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Lavoratore rifiuta la modifica del contratto: ha diritto alla Naspi?

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(@angelo-greco)
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Se il dipendente non accetta la trasformazione del rapporto di lavoro da part time a full time o da tempo determinato a indeterminato ha due possibilità per ottenere l’assegno di disoccupazione.

Il lavoro dipendente subordinato può essere classificato in quattro principali categorie: full time, part time, a tempo indeterminato e a termine. Supponiamo che un datore di lavoro voglia trasformare il tipo di contratto di un dipendente, ad esempio passando da un rapporto full time a part time o da un contratto a tempo determinato a uno a tempo indeterminato. Potrebbe farlo senza il consenso dell’interessato? E, in tal caso, se il lavoratore rifiuta la modifica del contratto ha diritto alla Naspi, ossia l’assegno di disoccupazione? La legge e la giurisprudenza offrono le seguenti risposte.

La modifica del contratto di lavoro può essere legittima solo laddove giustificata da valide ed oggettive esigenze produttive e organizzative. Il datore, per quanto non è tenuto, in prima battuta, a motivare la modifica contrattuale, deve essere pronto a dimostrare che la stessa poggia su circostanze effettive e verificabili e non magari su intenti discriminatori o ritorsivi.

Semmai infatti il dipendente dovesse rifiutare la trasformazione del contratto e il datore, proprio perciò, dovesse licenziarlo, detto licenziamento sarebbe nullo e comporterebbe la reintegra sul posto di lavoro, con l’obbligo del risarcimento del danno pari alle mensilità perse. Il lavoratore che rinunci alla reintegra potrà comunque ottenere l’assegno di disoccupazione.

In caso invece di dimissioni volontarie, il dipendente che assuma tale iniziativa, in quanto non disponibile alle nuove condizioni, perde l’assegno di disoccupazione. Difatti, la Naspi spetta solo quando la risoluzione del rapporto di lavoro dipende da un motivo non ricollegabile alla volontà del lavoratore.

Il dipendente che voglia ottenere la disoccupazione perché non accetta la modifica del contratto di lavoro ha quindi due alternative:

  • rifiutare la trasformazione del contratto e lasciare che sia il datore a licenziarlo per insubordinazione (difatti, come chiarito più volte dall’Inps stesso, la Naspi spetta anche in caso di licenziamento per giusta causa, determinato cioè da una grave condotta del lavoratore);
  • oppure dimostrare che la modifica del contratto si basa su intenti discriminatori o di vendetta, rassegnando così le dimissioni per giusta causa. Solo queste ultime infatti, in quanto non imputabili a una scelta libera del lavoratore, consentono di ricevere la Naspi dall’Inps.

Di certo, sarebbe molto difficile dimostrare l’intento ritorsivo o discriminatorio quando la proposta di modifica del contratto è migliorativa e non peggiorativa (ossia da part time a full time o da contratto a termine in uno a tempo indeterminato).

 
Pubblicato : 18 Luglio 2024 09:45