Litigare in presenza dei figli: è maltrattamento in famiglia?
I diverbi tra coniugi che avvengono davanti ai bambini possono danneggiare la loro psiche e avere conseguenze penali.
In un contesto familiare, le dinamiche relazionali possono talvolta sfociare in conflitti verbali, un fenomeno non raro tra le coppie. Tuttavia, un aspetto spesso trascurato in questi frangenti è la presenza dei figli e l’impatto che tali dispute possono avere sulla loro psiche e sul loro sviluppo emotivo. Litigare in presenza dei figli è maltrattamento in famiglia? In un’epoca dove la consapevolezza dei diritti dei minori è in costante crescita, è fondamentale interrogarsi su come le azioni degli adulti, e in particolare i conflitti domestici, possano influire sul benessere e sui diritti dei bambini. Attraverso un’analisi giuridica dettagliata, cercheremo di comprendere se e in che misura le liti in presenza dei figli possano essere classificate come forme di maltrattamento, esaminando le possibili implicazioni legali e le protezioni offerte dal sistema giuridico a tutela dei più piccoli.
In cosa consiste il reato di maltrattamenti in famiglia?
L’art. 572 cod. pen. definisce il reato di maltrattamenti in famiglia come il fatto di chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte.
La Corte di Cassazione ha delineato in modo chiaro il reato di maltrattamenti in ambito familiare, focalizzandosi sul valore salvaguardato, ossia la protezione dell’unità familiare e la difesa del benessere fisico e mentale dei membri della famiglia. Essa sottolinea che questo reato include tutti gli individui all’interno del nucleo familiare che potrebbero subire danni alla loro salute mentale e fisica a causa di condotte aggressive sviluppatesi in tale ambiente.
Gli Ermellini hanno precisato che il reato di maltrattamenti non si limita solo a violenze fisiche, lesioni, insulti, minacce, privazioni e umiliazioni inflitte alla vittima, ma comprende anche azioni che denigrano e offendono la dignità della persona, causando sofferenze morali effettive.
Il reato può essere configurato anche attraverso azioni che, di per sé, non costituiscono un illecito. Infatti una discussione, di per sé, non è contraria alla legge; tuttavia la Cassazione ritiene che anche le liti ripetute possano, a determinate condizioni, integrare il reato di maltrattamenti.
La definizione estesa del reato è equilibrata da due criteri specifici:
- primo, le azioni oppressive devono essere state ripetute nel tempo, mostrando quindi una certa persistenza (anche se per un periodo breve);
- secondo, le azioni devono avere la capacità di danneggiare il valore legale protetto, ossia devono aver provocato un reale disagio fisico o mentale nella vittima
Litigare in presenza dei bambini è reato?
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18833/2018, ha stabilito che il reato di maltrattamenti può essere riconosciuto anche in situazioni dove le azioni oppressive non mirano direttamente a danneggiare i figli minori, ma li coinvolgono in modo indiretto, come testimoni involontari delle violente dispute e dei crudi conflitti tra i genitori all’interno dell’ambito domestico. In altre parole, i minori diventano vittime di ciò che viene definito “violenza assistita“.
Quando un minore è costretto, suo malgrado, a essere testimone di atti di violenza, sia fisica che psicologica, questo comportamento può indubbiamente ledere il bene protetto dalla legge (la famiglia), e può avere severe conseguenze negative sul suo sviluppo morale e sociale.
Inoltre, come rilevato dalla Cassazione, è un principio ormai stabilito nella psicologia che anche i bambini molto piccoli, inclusi i feti nel grembo materno, sono sensibili all’ambiente circostante e quindi capaci di percepire, comprendere e interiorizzare gli eventi violenti che si verificano, specialmente quelli che riguardano violenze subite dalla madre. Questi eventi possono lasciare cicatrici psicologiche indelebili e influenzare negativamente lo sviluppo della loro personalità.
Naturalmente, in tali circostanze, visto che il maltrattamento è basato su un legame solo indiretto tra l’azione dell’aggressore e la vittima, sarà necessaria una prova rigorosa che dimostri, attraverso un nesso di causa-effetto, che i minori, in qualità di spettatori passivi, hanno subito un danno psicofisico.
Litigare in presenza dei figli: cosa si rischia?
Abbiamo visto che litigare in presenza dei figli, a determinate condizioni, è maltrattamento in famiglia. Cosa rischiano i genitori che vengono riconosciuti colpevoli di detto reato?
L’art. 572 cod. pen. prevede, a tal proposito, la pena della reclusione da tre a sette anni. Se il fatto, come nel caso che ci interessa, è commesso in presenza o in danno di un minore, la pena è aumentata della metà.
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