La zoofilia è reato?
Cosa rischia chi compie atti sessuali su un animale? Quando scatta il reato di maltrattamento? In quali casi è possibile ferire o uccidere un animale?
Secondo l’ordinamento giuridico italiano, gli animali sono beni mobili, come tali acquistabili e vendibili come un oggetto qualsiasi. Ciononostante, la crescente sensibilità mostrata verso tutti gli animali, soprattutto quelli domestici, ha indotto il legislatore a prevedere una serie di norme a tutela della loro integrità e dignità. È in questo contesto che si pone la seguente domanda: la zoofilia è reato?
Sin da subito va detto che, sullo specifico quesito, la legge non prevede una norma ad hoc, cioè un precetto pensato appositamente per questa condotta. La giurisprudenza, tuttavia, non ha alcun dubbio sul punto. Analizziamo meglio la questione.
Cos’è la zoofilia?
La zoofilia (o zooerastia) è l’attrazione sessuale verso gli animali.
Detto in altri termini, la zoofilia è una perversione dell’istinto sessuale che porta ad avere rapporti con gli animali.
La zoofilia costituisce reato?
Secondo la giurisprudenza [1], lo sfruttamento sessuale di animali costituisce il reato di maltrattamenti, punito dall’articolo 544-ter del codice penale con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5mila a 30mila euro.
Il compimento di atti sessuali su animali, infatti, è equiparabile a una sevizia fatta per crudeltà o senza necessità, condannabile quindi a titolo di maltrattamenti.
Se, poi, dal compimento dell’atto deriva perfino la morte dell’animale, la pena è aumentata della metà rispetto a quella prevista per i soli maltrattamenti.
Secondo i giudici, quindi, non ci sono dubbi circa il fatto che gli atti di zoofilia debbano essere puniti a titolo di maltrattamenti, trattandosi di comportamento insopportabile imposto all’animale, idoneo a integrare il reato di cui stiamo parlando.
Maltrattamento di animali: quando scatta il reato?
Secondo il codice penale, chiunque provoca una lesione a un animale oppure lo sottopone a sevizie, a comportamenti, a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche, è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro
La norma tutela ogni tipo di animale: non deve quindi necessariamente trattarsi di un animale d’affezione o domestico.
È quindi reato anche se le lesioni sono inferte a un animale selvatico, come ad esempio a una volpe, a un cervo o a un cinghiale.
Requisito essenziale affinché possa integrarsi il reato in questione è quella di aver agito consapevolmente (cioè, con dolo) per crudeltà o, comunque, senza necessità.
Ovviamente, anche l’uccisione di animali costituisce reato. Anche in questa ipotesi occorre che il fatto sia stato commesso volontariamente e senza giustificato motivo (in questo senso l’articolo 544-bis del codice penale).
Quando è legale ferire o uccidere un animale?
Esistono casi eccezionali in cui è possibile ferire o perfino uccidere un animale. La legge, infatti, subordina i reati di maltrattamenti e di uccisione all’assenza di cause giustificative.
Innanzitutto, è legale provocare una lesione quando ricorrono motivi sanitari, cioè quando occorre intervenire per curare l’animale.
Ad esempio, si può amputare una zampa se serve a salvare la vita dell’animale, purché il trattamento avvenga mediante regolare intervento praticato da un veterinario.
Non è nemmeno reato applicare l’eutanasia a un animale, se la morte è provocata per evitare sofferenze a un animale anziano oppure malato.
Secondo la legge [2], è possibile praticare la caudotomia (taglio della coda) entro la prima settimana di vita a determinate razze canine, purché gli animali siano destinati alla caccia (Bracco, Cocker Spaniel, Spinone, Griffone, ecc.).
Lo scopo dell’intervento è quello di impedire che il cane, durante l’attività venatoria, possa soffrire per le ferite alla coda.
Infine, non è reato uccidere o ferire un animale per salvare sé stesso o altri dalla sua aggressione: si pensi al padre che, pur di strappare il proprio figlioletto dalle fauci di un cane di grossa taglia, si veda costretto a ucciderlo.
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