La distanza tra i due genitori impedisce l’affido condiviso?
Quali regole si applicano nell’affidamento dei figli quando i coniugi separati risiedono a notevole distanza l’uno dall’altro.
Due amici, Luigi e Mario, si scambiano esperienze sulla loro recente separazione. Entrambi sono genitori e si trovano ad affrontare la sfida dell’affido dei figli. Mentre uno vive a pochi isolati di distanza dall’ex coniuge, l’altro si è trasferito in una città differente per motivi di lavoro. Questa differenza di circostanze solleva una questione fondamentale: la distanza tra i due genitori impedisce l’affido condiviso? Questa domanda, che emerge spontanea dalle loro conversazioni, rappresenta uno degli interrogativi più delicati e complessi nel contesto del diritto di famiglia. Questo articolo esplora le sfaccettature legali di una questione che tocca la vita di molti genitori e bambini in situazioni simili.
Cos’è l’affido condiviso?
La normativa sull’affido condiviso, introdotta con la legge n. 54 /2006 seguendo esempi simili in Europa, si basa sul concetto di bigenitorialità. Ciò significa che, in caso di separazione personale dei coniugi che sono genitori, non si procede automaticamente all’affidamento esclusivo dei figli a uno dei due. In situazioni di disaccordo, le responsabilità vengono divise in maniera specifica tra i genitori, determinando altresì i tempi di soggiorno dei figli con ciascuno di essi. Questo si differenzia dal precedente modello di affido congiunto, che richiedeva una cooperazione totale tra le parti. Attualmente, questa pratica rappresenta la regola e può essere derogata solo se la sua applicazione risulterebbe dannosa per il benessere del minore.
Secondo l’art. 337 ter cod. civ., il minore ha il diritto di avere un legame equilibrato e costante con entrambi i genitori, beneficiando della loro attenzione, educazione, istruzione e sostegno morale, oltre a mantenere relazioni importanti con i familiari e ascendenti (come i nonni) di entrambe le linee genitoriali. Il legislatore impone che il giudice, nel perseguire questo scopo, debba prendere decisioni concernenti i figli unicamente basate sull’interesse morale e materiale dei minori. In questa prospettiva, il giudice è incaricato di esaminare come priorità se i figli possano essere affidati a entrambi i genitori o, in alternativa, decidere a quale dei genitori affidarli, oltre a stabilire i periodi e le modalità di permanenza con ciascun genitore e definire la quota e il metodo con cui ognuno contribuisce al loro sostentamento, cura, formazione ed educazione.
Quando si può derogare all’affido condiviso?
La giurisprudenza stabilisce che l’affidamento esclusivo dei figli è appropriato in situazioni specifiche, quali:
- la convivenza con entrambi i genitori rappresenta un pericolo per il benessere del bambino;
- un genitore è considerato inadeguato o incapace di occuparsi del figlio, come nel caso di genitori che non hanno mai assunto responsabilità verso il bambino;
- il minore rifiuta di instaurare relazioni con uno dei genitori a causa del comportamento di quest’ultimo;
- si sono verificati episodi di violenza contro il bambino da parte di uno dei genitori;
- il bambino ha subito traumi a seguito di atti di violenza perpetrati contro la madre in sua presenza;
- uno dei genitori si disinteressa completamente del figlio, non partecipando nemmeno alle udienze relative alla separazione.
Un genitore ha la possibilità di richiedere l’affidamento esclusivo in qualsiasi momento, anche dopo che il giudice abbia stabilito un regime di affidamento condiviso.
Tuttavia, è importante che il giudice valuti attentamente se la richiesta è motivata da rancore, ossia se un genitore se ne stia servendo per vendicarsi dell’ex coniuge. In tal caso, il giudice potrebbe escludere il richiedente dall’affidamento del minore e condannarlo al risarcimento per i danni causati.
La decisione di affidamento esclusivo non può basarsi su mere supposizioni o timori che l’altro genitore non sia adeguato a prendersi cura del figlio. È necessario che ci siano prove concrete e indiscutibili a sostegno della decisione.
Inoltre la Corte di Cassazione (ordinanza n. 1645/2022) ha sottolineato che l’affidamento esclusivo non può essere concesso senza una motivazione adeguata e ben fondata.
Genitori con abitazioni distanti: è possibile l’affido condiviso?
Emerge un dubbio: la distanza tra i due genitori impedisce l’affido condiviso? Per esempio, se un genitore si trasferisce in un’altra città, potrebbe ciò pregiudicare il suo diritto all’affidamento condiviso dei figli? In base a una linea di giurisprudenza consolidata e recentemente confermata dalla Suprema Corte, la risposta a questa domanda è no.
Nell’ordinanza n. 15815/2022 la Corte di Cassazione ha precisato che la norma dell’affidamento condiviso può essere derogata solo se tale affidamento si dimostra dannoso per il benessere del minore. Di conseguenza, una sentenza che assegna l’affidamento esclusivo a un genitore deve essere fondata su una giustificazione che attesta non solo la competenza del genitore a cui viene affidato il minore, ma anche l’inadeguatezza educativa o la grave carenza dell’altro genitore.
Riguardo alla questione della residenza dei genitori, la Suprema Corte ha specificato che la pratica dell’affidamento condiviso non è automaticamente esclusa a causa della distanza fisica tra le abitazioni dei genitori, ma tale distanza può influenzare unicamente la regolamentazione dei periodi e delle condizioni di soggiorno del minore presso ciascun genitore.
Conformemente ai suddetti princìpi, con ordinanza n. 35253/2023 la Cassazione ha stabilito che un padre non perde il diritto all’affido condiviso anche se non riesce a vedere il figlio frequentemente a causa della distanza geografica, vivendo il figlio in un’altra città con la madre. La Corte ha tenuto in considerazione tutti gli aspetti pratici, inclusi quelli economici, che influenzano la capacità del genitore di prendersi cura del bambino.
Le restrizioni all’esercizio della responsabilità genitoriale sono considerate deroghe alla norma della parità di responsabilità tra i genitori e devono pertanto essere giustificate da motivi validi e specifici. Il bambino, a meno che non sia dimostrato un suo interesse contrario, di norma si affida a entrambe le figure genitoriali, a cui è affidata congiuntamente la responsabilità.
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