Qual è la differenza tra pensione e assegno mensile d’invalidità? I trattamenti erogati in ragione della disabilità vanno dichiarati?

La legge offre assistenza a quanti si trovano in gravi difficoltà a causa delle proprie condizioni di salute. Ad esempio, è noto che la legge 104 garantisce una serie di agevolazioni non solo ai portatori di handicap ma anche ai familiari, giungendo perfino a riconoscere un congedo straordinario biennale retribuito per l’assistenza al disabile.

È altrettanto risaputo che la legge preveda anche un sostegno di tipo economico, sotto forma di indennità di accompagnamento per i soggetti non in grado di deambulare autonomamente o di svolgere da soli gli atti della vita quotidiana, ovvero di invalidità per coloro che hanno una ridotta capacità lavorativa.

È in questo contesto che si inserisce la tematica che andremo ad affrontare: la pensione di invalidità fa reddito? In altre parole, ciò che si percepisce a causa della propria patologia va dichiarato al fisco? Vediamo cosa dice la legge.

Cos’è la pensione d’invalidità?

La pensione d’invalidità civile è un sussidio che la legge attribuisce alle persone tra i 18 e i 67 anni che sono riconosciute invalide al 100% e che si trovano in stato di bisogno economico.

Per la precisione, sono presupposti della pensione d’invalidità:

• il riconoscimento di un’inabilità lavorativa totale (100%) e permanente (invalidi totali);
• un reddito personale massimo non superiore a 920 euro (limite previsto per l’anno 2023).

L’importo riconosciuto a titolo di pensione d’invalidità è pari a 313,91 euro ed è corrisposto per 13 mensilità.

È possibile beneficiare di un aumento fino a 386,27 euro mensili se non si superano i limiti reddituali di 9.102,34 euro per il beneficiario non coniugato e di 15.644,85 euro per quello coniugato (cumulati con il coniuge) [1].

Al compimento dell’età anagrafica per il diritto all’assegno sociale (pari a 67 anni), la pensione di inabilità si trasforma in assegno sociale sostitutivo.

Cos’è l’assegno mensile di invalidità?

I soggetti di età compresa tra i 18 e i 67 anni riconosciuti invalidi con una percentuale dal 74 al 99% hanno invece diritto a un assegno mensile (sempre dell’importo pari a 313,91 euro), purché il proprio reddito personale non sia superiore a 5.391,88 euro (per l’anno 2023).

Anche l’assegno mensile di invalidità è corrisposto per 13 mensilità. Raggiunti i 67 anni, cioè l’età pensionabile, l’assegno mensile di assistenza si trasforma in assegno sociale sostitutivo.

Chi riconosce l’invalidità?

È la commissione medica dell’Inps a riconoscere il grado di invalidità a seguito di accertamento a cui deve sottoporsi la persona che ne fa richiesta.

Se il verbale della visita ha esito negativo, può essere proposta impugnazione davanti al tribunale territorialmente competente affinché, previa nomina di un Consulente tecnico d’ufficio, sia riconosciuto il grado d’invalidità necessario per ottenere la pensione o l’assegno mensile.

Per ulteriori approfondimenti su questo specifico tema, si legga l’articolo dal titolo Invalidità negata dall’Inps: come fare ricorso?

Chi è invalido può lavorare?

All’invalido, anche se totale, non è preclusa l’attività lavorativa. A tal proposito, si legga l’articolo Invalidità al 100%: è possibile lavorare?

La pensione d’invalidità civile fa reddito?

La pensione d’invalidità non fa reddito: ciò significa che non deve essere inserita all’interno della dichiarazione dei redditi.

La pensione d’invalidità non va nemmeno dichiarata ai fini Isee: sono infatti esclusi dal calcolo i trattamenti erogati dalla pubblica amministrazione in ragione di una condizione di disabilità.

L’invalidità si calcola ai fini del reddito di cittadinanza?

Regole particolari sono invece previste per il reddito di cittadinanza: la pensione di invalidità civile è infatti ricompresa all’interno del reddito familiare di cui la legge tiene conto per il calcolo del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza [2].