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La Tari secondo la normativa vigente

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(@antonio-pagano)
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Tutto ciò che c’è da sapere sulla Tari, la tassa comunale sui rifiuti

La tassa sui rifiuti (acronimo TARI) è il tributo destinato a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi.

La TARI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge di stabilità per il 2014 [1] quale tributo facente parte, insieme all’imposta municipale propria (IMU) e al tributo per i servizi indivisibili (TASI), dell’imposta unica comunale (IUC).

Dal 2014, pertanto, la TARI ha sostituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2).

La legge di bilancio per il 2020 [2] ha successivamente abolito, a decorrere dall’anno 2020, la IUC e – tra i tributi che la costituivano – la TASI. Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la IUC, vale a dire l’IMU e la TARI.

Il presupposto della TARI

Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani [3].

Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni evidenziato come ciò che rileva ai fini del sorgere dell’obbligo tributario è la potenzialità del locale o dell’area a produrre rifiuti, precisando che la semplice mancata utilizzazione, di fatto, dei locali o delle aree, che dipenda da una decisione soggettiva dell’occupante, non è sufficiente per escludere la debenza della TARI. Occorre, invece, a tal fine, che il contribuente provi l’inidoneità del locale o dell’area a produrre i rifiuti in ragione delle sue oggettive condizioni d’inutilizzabilità.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in particolare, la presenza alternativa dell’arredo o di una sola utenza di rete è sufficiente a far sorgere il presupposto impositivo sulla base di una presunzione semplice − valida quindi fino a prova contraria a carico del contribuente − di utilizzazione dell’immobile e di conseguente attitudine alla produzione di rifiuti.

Conseguentemente, ai fini dell’esclusione dal tributo, si ritiene necessaria la contemporanea assenza sia dell’arredo sia di tutte le utenze.

Sono altresì assoggettate alla TARI anche le pertinenze dei locali adibiti a civile abitazione, le quali sono ricomprese nella nozione di utenza domestica rilevante ai fini dell’applicazione della TARI.

La corretta modalità di tassazione delle pertinenze dei locali adibiti a civile abitazione consiste, quindi, nel sommare la relativa superficie a quella dell’alloggio, in modo tale che essa confluisca nel calcolo della quota fissa della tariffa dovuta per ciascuna utenza domestica.

Alla quota fissa così calcolata deve essere poi aggiunta la quota variabile che è, invece, costituita da un valore assoluto, rapportato al numero degli occupanti ma non ai metri quadrati dell’utenza.

Sono, invece, escluse dal presupposto impositivo della TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del codice civile che non siano detenute o possedute in via esclusiva [4].

I soggetti passivi della TARI

La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga il locale o l’area e, quindi, dal soggetto utilizzatore dell’immobile [5].

In caso di detenzione breve dell’immobile, di durata non superiore a sei mesi, invece, la tassa non è dovuta dall’utilizzatore ma resta esclusivamente in capo al possessore (proprietario o titolare di usufrutto, uso, abitazione o superficie).

In caso di pluralità di utilizzatori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.

La tariffe

Le tariffe della TARI sono determinate con deliberazione del Consiglio comunale sulla base dei costi individuati e classificati nel piano finanziario, che viene predisposto dal gestore del servizio e approvato dallo stesso Consiglio comunale, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi medesimi.

Le tariffe sono riferite all’anno solare e distinte per utenze domestiche e utenze non domestiche e, in entrambi i casi, si compongono di una quota fissa e di una quota variabile.

Per le utenze domestiche, la quota fissa deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio, sommata a quella delle relative pertinenze, per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell’utenza stessa, mentre la quota variabile è costituita da un valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli occupanti che non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa [6].

Per le utenze non domestiche, invece, sia la quota fissa sia la quota variabile devono essere moltiplicate per la superficie assoggettabile a tariffa. Ai fini della determinazione di tale superficie non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente [7].

Riduzioni ed esenzioni

La legge prevede delle riduzioni obbligatorie, che sono:

riduzioni della quota variabile proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati agli urbani che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, disciplinate dal comune con proprio regolamento [8];

riduzione per mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti/effettuazione del servizio in grave violazione della disciplina di riferimento/interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente: la TARI è dovuta nella misura massima del 20% [9];

riduzione per le zone in cui non è effettuata la raccolta: la TARI è dovuta nella misura massima del 40%, secondo quanto stabilito dal comune che può anche graduare la tariffa in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita [10].

Il comune ha, inoltre, facoltà di introdurre con proprio regolamento:

esenzioni e riduzioni in favore delle specifiche fattispecie individuate dalla legge, che, in quanto connesse a una minore attitudine a produrre rifiuti danno luogo ad un minor gettito da inserire tra i costi del piano finanziario; tali fattispecie sono:

– abitazioni con unico occupante;

– abitazioni e locali per uso stagionale;

– abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero;

– fabbricati rurali ad uso abitativo;

– attività di prevenzione nella produzione di rifiuti (in particolare: utenze domestiche che abbiano avviato il compostaggio domestico), commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di rifiuti non prodotti [11];

esenzioni e riduzioni in favore delle ulteriori fattispecie ritenute dall’ente locale meritevoli di tutela, a prescindere da una minore produttività di rifiuti delle utenze; in tali ipotesi, il comune deve finanziare la misura facendo ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del comune e diverse, quindi, dai proventi del tributo [12].

Scadenze di versamento

Le scadenze di pagamento della TARI sono determinate dal comune prevedendo di norma almeno due rate a scadenza semestrale. In ogni caso, almeno una rata deve essere fissata in data successiva al 30 novembre di ciascun anno, ed eventualmente anche nell’anno successivo, in modo che il saldo sia determinato sulla base delle delibere tariffarie pubblicate alla data del 28 ottobre [13].

Un caso pratico

Che succede se concedo in comodato gratuito un immobile ad un mio congiunto e costui trasferisce lì la propria residenza?

La normativa vigente – come abbiamo visto in precedenza – statuisce che la TARI sia dovuta da chiunque possegga o detenga il locale o l’area; il tributo, pertanto, è dovuto dal soggetto utilizzatore dell’immobile.

Ciò che rileva ai fini della legge non è tanto il titolo in base al quale l’immobile si detiene o possegga (proprietà, piuttosto che locazione o semplice comodato), ma il fatto che il soggetto, da solo o unitamente al proprio nucleo famigliare, lo utilizzi.

È altrettanto chiaro che l’Ente impositore deve venire a conoscenza del presupposto impositivo della Tari: nel caso in esame non sarà tanto l’accordo verbale o la scrittura privata di comodato a determinare l’insorgenza del tributo (che resta conoscibile solo tra le parti stipulanti), quanto semmai la decisione di variazione di residenza da parte dell’utilizzatore, la quale – comunicata al Comune di nuova residenza – ne determinerà contestualmente l’insorgenza dell’obbligo contributivo.

 
Pubblicato : 14 Agosto 2023 12:30