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La crisi della democrazia e il ritorno alla dittatura:

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(@redazione)
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La profezia di Platone che aveva previsto tutto: ecco perché la sete insaziabile di diritti porta all’anarchia e l’anarchia alla tirannide. 

Platone è stato probabilmente il più grande filosofo di tutti i tempi. Un matematico inglese, Alfred North Whitehead, disse una volta che tutta la filosofia occidentale non è altro che «una serie di note a piè pagina delle opere di Platone». Qualsiasi argomento filosofico o politico possa venire in mente, Platone lo aveva già espresso. Ma nelle opere di Platone si trova una profezia che anticipa di circa 2.400 anni ciò che sta succedendo oggi e che ci consente di capire molto meglio il mondo attuale. Ci consente di capire dove andremo a finire se non prenderemo al più presto il controllo dei nostri istinti.

Platone è stato il primo pensatore ad aver preannunciato la crisi della democrazia, pensiero che poi fu sviluppato dai successivi filosofi greci, benché proprio la Grecia sia stato il primo e più importante esempio di democrazia che la nostra storia conosca.

Aristotele scrisse una volta: «Noi greci abbiamo inventato la democrazia. Ma prima o poi l’uomo si accorgerà del grosso limite di essa e se ne pentirà. La democrazia mette sullo stesso piano il voto dei probi e dei saggi al voto dei corrotti e degli ignoranti». Un pensiero, questo, che oggi si sente spesso richiamare in occasione delle elezioni, quando si fanno largo forze populiste che, facendo leva sulla “pancia” degli elettori, sui loro desideri insaziabili piuttosto che sul loro senso del dovere, riescono a governare. Ma i desideri sono appunto insaziabili, provocano assuefazione e chi gioca con il fuoco finisce per scottarsi: queste forze finiscono per avere per nemico il proprio stesso elettorato il quale, non pago di ciò che ha già ottenuto, chiede ancora di più. 

Ma torniamo a Platone e alla sua incredibile profezia. Secondo lui la democrazia ha in sé ha il germe della tirannia. La democrazia porta alla dittatura. Scrisse una volta il filosofo ateniese: «L’eccessiva libertà, sembra, non può trasformarsi che in eccessiva schiavitù».

La democrazia è stata inventata per riflettere il volere del popolo. Ma il popolo è instabile. Ha un’insaziabile sete di libertà. Che chiama diritti” per trovare una giustificazione giuridica alla propria fame. Ma è sbagliato parlare di “diritti” quando ci si riferisce a desideri irrazionali. Il riconoscimento di un diritto comporta anche l’accettazione di un contrapposto dovere: “dovere” che il popolo però rifiuta. Un diritto senza dovere è invece semplice anarchia. Il popolo, dunque, non vuole diritti: vuole libertà, anarchia. 

E più gliene dai, più ne chiede perché, col tempo, considera normale ciò che ha e non gli basta più. Un po’ come fanno i bambini che chiedono sempre caramelle, non curanti del fatto che, prima o poi, tutto questo zucchero procurerà loro delle carie.

Il problema sorge quando, dall’altro lato, ci sono governanti che, per mantenere il proprio potere, sono costretti ad accordare al popolo ciò che chiede: altri diritti, altre libertà, altra anarchia. Come il genitore che, per non sentir piangere il bambino, gli accorda tutti i dolci che vuole.

Un governante che richiedesse al popolo sacrificio e senso del dovere non avrebbe vita lunga: verrebbe presto scaricato dagli elettori, come spesso è successo. 

Col tempo le istituzioni non riescono a reggere il passo dei desideri del popolo, anche perché le concessioni richiedono soldi e i soldi, dopo un po’, finiscono. Che succede allora se le istituzioni non danno al popolo ciò che chiede? Che la gente se la prende con i suoi governanti dando loro la colpa di ogni male, senza capire invece che il male deriva proprio dall’insaziabile sete di avere. L’aumentare dei desideri va di pari passo con il senso di frustrazione che il popolo nutre.

