Maltrattamenti dopo la separazione: qual è il reato?
Le vessazioni dopo la convivenza sono stalking, mentre dopo la separazione sono maltrattamenti.
Immaginiamo due coppie che decidano di separarsi: la prima è legalmente sposata, mentre la seconda è una coppia di fatto. Dopo la rottura, in entrambi i casi, l’uomo inizia a perseguitare la donna e a maltrattarla. Le azioni diventano così insistenti che la stessa decide di sporgere denuncia. Questo solleva una questione giuridica di non scarsa importanza: quale reato si configura in caso di maltrattamenti dopo la separazione?
Il dubbio si è posto in ragione del fatto che l’articolo 572 del Codice penale, nel disciplinare il reato di maltrattamenti, individua la vittima come una “persona di famiglia”. Ed allora ci si è chiesto se l’espressione “famiglia” debba essere intesa nell’accezione tradizionale, ossia fondata sul matrimonio, o in quella più ampia, comprensiva cioè anche delle unioni more uxorio.
Vessazioni dopo la separazione: è stalking o maltrattamenti?
Sino ad oggi, la Cassazione ha sempre equiparato le coppie legalmente sposate a quelle di fatto, poiché il concetto di “famiglia” tutelato dalla Costituzione, per quanto si riferisca formalmente alle prime, non può ridursi a un mero atto giuridico effettuato in Comune o in chiesa. Dunque, con o senza le nozze, la famiglia è sempre una, ha la stessa dignità e merita lo stesso trattamento giuridico.
Tuttavia, in questo caso la situazione cambia. Le norme penali, infatti, non possono essere oggetto di interpretazione analogica, in particolare quelle che comportano una sanzione più grave per il reo. E il reato di maltrattamenti in famiglia è punito più severamente rispetto allo stalking. Nello specifico:
- per i maltrattamenti in famiglia è prevista la reclusione da tre a sette anni;
- per lo stalking è prevista la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
Ebbene, con la sentenza n. 31178 del 30 luglio 2024 la Cassazione ha formulato il seguente principio:
- le vessazioni che avvengono dopo la convivenza sono considerate stalking;
- quelle dopo la separazione sono maltrattamenti in famiglia.
Qual è la definizione legale di “famiglia” per i reati di maltrattamenti?
La Suprema Corte distingue nettamente le conseguenze legali delle azioni vessatorie basandosi sullo status della relazione tra l’ex convivente e l’ex coniuge. Mentre le percosse e le vessazioni verso un’ex compagna sono classificate come stalking, simili comportamenti verso un’ex moglie sono considerati maltrattamenti in famiglia, un reato più grave.
Per le coppie sposate, anche dopo la separazione, sia essa legale o di fatto, il trattamento delle condotte vessatorie rimane classificato come maltrattamenti in famiglia. Questo perché il coniuge continua ad essere considerato “persona della famiglia” fino allo scioglimento ufficiale degli effetti civili del matrimonio, mantenendo gli obblighi di rispetto, assistenza morale e materiale.
La legge, come specificato nell’articolo 572 del Codice penale, interpreta il termine “famiglia” in senso stretto, riferendosi a una comunità definita da una relazione affettiva stabile e duratura, basata su legami di coniugio, parentela, o convivenza stabile, sebbene non necessariamente continua.
La sentenza ha rilevato che, nel caso di ex conviventi, le condotte moleste non configurano il reato di maltrattamenti in famiglia ma rientrano nel reato di atti persecutori (o stalking), come definito dall’articolo 612-bis, comma secondo, del Codice penale.
Conclusioni
In conclusione, la sentenza della Suprema Corte stabilisce un precedente importante nella comprensione e applicazione delle leggi relative ai reati di maltrattamenti e stalking.Tuttavia, la Cassazione ha fatto un passo indietro sottolineando la maggiore importanza del matrimonio rispetto alla convivenza. I giudici hanno chiaramente distinto le conseguenze legali basate sullo status della relazione tra le parti, enfatizzando la necessità di un’interpretazione rigorosa delle norme per proteggere i diritti delle vittime nel contesto più appropriato.
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