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La diffamazione sui social network

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(@antonio-pagano)
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Tutto ciò che occorre sapere per evitare di incorrere in sanzioni o reati nel fare o ricevere commenti sgraditi sui social

Molte persone erroneamente ritengono che sui cosiddetti social network (facebook, instagram, tik tok, etc.) si possa dire ciò che si vuole e si eserciti legittimamente la libertà di manifestazione del proprio pensiero, garantita dalla Costituzione all’art. 21, senza incorrere in alcun limite se non quelli che lo stesso social imponga, tanto da essere più preoccupati di essere sospesi o bannati [1] dal social per la violazione degli standard di comportamento, invece che pensare ad altre ben più gravi conseguenze.

Ed invece non è assolutamente così.

L’account di social network – com’è noto – si accresce di continuo di nuovi ingressi e connessioni con altri titolari di account: scrivere qualcosa su o a qualcuno, pertanto, è comunicare qualcosa ad una moltitudine di persone.

Orbene, quando un commento fatto o ricevuto costituisce diffamazione sui social network?

L’ingiuria non è più un reato

Non ogni tipo di espressione costituisce reato, seppur in sé offensiva.

L’ingiuria, intesa come lesione all’onore del soggetto leso, ossia l’insieme delle proprie qualità morali, da tempo [2] non costituisce più reato ma mero illecito civile.

Pertanto, a far divenire un commento offensivo un vero e proprio reato, non è solo l’espressione in sé, ma quanto il contesto e le modalità in cui esso è effettuato.

La differenza tra ingiuria e diffamazione

Dicevamo che un commento, un’espressione, anche la falsa attribuzione di qualcosa a qualcuno, fatta in maniera lesiva della sua reputazione e decoro, può costituire illecito ma non reato a seconda di come venga fatto.

Per aversi diffamazione e, conseguentemente, reato, occorre che la frase o il commento offensivo sia:

pronunciato (o scritto nel caso che ci occupa) in assenza del destinatario: quindi nel caso del commento ricevuto sulla propria pagina del social, esso deve essere stato effettuato non durante un interscambio con l’autore del post [3];

alla presenza di almeno due persone (il che nei social è assolutamente certo).

Le caratteristiche della diffamazione: la continenza formale e sostanziale

Per esplicitare le caratteristiche della diffamazione, la giurisprudenza penale della Suprema Corte fa riferimento al criterio della cosiddetta continenza [4].

Il commento, per non essere diffamatorio, deve appunto essere contenuto, sia dal punto di vista formale, che sostanziale.

Orbene, per la continenza formale, è chiaro che alcune espressioni siano intrinsecamente e palesemente offensive e quindi diffamatorie: se do dell’imbecille a qualcuno, è palese che ne voglia ledere l’onore e la rispettabilità.

Ma talvolta, anche una prospettazione ad altri lesiva del decoro e della reputazione della vittima può rivestire i caratteri della diffamazione: talvolta anche ritrarre, raffigurare, accostare o descrivere la persona in maniera “ingiustificatamente sovrabbondante al fine del concetto da esprimere” – afferma la Cassazione – può costituire diffamazione.

Ma v’è di più: anche il cosiddetto diritto/dovere di denunzia o la facoltà di critica devono essere contenuti dal punto di vista sostanziale o materiale, nel senso che non devono spingersi in una descrizione e/o attribuzione di fatti ed opinioni non veritiera e privi di utilità/bisogno sociale di informazione a terzi.

Quindi certamente, l’attribuzione di un fatto palesemente falso o l’inferenza da un commento, espresso in totale libertà ed esercizio della manifestazione del pensiero, può rivestire carattere diffamatorio.

Per fare un esempio, se da una frase o un’esortazione quale: “insegnate alle vostre figlie a non imitare gli uomini nei loro atteggiamenti peggiori” se ne desuma che la persona che l’ha pronunciata sia maschilista e sessista, si sta attribuendo al commento stesso una conseguenza non voluta e mai palesemente esplicitata e, in ipotesi, anche un fatto non vero, soprattutto se sia dimostrabile con prova certa l’esatto opposto.

La diffamazione a mezzo social come diffamazione aggravata

V’è anche di più: di recente la Cassazione [5] ha riconosciuto l’aggravante del mezzo della pubblicità nel caso in cui l’offesa sia avvenuta sui social, sui blog, sui siti o sui forum, perché la stessa è destinata e può essere potenzialmente letta da un numero indeterminato e molto ampio di utenti.

In tal caso, la pena prevista passerà dalla pena base per il reato (reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro) a reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro, per essersi il responsabile avvalso del mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (art. 595, comma 2, c.p.).

Conclusione

Quindi bisogna stare bene attenti a quando si rivolgano commenti offensivi, in assenza del destinatario, sui social, perché si rischia di incorrere in una diffamazione aggravata.

Nel “contenersi” in linguaggio e descrizione, è comunque raccomandabile che ci si rivolga espressamente all’interlocutore, in sua presenza ed in contraddittorio, giacché – sebbene l’espressione possa essere comunque ingiuriosa e costituire illecito civile – quanto meno non sarà sanzionabile penalmente.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Antonio Pagano

 
Pubblicato : 21 Ottobre 2023 20:00