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Licenziamento collettivo illegittimo: quali tutele?

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(@carlos-arija-garcia)
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A che cosa hanno diritto i lavoratori in caso di provvedimento espulsivo in una grande azienda. La differenza per chi è stato assunto prima o dopo il Jobs Act.

Capita ogni tanto, purtroppo, che qualche grande azienda decida di «fare pulizia» nel proprio organico lasciando a casa un numero più o meno elevato di dipendenti. Le ragioni sono sempre le stesse: la crisi del settore, motivi legati all’andamento in generale dell’economia, ecc. Non tutti i provvedimenti di questo tipo, però, sono giustificati o vengono eseguiti in maniera corretta. Quindi, in caso di licenziamento collettivo illegittimo, quali tutele sono previste per i dipendenti?

Occorre premettere due cose importanti, prima di entrare nel merito della questione. La prima, che quando si parla di grandi aziende ci si riferisce a quelle che occupano più di 15 dipendenti. La seconda, che c’è un distinguo da fare tra le tutele riservate a chi è stato assunto prima e dopo il 7 marzo 2015, cioè prima e dopo l’entrata in vigore del Jobs Act. Vediamo, in ogni caso, cosa possono fare i lavoratori in caso di licenziamento collettivo illecito.

Licenziamento collettivo di assunti fino al 6 marzo 2015

Queste sono le tutele previste per i lavoratori assunti prima del Jobs Act e coinvolti in un licenziamento collettivo illecito per uno dei motivi elencati di seguito.

Se il licenziamento non viene comunicato in forma scritta, si ha diritto a:

  • la reintegrazione del lavoratore più un’indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto;
  • in alternativa, su richiesta del lavoratore (da avanzare entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore), un’indennità sostitutiva della reintegrazione.

Resta ferma la corresponsione dell’indennità risarcitoria.

Se il licenziamento avviene con inosservanza delle procedure di comunicazione preventiva dell’intenzione di ridurre il personale, di consultazione sindacale o di comunicazione dell’elenco dei lavoratori licenziati, si ha diritto a:

  • la risoluzione del rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento;
  • in più, un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore.

Se il licenziamento avviene per violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare stabiliti nell’accordo sindacale o, in mancanza di accordo, di quelli previsti dalla legge, si ha diritto a:

  • la reintegrazione nel posto di lavoro più un’indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità non può essere superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto;
  • in alternativa, su richiesta del lavoratore (da avanzare entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore), un’indennità sostitutiva della reintegrazione pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto e non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro.

Resta ferma la corresponsione dell’indennità risarcitoria.

Licenziamento collettivo di assunti dal 7 marzo 2015

Queste, invece, le tutele previste per i lavoratori assunti dopo il Jobs Act, cioè dal 7 marzo 2015 in poi, e coinvolti in un licenziamento collettivo illecito per uno dei motivi elencati di seguito.

Se il licenziamento non viene comunicato in forma scritta, si ha diritto a:

  • reintegrazione (o, a scelta del lavoratore, indennità sostitutiva pari a 15 mensilità);
  • risarcimento del danno: indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. Il risarcimento non può comunque essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr;
  • versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Se il licenziamento avviene con inosservanza delle procedure o per violazione dei criteri di scelta, si ha diritto a:

  • la risoluzione del rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento;
  • in più, un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale, determinata dal giudice, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a 36 mensilità.

Per i lavoratori nuovi assunti cui si applica la disciplina delle tutele crescenti, è possibile ricorrere all’offerta di conciliazione con le stesse modalità previste in caso di licenziamento effettuato da aziende piccole. L’unica differenza consiste nell’importo dell’indennità da corrispondere, che per le aziende grandi è pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a tre e non superiore a 27 mensilità.

 
Pubblicato : 9 Agosto 2023 06:00