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Licenziamento per scarsa produttività

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(@angelo-greco)
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Licenziamento per scarso rendimento: cosa prevede la legge e quali sono le conseguenze per dipendenti e datori di lavoro.

Anche se tutti lo chiamano “licenziamento per scarsa produttività”, la giurisprudenza lo ha definito “licenziamento per scarso rendimento” ed è una forma di recesso dal rapporto di lavoro che può attuare l’azienda tutte le volte in cui un dipendente produce molto meno rispetto alla media dei colleghi dello stesso settore. 

È un tipo di licenziamento disciplinare (ossia “per giustificato motivo soggettivo”) perché si fonda su una responsabilità colpevole del dipendente. Pertanto il datore deve prima attivare il procedimento di contestazione disciplinare con l’invio di una raccomandata contenente l’invito all’interessato a presentare entro cinque giorni le proprie difese. All’esito di ciò, viene comunicata l’eventuale sanzione. 

Se però la causa dello scarso rendimento è una patologia fisica che non consente al lavoratore di svolgere le proprie mansioni, il datore, prima di procedere al licenziamento, deve verificare se in azienda vi è possibilità di reimpiegare il soggetto in altri settori compatibili con le sue capacità. Diversamente può procedere al licenziamento che, in questo caso, sarà “per giustificato motivo oggettivo”. La differenza rispetto all’ipotesi precedente è che non è prevista la possibilità di presentare difese ed è sempre necessario il preavviso. 

Come funziona il licenziamento per scarsa produttività?

A dire il vero, il licenziamento per scarsa produttività è una figura piuttosto recente. Per anni la giurisprudenza infatti si è sempre ancorata al concetto secondo cui la prestazione del lavoratore dipendente è una attività “di mezzi” e non “di risultato”: pertanto questi non è tenuto a fornire un rendimento, non essendo pagato “a cottimo” (ossia in base a quanto produce) ma per il tempo che dedica all’azienda. 

Peraltro il licenziamento per scarso rendimento è sempre stato difficile da dimostrare, non potendo il datore installare impianti di videosorveglianza per controllare il rendimento dei lavoratori.

Di rendete però la Cassazione si è aperta a questa figura di licenziamento, limitandola però solo ai casi più gravi e richiedendo comunque una previa lettera di contestazione al lavoratore per dargli la possibilità di ravvedersi.

Licenziamento per scarsa produttività: quando è giustificato?

Il licenziamento per scarsa produttività può essere considerato come una forma di inadempimento contrattuale da parte del lavoratore. Quando il datore di lavoro constata un notevole scostamento tra gli obiettivi prefissati e i risultati ottenuti, può decidere di licenziare il dipendente. Tuttavia, è importante sottolineare che per procedere a un licenziamento per giusta causa (senza preavviso) o per giustificato motivo soggettivo (con preavviso), il datore di lavoro deve dimostrare che la scarsa produttività è frutto di un’inosservanza colpevole e negligente degli obblighi contrattuali da parte del dipendente.

Poniamo il caso di Tizio, un impiegato presso una banca che, in un trimestre, riesce a visitare soltanto 16 clienti e filiali, contro i 120 dei colleghi. Inoltre, riesce ad acquisire un solo nuovo cliente, mentre gli altri impiegati ne acquisiscono molti di più. In questo caso, la banca potrebbe procedere al licenziamento di Tizio per giusta causa, a patto che sia in grado di dimostrare che la sua scarsa produttività sia dovuta a un comportamento negligente e colpevole.

La valutazione della gravità del comportamento e le conseguenze del licenziamento

Prima di procedere al licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro deve valutare attentamente la gravità del comportamento del dipendente. La Cassazione, in una sentenza del 6 aprile 2024 [1], ha stabilito che il licenziamento per giustificato motivo può essere convertito in recesso per giusta causa, a condizione che il datore di lavoro dimostri che la scarsa produttività sia dovuta a un’inosservanza colpevole e negligente degli obblighi contrattuali.

