La proposta di un fondo di previdenza complementare pubblico
Il presidente dell’Inps ha annunciato la proposta di aprire un fondo di previdenza complementare pubblico aperto a tutti, a prescindere dal lavoro.
Se del doman non v’è certezza, della pensione forse è meglio non parlarne, specialmente per tutte le «nuove generazioni» o, in ogni caso, quelle che non sono prossime all’età pensionistica. Sono sempre più le persone che, preso atto dell’incertezza futura, decidono di destinare parte dei propri risparmi a fondi di previdenza complementare. L’ultima proposta annunciata dal presidente dell’Inps è quella di un fondo di previdenza complementare pubblico, aperto all’adesione volontaria di tutti i lavoratori, gestito dal punto di vista amministrativo dall’Inps e da quello finanziario da Cdp, per allargare l’integrazione previdenziale a tutti quei soggetti oggi lontani dalla possibilità di aderirvi, giovani e donne. Un fondo a capitalizzazione da valorizzare con investimenti non solo in Bot ma anche in fondi infrastrutturali a sostegno della transizione ecologica e la sostenibilità e che ‘dialogando’ con la previdenza obbligatoria possa prevedere la possibilità di un pensionamento anticipato travasando i contributi da una gestione all’altra a costo zero per lo Stato. Non solo. Il fondo potrebbe essere svincolato dal rapporto lavoro: potrebbe cioè essere considerato un vero e proprio ‘salvadanaio’ nel quale eventuali terzi, genitori o nonni, potrebbero rimpinguare la contribuzione di giovani ancora lontani da un lavoro o comunque da un lavoro stabile. È questa l’ipotesi di lavoro presentata oggi dal presidente Inps, Pasquale Tridico nel corso della sua audizione alle commissioni Sanità e Lavoro del Senato.
«Questa è una proposta che abbiamo studiato negli anni e che, considerata la nostra infrastruttura, l’Inps potrebbe sicuramente gestire. Non dal punto di vista finanziario per il quale potrebbe intervenire la Cdp che potrebbe garantire un rendimento finanziario e orientare gli investimenti non solo con la sottoscrizione di buoni del Tesoro ma anche sostenendo progetti sulla transizione ecologica e la sostenibilità per recuperare quel rendimento» dice ancora Tridico. Tra i vantaggi ulteriori di un fondo complementare pubblico, inoltre, soprattutto quello di poter rendere flessibile il pensionamento: «il fondo potrebbe anche comunicare con l’Ago, il fondo obbligatorio, per consentire quella flessibilità che oggi manca nel nostro sistema tant’è che ogni anno il legislatore si esercita ad introdurre quote di anticipazione. Il fondo potrebbe intervenire nel caso in cui al lavoratore manchino anni di contributi alla pensione», dice.
Un esempio per tutti: «se ci sono contribuzioni che corrispondono a 5 anni accumulate in maniera facoltativa da un lavoratore gravoso nella previdenza complementare integrativa, questi 5 anni potrebbero essere riversati nella sua contribuzione obbligatoria anticipandone la data di pensionamento. Non solo. Per l’Inps si potrebbe prevedere anche di svincolare il fondo di previdenza complementare pubblico dal rapporto di lavoro».
«Il fondo cioè potrebbe essere considerato un vero e proprio salvadanaio che terzi, genitori o nonni, potrebbero riempire per conto del lavoratore che non abbia ancora un lavoro o un lavoro stabile con una conseguente posizione contributiva molto scarsa», spiega ancora Tridico.
L’idea, dunque , «è di esplorare la possibilità che anche l’Inps possa raccogliere fondi di previdenza complementare in aggiunta a quella privata oltre il limite del 33% fissato oggi dalle norme», spiega. Il panorama attuale su questo fronte infatti, non è confortante: «la previdenza complementare interessa solo il 22% dei lavoratori, prevalentemente di ceto medio-alto, residenti al centro nord e maschi», dice sottolineando come «l’obiettivo con cui negli anni ’90 nacque la previdenza complementare era giusto» ma complici anche i salari «stagnanti degli ultimi 30 anni» lo strumento è stato utilizzato non dalla classe media-bassa «ma da chi detiene salari medio-alti che così hanno aumentato ,legittimamente, il proprio rateo pensionistico». Il fondo pubblico, dunque, «potrebbe moltiplicare per 4 5 volte quel 22% di lavoratori che ad oggi aderiscono alla previdenza complementare».
I fondi privati inoltre raccolgono circa 275 mld di previdenza complementare con due aspetti negativi, annota ancora Tridico: «oltre il 70% delle risorse sono prevalentemente investite all’estero con uno scarso ritorno di capitalizzazione all’interno del Paese il cui rendimento non supera quello de Tfr; e i costi di gestione amministrativa sono molto importanti tanto che un rendimento al lordo anche del 3% al netto si riducono all1%», spiega ancora. Un fondo di previdenza complementare pubblico, invece, «da agevolare fiscalmente», potrebbe perciò arrivare là dove la previdenza integrativa privata, che resterebbe comunque in campo, non arriva, «allargando la platea, sempre con adesioni facoltative, anche ai soggetti più deboli sul mercato del lavoro, giovani e donne».
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