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Licenziamento e diritto alla reintegrazione

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(@valentina-azzini)
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Quando il licenziamento è discriminatorio, intimato intimato in violazione di norme inderogabili, o verbale è nullo e non produce effetti.

In alcuni casi espressamente previsti dalla legge, il licenziamento illegittimodiritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.  Questo perché l’illegittimità è considerata così grave, da rendere il licenziamento addirittura nullo e privo di effetti, come se non fosse mai stato intimato. Si tratta delle ipotesi in cui, ad esempio, il datore di lavoro ha scoperto che sei incinta e per questo ti ha licenziata, oppure ha deciso di lasciarti a casa perché non condivide le tue idee politiche o religiose, oppure perché sei una donna e vuole solo dipendenti di sesso maschile, oppure ti ha mandato via dall’azienda, senza consegnarti nessuna lettera scritta. Vediamo allora nel dettaglio quando il licenziamento è nullo e cosa devi fare per avere tutela.

Il licenziamento nullo

Il licenziamento deve essere intimato solo con le modalità e per le motivazioni previste dalla legge, diversamente esso è illegittimo.

In questo articolo valuteremo le più gravi cause di illegittimità del licenziamento, quelle in presenza delle quali esso è nullo e non produttivo di effetti.

È doveroso premettere, innanzitutto, che il licenziamento deve essere comunicato al lavoratore per iscritto, con lettera a mani spedita a mezzo raccomandata a.r.. questo poiché il licenziamento produce i propri effetti solo nel momento in cui viene a conoscenza del suo destinatario.

La comunicazione di licenziamento deve inoltre indicare precisamente i motivi che lo determinano, motivi che  – salvo casi eccezionali previsti dalla legge – debbono rientrare tra quelli tassativamente previsti dal Codice civile. Il datore di lavoro, infatti, non può licenziare i propri dipendenti se non in presenza di una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo o oggettivo.

Per giusta causa deve intendersi la presenza di un fatto da commesso dal dipendente, contrario ai propri doveri e di gravità tale da rendere impossibile la prosecuzione anche solo temporanea del rapporto di lavoro. Si tratta pertanto di un licenziamento disciplinare con effetti immediati e deve perciò necessariamente essere preceduto dall’avvio di un procedimento disciplinare da parte dell’azienda nei confronti del dipendente.

Per certi aspetti simile al licenziamento per giusta causa è il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, che viene intimato al lavoratore quando ha commesso violazioni ai propri doveri sì gravi da determinare la sua espulsione dall’azienda, ma nel rispetto del periodo di preavviso. Anche il licenziamento per giustificato motivo soggettivo deve rappresentare l’atto conclusivo del procedimento disciplinare avviato nei confronti del lavoratore.

Diverso invece, è il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il quale viene intimato esclusivamente in presenza di ragioni di carattere economico e produttive legate all’andamento aziendale.

Ciò premesso, se l’azienda non rispetta, nel momento in cui licenzia un dipendente, il requisito di forma e le motivazioni previste dalla legge, il licenziamento è illegittimo.

In questo articolo ci limiteremo ad esaminare i più gravi vizi da cui può essere affetto il licenziamento, quelli talmente gravi da renderlo addirittura nullo e, in quanto tale, in produttivo di effetti, come se non fosse mai stato intimato al lavoratore.

Il licenziamento nullo, trova una tutela particolare nel nostro ordinamento, accordata al lavoratore che ne sia vittima sempre, a prescindere dal numero di dipendenti impiegati in azienda.

Ecco di seguito le ipotesi di nullità del licenziamento tassativamente previste dalla legge.

Il licenziamento discriminatorio

Si parla di licenziamento discriminatorio quando il lavoratore viene escluso dall’azienda in ragione delle proprie idee politiche, dell’orientamento sessuale, della razza, del sesso, o comunque di particolari caratteristiche o condizioni personali che lo differenziano dagli altri colleghi.

In particolare si ha discriminazione quando una persona viene, senza motivo, trattata in modo diverso rispetto agli altri o esclusa.

Il licenziamento ritorsivo

Si considera ritorsivo, invece, il licenziamento intimato dal datore per vendicarsi con il dipendente rispetto a qualcosa che quest’ultimo ha fatto o detto. In altre parole, il licenziamento è ritorsivo quando si configura come un’ingiusta reazione a un comportamento legittimo del dipendente.

La violazione di norme imperative

Altre ipotesi di licenziamento nullo è quella che si verifica quando il recesso datoriale avviene in violazione di norme inderogabili di legge, ossia di quelle disposizioni che non possono essere oggetto di diverso accordo tra azienda e lavoratore.

Si pensi, ad esempio, alla norma del Codice civile che prescrive, in caso di cessione di ramo d’azienda, che i dipendenti in forza presso l’azienda cedente debbano (salvo tassative eccezioni) continuare il proprio rapporto di lavoro in favore della cessionaria e alle medesime condizioni. Se tali dipendenti venissero licenziati dall’azienda cedente e riassunti dalla cessionaria con un inquadramento o una retribuzione inferiore, quel licenziamento sarebbe stato assunto in violazione di una norma imperativa di legge, un tentativo di aggirarla.

La legge equipara alla violazione di norme imperative anche quelle ipotesi in cui il licenziamento viene intimato “in tutti gli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge“. Si pensi, ad esempio, al licenziamento della lavoratrice madre, ossia della lavoratrice che si trovi in stato di gravidanza o sia madre di un figlio di età inferiore ad un anno. In questi casi, le norme a tutela della maternità e della paternità prevedono espressamente che il licenziamento intimato entro questo periodo di tempo sia vietato e dunque nullo.

Il licenziamento verbale

Come detto, il licenziamento deve obbligatoriamente rivestire la forma scritta. Di conseguenza il licenziamento intimato esclusivamente in forma orale (c.d. licenziamento verbale) è da considerarsi inefficace e improduttivo di effetti.

La tutela

In presenza di un licenziamento viziato da nullità la legge prevede una tutela particolarmente forte, che viene accordata indipendentemente dal numero di dipendenti occupati in azienda e indipendentemente dalla anzianità di servizio del lavoratore.

La nullità rappresenta Infatti il vizio più grave da cui può essere affetto il licenziamento.

Il licenziamento nullo è dunque improduttivo di effetti, come se non fosse mai stato intimato al lavoratore, il quale avrà di conseguenza diritto ad essere reintegrato in azienda, nel medesimo posto precedentemente occupato e al pagamento da parte del datore di lavoro delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione. Oltre al pagamento delle retribuzioni maturate, il datore di lavoro sarà altresì tenuto al versamento dei contributi previdenziali maturati dal dipendente, sempre dal giorno del licenziamento fino a quello della reintegrazione.

In alternativa alla reintegrazione, il dipendente potrà altrimenti optare per il pagamento da parte dell’azienda di un’indennità sostitutiva di importo pari a 15 mensilità della retribuzione utile al calcolo del TFR.

La retribuzione utile al calcolo del TFR si calcola sommando alla retribuzione base indicata nell’ultima busta paga, il rateo delle mensilità supplementari.

 
Pubblicato : 25 Agosto 2023 14:15