Per evitare che un licenziamento sia considerato illegittimo, è fondamentale che il datore di lavoro rispetti i diritti del lavoratore. Ad esempio, il dipendente non può essere posto nella condizione di dover dimostrare la propria innocenza, né può essere penalizzato a causa di carenze strutturali o mancanza di risorse a sua disposizione rispetto ai colleghi. Inoltre, è importante che il datore di lavoro offra al dipendente la possibilità di migliorare la propria produttività e di adottare eventuali misure correttive prima di procedere al licenziamento: il tutto, come anticipato sopra, procedendo a una diffida prima di avviare il procedimento disciplinare. 

Come affrontare un licenziamento per scarsa produttività: consigli e buone pratiche

Per i datori di lavoro, è importante seguire alcune buone pratiche nella gestione dei licenziamenti per scarsa produttività:

  • stabilire obiettivi chiari e realistici per i dipendenti, comunicandoli in modo trasparente e tempestivo;
  • monitorare costantemente i risultati ottenuti dai dipendenti e fornire feedback costruttivi per favorire il miglioramento delle prestazioni;
  • organizzare incontri periodici con i dipendenti per discutere delle loro performance e identificare eventuali aree di miglioramento;
  • valutare l’opportunità di offrire formazione o supporto aggiuntivo ai dipendenti che presentano difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Per i dipendenti che si trovano a fronteggiare un licenziamento per scarsa produttività, la contestazione deve essere inviata all’azienda entro 60 giorni dal ricevimento del licenziamento e, nei successivi 180, va depositato il ricorso in tribunale. Il tutto a pena di decadenza dalla possibilità di contestare il licenziamento. 


Cos’è il licenziamento per scarsa produttività?

Il licenziamento per scarsa produttività avviene quando un dipendente viene licenziato a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi di lavoro prefissati, a seguito di un comportamento negligente o colpevole nell’adempimento degli obblighi contrattuali.

Quali sono le condizioni per procedere al licenziamento per scarsa produttività?

Il datore di lavoro deve dimostrare che il dipendente non ha raggiunto gli obiettivi stabiliti a causa di un inadempimento degli obblighi contrattuali, colpevole e negligente, e che tale comportamento ha causato un pregiudizio significativo all’azienda.

Come si determina la scarsa produttività di un dipendente?

La scarsa produttività può essere determinata confrontando le prestazioni del dipendente con gli obiettivi prefissati e con le prestazioni medie dei colleghi nello stesso settore o reparto.

Quali tutele ha il dipendente in caso di licenziamento per scarsa produttività?

Il dipendente ha diritto a essere informato in modo chiaro e tempestivo degli obiettivi da raggiungere e delle sue prestazioni, a ricevere feedback costruttivi e a essere supportato nel caso di difficoltà. In caso di controversie, può rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto del lavoro o a un sindacato.

Il licenziamento per scarsa produttività è sempre legittimo?

No, il licenziamento può essere considerato illegittimo se non sussistono le condizioni previste dalla legge o se non sono state rispettate le procedure corrette.

Cosa può fare un dipendente se ritiene di essere stato licenziato ingiustamente per scarsa produttività?

Il dipendente può rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto del lavoro o a un sindacato per ricevere assistenza e consulenza, e contestare il licenziamento in sede legale, se necessario.

Cosa spetta al dipendente licenziamento per scarso rendimento?

A seguito del licenziamento, il dipendente ha comunque diritto al TFR e all’indennità di disoccupazione da parte dell’Inps.

Quali sono le possibili conseguenze per il datore di lavoro in caso di licenziamento illegittimo per scarsa produttività?

In caso di licenziamento illegittimo, il datore di lavoro potrebbe essere tenuto a reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro o a versare un risarcimento per i danni subiti.

 
Pubblicato : 8 Aprile 2023 15:15