Lo scherzo telefonico a Meloni: tra sicurezza nazionale e interrogativi aperti
La telefonata di due comici russi pone l’attenzione sui sistemi di controllo delle chiamate in arrivo a Palazzo Chigi e sullo smistamento da parte della segreteria.
Nella giornata di ieri, una notizia ha scosso il panorama politico italiano, sollevando interrogativi circa la sicurezza delle comunicazioni di alto livello. Il 18 settembre scorso, il Primo Ministro Giorgia Meloni è stata oggetto di uno scherzo telefonico, il cui audio è stato diffuso solo recentemente. Gli autori del gesto, i comici russi Vladimir Kuznetsov e Aleksei Stolyarov, meglio conosciuti come Vovan e Lexus, hanno sorpreso la premier italiana, spacciandosi per rappresentanti della Commissione dell’Unione Africana (uno dei due sarebbe stato il Presidente).
Questo episodio solleva dubbi non solo sulla facilità con cui è stato possibile raggiungere telefonicamente il Primo Ministro, ma anche sulla preparazione e le procedure di sicurezza all’interno di Palazzo Chigi. Una domanda sorge spontanea: come è possibile che un personaggio del calibro del Primo Ministro possa essere contattato così facilmente, senza adeguate verifiche?
La telefonata, giunta presumibilmente dalla Russia ma apparentemente mascherata da una scheda telefonica africana, ha messo in luce le vulnerabilità nelle comunicazioni di figure istituzionali di primo piano. Ad assumersi la responsabilità dell’accaduto è stato l’ufficio diplomatico, diretto dall’ambasciatore Francesco Talò, come chiarito in una nota diffusa da Palazzo Chigi.
Un altro aspetto che desta preoccupazione riguarda il riconoscimento dell’accento del chiamante: l’inglese parlato dai comici aveva un chiaro timbro dell’Est Europa, piuttosto distante da quello africano. Questo particolare non è stato colto né dalla Meloni né dal suo staff, sollevando interrogativi sulla loro capacità di discernimento in situazioni di questo tipo.
Per quanto riguarda le conoscenze linguistiche, un’analisi dell’inglese parlato dalla Meloni è stata condotta da alcuni esperti nell’ambito dell’apprendimento della lingua inglese. Secondo la loro valutazione, benché il livello della Meloni non raggiunga l’eccellenza di un Mario Draghi, non emergono grosse lacune.
Sulla questione della diffusione di informazioni riservate, fortunatamente, non sembra che il Premier abbia rivelato alcun segreto di Stato. La Meloni non ha fatto altro che ribadire ciò che aveva già detto in pubblico: «C’è molta stanchezza da tutte le parti» sul conflitto in Ucraina e «si avvicina il momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita» anche perché la controffensiva di Kyiv «non sta andando come ci si aspettava».
Tuttavia, resta la questione aperta su come la sicurezza nelle comunicazioni possa essere rafforzata, soprattutto in un’era in cui l’attenzione è spesso focalizzata sulla sicurezza informatica, trascurando forse gli aspetti più tradizionali e altrettanto cruciali.
Il punto più dolente dello scherzo forse sta nel fatto che Palazzo Chigi abbia diffuso la notizia dello scherzo solo dopo che l’audio è stato divulgato: lo scherzo, come detto, risale al 18 settembre. Come mai questo ritardo? Forse nessuno si è accorto di essere caduto vittima di un inganno? O forse c’è stato il tentativo di occultare l’accaduto?
Questo incidente pone inoltre il dubbio se dietro tali scherzi ci possa essere una regia più organizzata e potenzialmente pericolosa per la sicurezza nazionale e internazionale. In conclusione, sebbene lo scherzo non abbia causato danni politici significativi, rimane un monito importante per la revisione e il rafforzamento delle procedure di sicurezza nella comunicazione delle alte cariche dello Stato.
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