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La quietanza nell’atto notarile prova il pagamento?

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(@paolo-remer)
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Qual è l’efficacia probatoria della dichiarazione resa davanti al notaio e riportata nel rogito di compravendita immobiliare; quando e come si può contestare.

Hai venduto un immobile di tua proprietà e, quando sei andato dal notaio per fare il rogito di compravendita, hai acconsentito all’inserimento della consueta formula secondo cui il pagamento del saldo del prezzo complessivo «è avvenuto contestualmente alla firma del presente atto». In realtà non era vero: una parte della cifra pattuita non ti era stata data in quell’occasione, e neanche prima o dopo. Perciò l’acquirente ti doveva e ti deve ancora dei soldi. Invece lui ora sostiene non avere alcun debito verso di te, e, per dimostrarti che “la carta canta”, sbandiera l’atto del notaio contenente quella quietanza che, a suo dire, è «liberatoria».

Chi di voi due ha ragione? Per stabilirlo bisogna vedere se la quietanza contenuta in un atto notarile prova il pagamento, in modo che debba essere considerato avvenuto così come riportato nel documento redatto dal notaio – che, non dimentichiamolo, è un pubblico ufficiale – oppure no.

Quietanza di pagamento: cos’è e a cosa serve

La quietanza è l’atto con cui il creditore dichiara al suo debitore che il pagamento concordato è avvenuto: nel caso della compravendita immobiliare, il venditore rilascia questa quietanza all’acquirente per attestare che il prezzo pattuito gli è stato versato per l’intero importo stabilito nel contratto.

In questo senso la quietanza si definisce “liberatoria”, perché il debitore ha saldato l’importo dovuto e dunque la sua obbligazione verso il creditore è stata adempiuta.

Quietanza di pagamento: come si rilascia

L’art. 1199 del Codice civile stabilisce che il debitore ha sempre il diritto di ottenere la quietanza dal creditore che riceve il pagamento; perciò può addirittura rifiutarsi di pagare se il creditore non è disposto a rilasciargli quietanza.

La quietanza richiede la forma scritta. Nelle compravendite immobiliari – che vanno fatte, a pena di nullità, per atto pubblico o con scrittura privata autenticata – è di regola il notaio che provvede ad accertare l’identità delle parti contraenti e ad attestare che la dichiarazione di quietanza è stata resa in sua presenza dal creditore, ossia dal venditore dell’immobile, che ha diritto al pagamento del prezzo pattuito e riportato nell’atto.

Quietanza di pagamento: il ruolo del notaio

Il notaio, però, non deve accertare che quanto dichiarato dalle parti davanti a lui sia effettivamente vero. E questo vale non solo con riferimento alla quietanza di pagamento, ma anche relativamente a tutti gli altri elementi dichiarativi contenuti nel rogito (ad esempio, la dichiarazione del venditore sulla regolarità urbanistica dell’immobile o quella dell’acquirente sulla volontà di godere dei benefici fiscali sulla prima casa).

Il notaio, in qualità di pubblico ufficiale, si limita ad attestare e registrare – con valore fidefacente, cioè di piena prova – ciò che le parti gli hanno dichiarato nel momento in cui si sono presentate per stipulare l’atto, e non deve compiere indagini ulteriori: perciò egli non è tenuto a verificare se i pagamenti dichiarati ci siano veramente stati oppure no, e dunque se il debito che l’acquirente dell’immobile aveva assunto nei confronti del venditore sia stato effettivamente estinto, così come riportato nella quietanza inserita nel rogito di compravendita. Gli basta riportare nell’atto ciò che le parti gli hanno dichiarato in quella circostanza, e dunque menzionare nel rogito la dichiarazione liberatoria rilasciata dal venditore all’acquirente sull’avvenuto pagamento del prezzo.

Si può contestare la quietanza inserita nell’atto notarile?

La giurisprudenza applicando alla lettera il chiaro disposto dell’art. 2700 del Codice civile, riconosce che l’efficacia probatoria della quietanza contenuta nel rogito è limitata ai fatti avvenuti davanti al notaio (ad esempio, la presentazione delle parti nel suo studio quel giorno e a quell’ora) o compiuti dal notaio stesso (come la stesura del rogito e la sua sottoscrizione)  ed alle dichiarazioni che egli ha ricevuto e riportato nell’atto, in qualità di pubblico ufficiale: tra queste dichiarazioni c’è anche la quietanza di pagamento.

Questa impostazione restringe molto la possibilità di contestare la quietanza: infatti essa documenta l’avvenuto pagamento, o, per meglio dire, la confessione del creditore (nel nostro caso, il venditore dell’immobile) di aver ricevuto dall’acquirente, al momento della firma del rogito definitivo di compravendita, il pagamento dell’intero prezzo pattuito.

Una recente ordinanza della Cassazione [1] ha sottolineato che la quietanza di pagamento contenuta in un atto notarile non può essere smentita dalla prova testimoniale volta ad addurre fatti contrari; si può, invece, opporre la simulazione, cioè una volontà delle parti diversa da ciò che hanno dichiarato ufficialmente, ma in questo caso la dimostrazione deve essere fornita producendo la controdichiarazione scritta.

Quando la quietanza di pagamento può essere smentita

Nel processo civile, ha valore di confessione ogni fatto sfavorevole alla parte che lo attesta: e dichiarare di essere stato interamente saldato è ovviamente negativo per il creditore, poiché implica che il debitore si è ormai liberato dalla propria obbligazione che aveva assunto per contratto verso di lui.

Perciò la dichiarazione di avvenuto pagamento contenuta nell’atto di quietanza, avendo questa natura confessoria, è revocabile soltanto nei particolarissimi casi previsti dall’art. 2732 del Codice civile, che sono esclusivamente quelli di:

  • errore di fatto (ad esempio: credevo che la cifra pagata fosse di 100mila euro invece il versamento mediante bonifico che mi è stato fatto era soltanto di 10mila, mancava uno zero);
  • violenza, che può essere fisica o anche soltanto morale (quando la controparte mi ha costretto con minacce, ricatti o altre pressioni a rilasciargli la quietanza liberatoria).

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Pubblicato : 14 Novembre 2022 15:00