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Licenziamento disciplinare: senza contestazione il procedimento è valido?

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(@valentina-azzini)
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Licenziamento per giusta causa: se manca la contestazione di addebito hai diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro 

Sei stato licenziato per giusta causa ma non hai mai ricevuto una contestazione disciplinare. In altre parole, ti è stata direttamente consegnata la lettera di licenziamento e non sai nemmeno il motivo per cui l’azienda ha deciso di farti fuori. Forse non sai che il licenziamento per giusta causa, in quanto licenziamento disciplinare, può essere intimato solo previo esperimento del procedimento disciplinare, attraverso il quale vieni messo a conoscenza del comportamento da te tenuto, considerato dal datore disciplinarmente rilevante, e nel contempo vieni messo nelle condizioni di difenderti, con invito a presentare le tue giustificazioni entro ben preciso periodo di tempo. In tema di licenziamento disciplinare, senza contestazione il procedimento è inesistente e puoi chiedere tutela. Vediamo come.

La giusta causa di licenziamento

Il licenziamento per giusta causa è quel recesso che viene intimato quando il lavoratore commette una violazione delle norme disciplinari o contrattualcollettive talmente grave da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro.

Il licenziamento per giusta causa viene dunque intimato con effetto immediato in quanto il comportamento contrario ai propri doveri tenuto dal dipendente e tale da ledere in modo io che pagabile il rapporto di fiducia che lega all’azienda.

Sono rilevanti ai fini del licenziamento per giusta causa i comportamenti tenuti dal dipendente nello svolgimento del proprio lavoro: ad esempio un dipendente che venga sorpreso a rubare in azienda, oppure che abbia un atteggiamento di grave insubordinazione nei confronti dei propri superiori.
I comportamenti tenuti, invece, al di fuori del contesto lavorativo non si considerano disciplinarmente rilevanti, salvo siano idonei a ledere l’immagine aziendale, o comunque a recare un danno all’azienda e pertanto a rompere il rapporto fiduciario con il dipendente. Ad esempio, si pensi al lavoratore che pubblichi sui social frasi diffamanti nei confronti del proprio datore di lavoro, oppure che durante la malattia venga sorpreso a compiere attività incompatibili con il suo dichiarato stato di salute.

Il procedimento disciplinare

Il licenziamento per giusta causa si configura dunque come un licenziamento disciplinare, che, per essere legittimo, deve essere intimato a seguito di una ben precisa procedura detta procedimento disciplinare.

Le norme sul procedimento disciplinare sono contenute nell’art. 7 della L. 300/1970 ( c.d. Statuto dei lavoratori) e nel CCNL di categoria applicato al rapporto.

In particolare, il procedimento disciplinare prende avvio con la contestazione disciplinare (o contestazione di addebito), una comunicazione contenente l’esatta indicazione dei fatti addebitati al lavoratore e delle norme di legge, di regolamento, o di CCNL che si ritengono violate. Contestazione di addebito deve essere portato a conoscenza del dipendente mediante consegna a money a mezzo raccomandata a.r.

La contestazione, inoltre, deve essere tempestiva e specifica, al precipuo scopo di far conoscere al lavoratore le ragioni che hanno determinato l’avvio del procedimento disciplinare nei suoi confronti, il comportamento da lui tenuto che si ritiene disciplinarmente rilevante e le disposizioni conseguentemente violate, cosicché egli sia pienamente in condizione di difendersi e sapere che cosa gli viene esattamente addebitato.

La contestazione disciplinare deve infine contenere l’indicazione di un termine, non inferiore a cinque giorni, o al diverso periodo di tempo previsto dalla contrattazione collettiva, entro il quale il lavoratore potrà presentare le proprie giustificazioni (c.d. termine a difesa).

Rassegnate le giustificazioni, il datore di lavoro entro il termine previsto dal CCNL applicato al rapporto dovrà comunicare al lavoratore la sanzione disciplinare o archiviare il procedimento.

La sanzione disciplinare irrogata dovrà essere proporzionata alla gravità del fatto commesso e ricompresa tra le sanzioni specificamente tipizzate dal legislatore e  dalla contrattazione collettiva.

Mancata contestazione e conseguenze

In ogni caso, ma soprattutto qualora venga comminata la massima sanzione del licenziamento per giusta causa in assenza di rispetto delle norme procedurali, il lavoratore potrà impugnare la sanzione stessa e ottenere tutela.

Con specifico riferimento al licenziamento per giusta causa, la Corte di cassazione ha più volte affermato che il vizio di procedura consistente nella totale mancanza di contestazione disciplinare comporta l’inesistenza dell’intero procedimento e il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro.

La mancanza di contestazione, infatti, non solo e non tanto impedirebbe al lavoratore di potersi difendere e di sapere le ragioni per le quali viene licenziato, ma soprattutto sarebbe espressione del fatto per cui il datore avrebbe ritenuto disciplinarmente non rilevanti i fatti posti alla base del licenziamento.

In altre parole, se manca la contestazione, significa che i comportamenti posti alla base del licenziamento non sono considerati disciplinarmente rilevanti, seppure materialmente accaduti.

Mancando dunque la contestazione disciplinare, dovendosi di conseguenza considerare insussistente il fatto materiale contestato e, addirittura, inesistente l’intero procedimento disciplinare, il lavoratore che impugna il licenziamento per giusta causa intimato avrà diritto, ai sensi dell’art.3, comma 2, D.lgs. 23/2915 ( Jobs Act), alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione (dedotto tutto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative o quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ); in ogni caso l’indennità risarcitoria non può essere superiore a 12 mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR. Infine il lavoratore ha diritto al versamento dei contributi previdenziali maturati dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione. In alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro, il dipendente può optare per il pagamento, in aggiunta alle retribuzioni e ai contributi nel frattempo maturati, di 15 mensilità della retribuzione utile al calcolo del TFR, dovendosi intendere per tale retribuzione base risultante da busta paga, maggiorata dei ratei delle mensilità supplementari.

 
Pubblicato : 3 Dicembre 2023 14:30