Proprio per questo, secondo Platone, la democrazia è l’anticamera del declino morale: perché più essa si abbandona alle finte libertà, più i valori umani si guastano e diventano infantili ed egocentrici. La cittadinanza arriva così ad insorgere contro il sistema democratico. Il popolo si rifiuta di sopportare il dolore di un dovere in nome di un benessere maggiore. 

Tutto questo crescere di anarchia fa sorgere una contrapposta esigenza di ordine. Ed ecco che arriva la richiesta di un governo forte, che sistemi tutto in quattro e quattr’otto. È il popolo stesso a chiedere un dittatore. 

Ciò che la gente dimentica è che i diritti sono stati conquistati tramite un sacrificio. La democrazia può esistere solo se si è disposti a rispettare i pareri contrari ai propri, se si rinuncia a certi desideri per il bene e la sicurezza della comunità, se si scende a compromessi e si accetta che, a volte, le cose devono andare non come si vorrebbe.

Prendiamo il caso di un furto al supermercato. Dinanzi ad una guardia che vorrà punire il ladro, questi inizierà a prendersela con i prezzi troppo alti, con gli imbrogli della catena commerciale, con lo Stato che applica tasse eccessive che lo costringono a rubare. Insomma, c’è sempre una giustificazione per ottenere libertà, anarchia. Se sentirai invece la campana del proprietario del supermercato questi si lamenterà dell’assenza di sicurezza, del fatto che lo Stato non è sufficientemente punitivo con i criminali, che non c’è sicurezza nelle strade, che i giudici sono troppo clementi, che non c’è certezza della pena.

Ed ecco che tanto il piccolo ladro quanto il capitalista derubato chiederanno, entrambi – ma per ragioni diverse – un dittatore che rimetta ordine al sistema, per come loro stessi vorrebbero.

Dalla democrazia si passa così alla tirannia, in un solo secondo. Un uomo chiederà “pieni poteri” e la gente, di buon grado, glieli concederà credendo che questi accontenterà ancor di più i propri desideri. 

Le esperienze dei moderni Stati democratici ce lo stanno dimostrando, con la vittoria degli estremismi. Dopo la guerra, dopo i sacrifici, a vincere erano sempre le forze di centro, perché contemperavano al meglio le esigenze di tutte le parti, perché ciascuno sapeva che, per avere qualcosa, bisogna anche rinunciare a qualcos’altro. Gli estremismi  come i populismi, invece, chiedono senza dare.

Non è vero che la demarcazione è sbagliata. È sbagliata la democrazia per come noi la conosciamo, per come la vorremmo, per come l’applichiamo. La democrazia esige una grande maturità. 

Le persone confondono i diritti basilari con l’eliminazione del disagio. Vogliono la libertà di esprimersi ma non intendono accettare pareri contrari ai propri. Vogliono libertà d’impresa ma non intendono pagare le tasse per finanziare il sistema giuridico che la rende possibile. Vogliono essere uguali agli altri ma non vogliono accettare che l’uguaglianza implica anche vivere gli stessi dolori degli altri, e non solo godere dello stesso piacere. 

La libertà – quella vera, e non l’anarchia che vorrebbe il popolo – richiede una parte di insoddisfazione. Più la nostra tolleranza al dolore si abbassa, più sguazziamo in finte libertà. 

La differenza tra anarchia e diritti consiste in questo: i diritti sono discese che hanno, come contraltare, una salita, quella cioè del contrapposto dovere di rispettare quel diritto. L’anarchia è invece una terra di sole discese, senza che vi siano salite. Il che è logicamente impossibile. A meno che non si voglia stravolgere il mondo. Ed è ciò che sta succedendo oggi ai popoli democratici. Il che è spaventoso: è spaventoso che molte persone guardino con ammirazione alcune delle dittature oggi esistenti, ritenendo che lì le cose funzionino meglio che in altri luoghi. In realtà, senza democrazia saremmo fregati. E non perché la democrazia sia perfetta ma perché è la forma meno imperfetta delle altre forme di governo. O, come disse una volta Churchill: «La democrazia è la peggiore forma di governo, escludendo tutte le altre». 

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Pubblicato : 8 Ottobre 2022 08:00