L’Inps può ridurre la percentuale di invalidità definitiva?
È possibile che l’Inps revochi l’assegno mensile o la pensione a chi è stato dichiarato invalido in maniera permanente? Cos’è la domanda di aggravamento?
Gli invalidi civili possono ottenere diverse prestazioni economiche: le principali sono l’assegno mensile di assistenza, la pensione d’inabilità e l’indennità di accompagnamento. Ognuna di esse necessita del soddisfacimento di determinati requisiti, sia sanitari che reddituali. In tale contesto si pone il seguente quesito: l’Inps può ridurre la percentuale di invalidità definitiva?
Ogni grado di invalidità, infatti, può essere riconosciuto in maniera provvisoria oppure permanente, in ragione del tipo e della gravità della patologia. Ad esempio, una persona priva di un braccio avrà diritto a un’invalidità definitiva, attesa l’irreversibilità della sua condizione; al contrario, un soggetto affetto da un tumore operabile può sperare di guarire e, pertanto, avrà diritto a un’invalidità temporanea, soggetta cioè a revisione.
Tanto premesso, il quesito che ci poniamo con il seguente articolo può essere così riassunto: l’Inps può ridurre la percentuale di invalidità definitiva? Vediamo cosa prevede la legge.
Chi sono gli invalidi civili?
Per legge sono invalidi civili coloro che, avendo un’età compresa tra i 18 e i 67 anni, hanno subito una riduzione della capacità lavorativa.
In buona sostanza, l’invalidità civile è sinonimo di inabilità lavorativa, tant’è che il limite di 67 anni corrisponde con l’età pensionabile.
Invalidi civili parziali: a cosa hanno diritto?
Gli invalidi civili parziali (cioè, con percentuale di invalidità compresa tra il 34 e il 99%) hanno diritto a una serie di benefici e prestazioni, come ad esempio l’esenzione dal ticket sanitario, l’iscrizione nel collocamento mirato e diverse agevolazioni per l’acquisto di protesi e ausili.
Gli invalidi civili parziali con una percentuale non inferiore al 74% hanno diritto anche all’assegno mensile di assistenza, una prestazione economica riconosciuta a condizione che il soggetto richiedente abbia scarsi redditi propri.
Invalidi civili totali: a cosa hanno diritto?
Gli invalidi civili totali, cioè riconosciuti tali al 100%, hanno diritto, oltre che a tutti i benefici riconosciuti agli invalidi parziali, alla pensione d’inabilità.
L’importo è il medesimo dell’assegno mensile di assistenza (pari a 313,91 euro aggiornato al 2023) ma il requisito reddituale per potervi accedere è molto più elevato (reddito personale pari a 17.920 euro annui, anziché 5391,88 euro previsto per l’assegno, sempre aggiornato al 2023).
Inoltre, se l’invalido civile totale dimostra di non poter deambulare autonomamente o di non per compiere gli atti della vita quotidiana (vestirsi, mangiare, ecc.), può ottenere anche il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, prestazione economica mensile che prescinde dai limiti reddituali.
Invalidità civile: quando è definitiva?
L’invalidità civile è definitiva quando la commissione medica dell’Inps accerta una riduzione permanente della capacità lavorativa, cioè un’inabilità al lavoro non reversibile.
È il caso del soggetto che ha perso un arto (un braccio o una gamba) oppure un senso (l’udito, la vista, ecc.): in ipotesi del genere, la commissione medica non ritiene necessario fissare una visita di revisione per accertare la permanenza dell’invalidità, atteso il carattere irreversibile della patologia.
L’Inps può ridurre o revocare l’invalidità permanente?
L’Inps può ridurre o perfino revocare l’invalidità definitiva se, a seguito di visita straordinaria, ritiene che il grado di inabilità, da permanente che era, ha subito una riduzione, con conseguente parziale (o totale) riacquisizione della propria capacità lavorativa.
Come ricordato nel precedente paragrafo, quando la commissione medica dell’Inps riconosce una riduzione permanente della capacità lavorativa (parziale o totale che sia) stabilisce che l’invalidità non è più revisionabile, nel senso che il soggetto non deve sottoporsi nuovamente a visita per verificarne la permanenza.
Ciononostante, l’Inps può sempre convocare a visita straordinaria il soggetto ritenuto invalido permanente al fine di accertare il perdurare dell’inabilità lavorativa.
Ciò avviene in quanto l’originario accertamento della commissione medica potrebbe essere sconfessato da una guarigione all’epoca non prevedibile, favorita ad esempio da nuove cure all’epoca sconosciute.
Si pensi al soggetto che, pur privo di un arto, riesce ugualmente a essere efficiente sul lavoro grazie a una nuovissima e innovativa protesi altamente tecnologica, oppure all’uomo che, inizialmente riconosciuto come cieco, ha riacquistato la vista grazie a un trapianto prima inimmaginabile.
Insomma: l’Inps può sempre chiamare a visita straordinaria l’invalido non soggetto a revisione, con la possibilità di diminuire o revocare l’invalidità a seconda della riduzione della capacità lavorativa che verrà riscontrata.
Domanda di aggravamento: l’Inps può revocare o ridurre l’invalidità?
Un’altra circostanza che consente all’Inps di poter tornare sui propri passi e di ridurre la percentuale d’invalidità è quella rappresentata dalla domanda di aggravamento.
Ogni invalido può infatti chiedere all’Inps di aumentare il grado della propria inabilità, se ritiene che le sue condizioni di salute siano peggiorate. Si tratta appunto della cosiddetta domanda di aggravamento.
Si pensi all’invalido all’80% che chiede di essere riconosciuto invalido totale al fine di ottenere l’indennità di accompagnamento.
Orbene, in ipotesi del genere l’Inps potrebbe non solo negare l’aggravamento ma perfino ridurre la percentuale di invalidità inizialmente riconosciuta, anche se definitiva, per le stesse ragioni analizzate nel precedente paragrafo.
In sostanza, quindi, la domanda di aggravamento mette in discussione tutta l’invalidità, anche quella pregressa.
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