Limiti orario di lavoro e straordinario non pagato
È illegittimo il comportamento del datore di lavoro che fa lavorare il dipendente più dei limiti consentiti dalla legge anche se lo paga di più, così come è illegittimo se gli chiede straordinari nei limiti consentiti dal Ccnl ma non lo paga.
In caso di straordinario non pagato, il dipendente può agire contro il datore di lavoro chiedendo non solo le differenze retributive ma anche il risarcimento del danno per il riposo non goduto.
La legge fissa dei limiti all’orario di lavoro. Limiti che sono di 40 ore settimanali, estendibili a 48 se c’è espressa previsione del contratto collettivo, comprensivi degli straordinari. L’eccedenza rispetto alle 48 ore è illegittima.
Pertanto il datore di lavoro deve risarcire il dipendente che lavora senza riposi e per un orario giornaliero eccedente i limiti legali, anche nei casi in cui la prestazione avviene con il consenso del lavoratore e anche se tale attività è compensata con una maggiorazione retributiva.
In una recente sentenza il Tribunale di Milano [1] ricorda quali sono le regole relative all’orario di lavoro e ai riposi.
Durata massima orario di lavoro
La prima regola è quella secondo cui la durata massima dell’orario di lavoro non può essere modificata su accordo delle parti: un contratto di lavoro non potrebbe cioè contenere una disciplina più svantaggiosa per il dipendente rispetto a quella fissata dalla legge o dal contratto collettivo. Non conta quindi che il lavoratore abbia accettato condizioni per lui deteriori: l’eventuale firma su un contratto del genere non avrebbe alcun valore.
Ricordiamo che non si possono superare 40 ore di lavoro alla settimana che, per alcuni lavoratori, se previsto dal contratto collettivo, possono arrivare anche a 48 ore comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di 7 giorni.
Non si può rinunciare al riposo
La seconda regola è una conseguenza della prima: il diritto al riposo è “indisponibile”. Significa che non si può rinunciare al riposo, neanche in cambio di uno stipendio maggiore o di un “extra” in busta paga.
Secondo la Cassazione [2], la mancata fruizione del riposo giornaliero e settimanale, in assenza di accordi collettivi che consentano di derogare alle norme di legge o del contratto nazionale, costituisce una fonte di danno patrimoniale. Lo si desume dall’articolo 36 della Costituzione che tutela l’interesse del lavoratore leso dall’inadempimento del datore: una tutela che espone direttamente il datore stesso all’obbligo di risarcire il danno subito dal dipendente.
Questa tutela si applica anche ove sia stato pagato un compenso maggiorato per l’attività svolta in giorno festivo, e vale anche nei casi in cui la prestazione sia stata resa su richiesta del dipendente o con il suo consenso.
Il dipendente può agire in tribunale contro il datore di lavoro entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro per chiedere il risarcimento per via del lavoro extra effettuato, anche se è stato pagato appositamente per le ore eccedenti gli straordinari.
La durata massima dell’orario e il diritto al riposo sono diritti indisponibili del lavoratore, tutelati tanto dalla Costituzione quanto dalla Direttiva comunitaria 2003/88/CE, e come tali non possono essere oggetto di rinuncia.
La sentenza cerca di definire anche i criteri da applicare per quantificare il danno da «usura psicofisica» che subisce il dipendente cui viene negata la fruizione del riposo; tale danno, osserva il Tribunale, può essere quantificato in via equitativa, usando come parametro di riferimento la contrattazione collettiva applicabile al rapporto.
Cosa fare se il datore di lavoro non paga lo straordinario
Nel precedente paragrafo abbiamo analizzato il caso del dipendente che, seppur pagato dal datore di lavoro, abbia lavorato per orari superiori rispetto anche agli straordinari previsti dalla legge o dai Ccnl.
Diversa è l’ipotesi del dipendente che svolge straordinario ma che non viene neanche retribuito. In questo caso gli saranno dovute le differenze retributive secondo le indicazioni fornite nel contratto collettivo.
Anche in tale ipotesi spetta al dipendente agire in tribunale e può farlo entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
La prova dello straordinario
Sia che il dipendente voglia far accertare un orario di lavoro eccedente i limiti legali (quindi oltre gli straordinari legalmente previsti), sia che intenda agire per straordinari “legali” ma non pagati, su di lui grava l’onere della prova: deve cioè dimostrare in tribunale di aver svolto dette mansioni oltre l’orario standard.
Per fare questo potrà fornire prove testimoniali, documentazioni, scambi di messaggi o email con i superiori. Potrebbe anche effettuare registrazioni video o audio, benché acquisite negli stessi locali di lavoro, ove si dimostri l’esecuzione di prestazioni lavorative oltre i tempi consentiti dalla legge.
Come anticipato, se anche il datore di lavoro dovesse dimostrare di aver adeguatamente retribuito il dipendente per l’orario eccedente i limiti legali (48 ore), ciò non basterebbe per rendere “legittimo” il suo operato: come detto infatti il diritto al riposo non può essere compresso in alcun modo, neanche con una maggiorazione.
The post Limiti orario di lavoro e straordinario non pagato first appeared on La Legge per tutti.
-
Vaccino non obbligatorio senza consenso informato: c’è risarcimento?
2 giorni fa
-
Come fa il datore di lavoro a sapere il motivo della malattia?
4 giorni fa
-
Residenza persone fisiche: nuove regole
4 giorni fa
-
Quando è illegittimo il contratto a termine?
5 giorni fa
-
Proposta di acquisto casa legata alla concessione del mutuo
6 giorni fa