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Licenziamento per matrimonio: è legale?

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(@mariano-acquaviva)
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Come funziona il recesso del datore di lavoro? È legittimo il licenziamento di un lavoratore solo perché ha deciso di sposarsi?

Datore e lavoratore sono legati da un contratto che impone a entrambi il rispetto di determinati obblighi, la violazione dei quali può avere importanti conseguenze sul rapporto giuridico. Nello specifico, gli inadempimenti più gravi possono giustificare il recesso della controparte, che assume la forma del licenziamento oppure delle dimissioni a seconda di chi ritiene di non essere più vincolato al contratto.

È in questo contesto che si pone il seguente quesito: il licenziamento per matrimonio è legale? La domanda è solo apparentemente banale. Per rispondere al quesito, occorre innanzitutto spiegare cosa prevede la legge in tema di licenziamento. Procediamo con ordine.

Cos’è il potere disciplinare del datore?

Il datore di lavoro è titolare di un potere disciplinare che gli consente di sanzionare il dipendente che è venuto meno ai propri doveri.

Le sanzioni disciplinari possono essere di vario tipo e, nei casi più gravi, possono comportare la cessazione del rapporto di lavoro. È in questa cornice che si inserisce il licenziamento.

Licenziamento: cos’è e come funziona?

Il licenziamento è una sanzione disciplinare estintiva (o non conservativa), in quanto il suo effetto è quello di porre fine al rapporto esistente tra datore e lavoratore.

Perché possa essere valido, il licenziamento deve essere legittimato dal ricorrere di una circostanza che giustifichi l’applicazione della massima sanzione disciplinare.

A tal riguardo si è soliti distinguere tre ipotesi di licenziamento:

  • per giustificato motivo soggettivo, allorquando l’inadempimento del dipendente è stato così grave da non legittimare una sanzione disciplinare minore, come ad esempio il rimprovero o l’ammonizione scritta. Il datore deve comunque rispettare il periodo di preavviso stabilito dalla contrattazione collettiva;
  • per giusta causa, che ricorre quando l’inadempimento del dipendente è assolutamente intollerabile, tanto da non legittimare nemmeno il periodo di preavviso. Si pensi al lavoratore che si rende responsabile di una molestia sessuale o di un furto in azienda;
  • per giustificato motivo oggettivo. Si tratta dell’unico caso di licenziamento non dovuto a motivi disciplinari bensì a ragioni aziendali e/o produttive. Si pensi alla necessità di tagliare il personale per via del calo del fatturato che non permetterebbe al datore di poter pagare gli stipendi in futuro.

In ogni caso, il licenziamento va intimato per iscritto. Un licenziamento orale è radicalmente nullo.

Licenziamento per matrimonio: cosa dice la legge?

Il licenziamento per matrimonio è nullo, se intimato a una lavoratrice.

Per la precisione, secondo il Codice delle pari opportunità [1], le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, che prevedono la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio, sono nulle e si hanno per non apposte.

Ugualmente nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio, cioè in ragione del fatto che la dipendente si sposi.

Per legge si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio a un anno dopo la celebrazione stessa sia stato disposto per causa di matrimonio.

In questi casi, spetta al datore dimostrare il contrario, e cioè che il licenziamento non è dipeso dalle nozze, bensì per:

  • colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
  • cessazione dell’attività aziendale cui essa è addetta;
  • ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.

Nello stesso periodo di tempo di cui sopra (dalla pubblicazione a un anno dopo il matrimonio), sono altresì nulle le dimissioni presentate dalla lavoratrice, salvo che siano dalla medesima confermate entro un mese alla Direzione provinciale del lavoro.

Tale disposizione è stata prevista per evitare che il datore, per aggirare il divieto di licenziamento, costringa la lavoratrice a dimettersi.

Con il provvedimento che dichiara la nullità del licenziamento per matrimonio, è disposta la corresponsione, a favore della lavoratrice allontanata dal lavoro, della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione in servizio.

Divieto licenziamento matrimonio: a chi si applica?

Come ricordato, il divieto di licenziamento per matrimonio si applica solo alle lavoratrici, non anche agli uomini.

Tanto è stato ribadito anche dalla Corte di Cassazione [2], secondo cui il divieto di licenziamento per matrimonio non trova la sua ragione nell’evento-nozze in sé per sé, quanto nella possibile maternità della donna, spesso utilizzata dai datori come pretesto per il recesso dal rapporto.

Tanto trova conferma nella normativa relativa al congedo di maternità che tutela la lavoratrice madre proprio in ragione della sua diversa vocazione e del diverso ruolo nell’ambito familiare, soprattutto nel primo anno di vita dei figli.

Pertanto, più che di divieto di licenziamento per matrimonio sarebbe più corretto parlare di divieto di licenziamento per maternità.

Infine, per espressa previsione di legge il divieto di cui stiamo parlando non si applica alle lavoratrici addette ai servizi familiari e domestici.

In pratica, dal divieto di licenziamento per matrimonio sono escluse le lavoratrici domestiche, non potendosi imporre la presenza di un’estranea nell’intimità familiare.

 
Pubblicato : 26 Novembre 2023 19:00