Licenziamento ingiusto: come tutelarsi
Il licenziamento deve essere impugnato entro 60 giorni e la causa avviata entro 180 giorni, a pena di decadenza.
Sei stato licenziato e non condividi le ragioni per le quali l’azienda ha deciso di porre fine al rapporto di lavoro, sei convinto che il tuo licenziamento sia ingiusto e ti chiedi come tutelarsi. Ad esempio, sei stato licenziato per motivi disciplinari in relazione a fatti che non ritieni siano così gravi da determinare un licenziamento, oppure per ragioni economiche in realtà inesistenti, o ancora per ritorsione del datore nei tuoi confronti. Forse non sai che, quando si vuole contestare un licenziamento, bisogna farlo entro termini ben precisi, decorsi inutilmente i quali non potrai più fare alcunché. Vediamo allora quali sono le modalità e le tempistiche per tutelarsi a fronte di un licenziamento ingiusto.
Il licenziamento: forma e motivi
Il licenziamento è quella comunicazione che l’azienda rivolge al dipendente per informarlo che ha deciso di cessare il rapporto di lavoro con lui in essere, con effetto immediato, oppure nel rispetto del periodo di preavviso.
Per espressa previsione di legge, il licenziamento può avvenire solo per giusta causa, oppure per giustificato motivo oggettivo o soggettivo.
Il licenziamento per giusta causa o disciplinare si verifica ogni qualvolta il lavoratore tiene un comportamento contrario ai propri doveri, di gravità tale da impedire la prosecuzione, anche solo temporanea, del rapporto di lavoro. Sempre di carattere disciplinare, ma volto a punire mancanze del lavoratore di minore gravità rispetto al licenziamento per giusta causa, è il licenziamento per giustificato motivo soggettivo: questo determina la risoluzione del rapporto di lavoro, anziché con effetti immediati, nel rispetto del periodo di preavviso. Il licenziamento disciplinare, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, deve sempre essere preceduto dall’apertura del procedimento disciplinare, con il quale l’azienda contesta al lavoratore i fatti che gli si addebitano come contrari ai propri doveri e gli assegna un termine entro il quale presentare le proprie giustificazioni.
Ha diversa natura, invece, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, intimato per ragioni di carattere economico e produttivo legate all’andamento aziendale e non ad un comportamento del lavoratore. In proposito si parla anche di licenziamento per motivi economici.
Per essere valido, il licenziamento deve sempre essere comunicato in forma scritta, con lettera raccomandata a.r. o consegnata a mani, e deve necessariamente indicare i motivi che lo giustificano. Il licenziamento verbale è infatti nullo e non produce effetti.
L’impugnazione del licenziamento: come e quando
Per contestare un licenziamento, qualsiasi ne sia la motivazione e la forma, è necessario impugnarlo.
Sul punto si distingue tra impugnazione stragiudiziale e impugnazione giudiziale, le quali per essere efficaci debbono seguire tempi e forme ben precise.
L’impugnazione stragiudiziale
Innanzitutto, la prima cosa che il lavoratore deve fare per contestare il licenziamento che ritiene ingiusto è impugnarlo formalmente, mediante lettera raccomandata a.r. o pec indirizzata all’azienda, con la quale ne rivendica l’illegittimità, mettendosi nel contempo a disposizione per riprendere l’attività lavorativa, per riprendere servizio (c.d. offerta formale della prestazione lavorativa).
L’impugnazione stragiudiziale deve essere effettuata entro 60 giorni dalla data del licenziamento, decorsi inutilmente i quali il lavoratore non potrà più fare nulla per contestare il recesso datoriale.
Per impugnare il licenziamento, il lavoratore può anche farsi assistere da un’Associazione sindacale di propria fiducia, oppure da un legale. L’importante è che l’impugnazione del licenziamento sia sottoscritta personalmente anche dal dipendente.
Il ricorso giudiziario
Se l’impugnazione stragiudiziale non ha portato alcun risultato, al lavoratore non resta che fare causa all’azienda mediante deposito di un ricorso dinanzi al Tribunale territorialmente competente, chiedendo al Giudice adeguata tutela, in base al tipo di legittimità da cui il licenziamento è affetto.
Sempre a pena di decadenza, il ricorso giudiziario deve essere depositato entro 180 giorni dalla data in cui è stata fatta l’impugnazione stragiudiziale e, in questo caso, è sempre necessaria l’assistenza di un avvocato.
L’istanza di conciliazione presso l’Ispettorato del Lavoro
In alternativa ricorso giudiziario, o come fase ulteriore che lo precede, e sempre entro il termine di 180 giorni dall’impugnazione stragiudiziale, può essere presentata istanza di conciliazione all’Ispettorato territoriale del lavoro (INL).
Con questa istanza il lavoratore, personalmente o con l’assistenza di un legale o di un Sindacato di fiducia, chiede all’Ispettorato della lavoro di costituire un’apposita commissione di conciliazione, composta da un rappresentante dei datori di lavoro, un rappresentante dei lavoratori e un presidente, con il compito di tentare la composizione della controversia insorta con l’azienda a causa del licenziamento che si ritiene illegittimo.
La presentazione dell’istanza di conciliazione all’INL sospende il decorso del termine di 180 giorni per il deposito del ricorso giudiziario, prorogando e la scadenza per ulteriori 60 giorni.
Questa istanza di conciliazione va trasmessa a mezzo pec (o consegnata a mani) all’INL e comunicata a mezzo PEC o raccomandata a.r. all’azienda, la quale avrà 20 giorni di tempo dal momento in cui riceve la comunicazione per presentare le proprie difese.
Se il tentativo di conciliazione avrà esito negativo, per mancata adesione datoriale o perché le parti non riescono a trovare un accordo, si potrà procedere con il ricorso giudiziario.
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