a corrispondere tali somme direttamente al lavoratore.
A quel punto, l’imprenditore può promuovere, entro e non oltre 30 giorni dalla notifica dell’atto, un tentativo di conciliazione presso l’Itl, con le stesse modalità procedurali appena viste per la conciliazione monocratica. La diffida resta «congelata» fino alla conclusione del provvedimento.
In alternativa, e sempre entro 30 giorni, il datore di lavoro può promuovere ricorso al direttore dell’ufficio che ha adottato la diffida. Tale azione sospende l’esecutività della diffida ed è deciso nel termine di 60 giorni dalla presentazione.
In caso di accordo, il provvedimento di diffida perde efficacia. Se, invece, non c’è accordo oppure non viene nemmeno tentata la conciliazione o il ricorso è respinto, la diffida diventa immediatamente esecutiva. Significa che il lavoratore può agire mediante atto di precetto per soddisfare i crediti retributivi.
La diffida non può essere validata, per difetto del requisito della esigibilità del credito, in caso di:
- fallimento;
- presentazione di un accordo di ristrutturazione del debito nell’ambito di una procedura da sovraindebitamento;
- amministrazione giudiziaria a seguito di sequestro.
Se il lavoratore opta per l’azione giudiziaria ed il datore viene condannato al pagamento delle somme non versate al lavoratore, l‘imprenditore ci dovrà aggiungere gli interessi legali e la rivalutazione monetaria.
Mancato stipendio: il Fondo di garanzia
In questi ultimi caci citati, cioè quando il mancato pagamento dello stipendio nasce da una situazione di insolvenza dell’imprenditore che ha portato ad una procedura fallimentare, il credito retributivo comprensivo di Tfr può essere liquidato da un apposito Fondo di garanzia costituito presso l’Inps.
Oltre che nell’ipotesi di fallimento, la garanzia del Fondo opera nei seguenti casi:
- concordato preventivo;
- liquidazione coatta amministrativa;
- amministrazione straordinaria;
- procedura di liquidazione del patrimonio.
Quando non è possibile avviare una di queste procedure, il lavoratore deve preventivamente tentare l’esecuzione forzata, a meno che vengano superati i limiti dell’ordinaria diligenza o la mancanza o l’insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore siano state ritenute provate in relazione al caso concreto.
Se l’esecuzione forzata non si rivela efficace e non risultano circostanze che dimostrino l’esistenza di altri beni aggredibili con l’azione esecutiva, il lavoratore può ottenere le prestazioni del Fondo di garanzia. La domanda va presentata esclusivamente attraverso i seguenti canali:
- via web, ai servizi telematici dell’Inps a cui si accede mediante Spid (inps.it);
- attraverso i servizi telematici offerti dai patronati;
- tramite il numero verde del Contact center Inps 803 164, gratuito da telefono fisso, oppure 06 164 164 da cellulare, a pagamento in base alla tariffa di ogni utente.
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