Madre mantiene da sola il figlio: ha diritto al risarcimento?
I diritti del genitore che si occupa del mantenimento della prole nel disinteresse dell’altro, sia nel caso di coniugi separati che in quello di coppie non sposate.
Maria, una madre single, dedica ogni giorno della sua vita alla cura del suo piccolo figlio, Marco. Da quando il padre di Marco l’ha lasciata, Maria si è trovata a dover affrontare da sola le sfide dell’educazione e del sostentamento del bambino. Questo comporta non solo un impegno economico non indifferente, che spesso la costringe a sacrifici personali per far sì che al bimbo non manchi nulla, ma anche un prezzo emotivo: infatti deve affrontare da sola tutte le preoccupazioni inevitabilmente legate alla crescita del figlio. Il suo impegno incessante solleva una questione legale di grande rilevanza: se una madre mantiene da sola il figlio, ha diritto al risarcimento? Questa domanda mette in luce le difficoltà e le ingiustizie che molte madri single affrontano quotidianamente, e apre la strada a un’analisi approfondita sui diritti delle madri nella società moderna e sulle possibili vie legali per ottenere il giusto sostegno.
Obbligo di mantenimento dei figli: in cosa consiste?
Gli obblighi dei genitori verso i propri figli includono il loro sostentamento, indipendentemente dal tipo di relazione esistente tra padre e madre. Questo dovere si applica in varie situazioni:
- sia per i figli nati all’interno di un matrimonio di una convivenza o di una relazione;
- sia in circostanze di separazione, divorzio, o fine della convivenza o della relazione.
Questo dovere di mantenimento ha fondamento nella Costituzione (art. 30) e nel codice civile. Secondo l’art. 315 bis, primo comma, cod. civ. i figli hanno diritto a:
- essere mantenuti;
- ricevere educazione;
- essere istruiti;
- essere assistiti moralmente.
Per quanto riguarda il mantenimento, è previsto che i genitori contribuiscano in base alle loro risorse economiche e alle capacità lavorative, sia professionali sia domestiche (art. 316 bis cod. civ.).
Inoltre, è importante sottolineare che nessuno dei genitori può sottrarsi a questo obbligo, anche in casi di perdita della potestà genitoriale, oggi definita responsabilità genitoriale.
In precedenza, esisteva una distinzione tra figli basata sul contesto della loro nascita:
- figli legittimi, ovvero quelli nati all’interno di un matrimonio;
- figli naturali, ovvero quelli nati al di fuori del matrimonio.
Tuttavia, questa distinzione è stata eliminata a seguito della riforma introdotta con la legge n. 219/2012. Dopo questa modifica legislativa, i figli nati sia all’interno che al di fuori del matrimonio sono stati posti sullo stesso piano, godendo degli stessi diritti.
Genitori separati: come funziona il mantenimento dei figli?
Il contributo al mantenimento dei figli, spesso indicato come assegno di mantenimento, è una somma predeterminata che i genitori sono tenuti a fornire per adempiere all’obbligo legale di sostentamento. Questo contributo può essere determinato in diverse circostanze:
- durante il processo di separazione (e divorzio) per i figli concepiti all’interno del matrimonio,
- nel contesto della definizione dei rapporti personali e patrimoniali relativi ai figli nati al di fuori del matrimonio.
Secondo la Corte di Cassazione (ordinanza n. 14830/2017), questo assegno viene disposto anche senza una richiesta esplicita da parte dei genitori, poiché il giudice può prendere di propria iniziativa misure a protezione degli interessi materiali e morali dei figli, inclusa l’assegnazione del contributo al mantenimento.
Le caratteristiche principali dell’assegno di mantenimento sono:
- inalienabilità, ovvero non è possibile rinunciare a questo assegno o cederlo ad altri;
- impignorabilità: i creditori non possono pignorare l’importo destinato al mantenimento;
- non compensabilità: ad esempio, se il genitore che paga l’assegno ha dei crediti nei confronti dell’altro genitore, non può rifiutare di pagare l’assegno sostenendo un diritto di compensazione;
- irripetibilità: ciò implica che quanto già pagato a titolo di mantenimento non può essere richiesto indietro.
Non contribuire al mantenimento dei figli è reato?
L’art. 570 cod. pen. stabilisce che chi abbandona la propria casa o adotta comportamenti contrari ai doveri familiari e elude gli obblighi di assistenza derivanti dalla responsabilità genitoriale, dalla tutela legale o dalla condizione di coniuge, è soggetto a pene che possono variare dalla reclusione fino a un anno fino a una multa tra 103 e 1032 euro.
Anche in assenza di separazione o divorzio, persiste l’obbligo di mantenimento dei figli da parte del genitore che ha lasciato la residenza familiare. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5237 /2020, ha chiarito che la mancata erogazione dei mezzi di sostentamento ai figli minori costituisce una violazione degli obblighi familiari anche in mancanza di un formale provvedimento di separazione giudiziale, poiché l’obbligo di supporto ai figli incombe sui genitori anche in caso di separazione di fatto.
Un genitore che non mantiene i propri figli minorenni può essere soggetto a procedimenti penali anche senza una denuncia esplicita da parte dell’altro genitore, in quanto si tratta di un reato perseguibile d’ufficio e quindi soggetto a indagini da parte della Procura della Repubblica, su segnalazione di enti come i servizi sociali oppure le forze dell’ordine, o anche di parenti o conoscenti.
Per configurare il reato di omesso mantenimento, basta la semplice negligenza nel rispettare l’obbligo. La condizione di incapacità del minore di provvedere autonomamente al proprio sostentamento è implicita nella sua minore età e non è rilevante il fatto che l’altro genitore possa provvedere alle necessità del minore.
La madre che mantiene da sola il figlio ha diritto a essere risarcita?
Se una madre mantiene da sola il figlio ha diritto al risarcimento. Con la sentenza n.1474/2024 la Corte di Cassazione ha stabilito che una madre che si occupa autonomamente del sostegno del figlio può legittimamente richiedere e ottenere un risarcimento per danni, anche nel caso in cui l’altro genitore, imputato per violazione degli obblighi di assistenza familiare, sia stato assolto per la tenuità del fatto commesso. Questo permette alla madre di agire come parte civile nel procedimento penale, chiedendo il risarcimento del danno subito.
Inoltre, è stato chiarito che, nonostante l’assegno di mantenimento per i figli minori sia destinato a loro, il creditore è il genitore con cui i minori vivono.
La Suprema Corte ha aggiunto che un genitore separato o divorziato a cui sia stato affidato un figlio minorenne ha il diritto, anche dopo che il figlio sia diventato maggiorenne ma continui a convivere con lui e non sia economicamente autosufficiente, di richiedere all’altro genitore il rimborso proporzionale delle spese sostenute per il mantenimento del figlio e il pagamento di un assegno periodico come contributo al suo sostentamento.
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