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La convivenza prematrimoniale incide sull’assegno di divorzio

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(@angelo-greco)
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Nuova pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione: la sentenza 35385 stabilisce che il periodo di convivenza more uxorio è ora rilevante nella determinazione dell’assegno di divorzio.

In una recente e significativa sentenza, le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che, nel calcolare l’assegno di divorzio, è necessario considerare il periodo di convivenza prematrimoniale(sent. n. 35385). La decisione rappresenta un cambiamento fondamentale nell’interpretazione del diritto di famiglia in Italia e, in particolare, nell’ulteriore riconoscimento alle famiglie di fatto.

La legge sul divorzio del 1970 non prendeva in considerazione la convivenza prematrimoniale nella quantificazione del mantenimento ma solo il periodo coperto dal matrimonio. Tuttavia, con l’evoluzione dei costumi sociali, la convivenza prima delle nozze è diventata una pratica comune, meritando un riconoscimento legale adeguato.

Le Sezioni Unite, nella sentenza in commento, hanno sottolineato che il periodo di convivenza more uxorio, se stabile e duraturo, deve essere preso in considerazione nell’assegnazione e nella quantificazione dell’assegno di divorzio. Questo periodo è importante specialmente se ha comportato scelte condivise e sacrifici, in particolare in termini di carriera e vita professionale, da parte del coniuge economicamente più debole.

Il contributo alla vita familiare e professionale

Nel decidere sull’assegno di divorzio, il giudice deve ora valutare il contributo fornito alla vita familiare e alla costruzione del patrimonio, sia comune che personale, durante il periodo di convivenza. Sono particolarmente rilevanti i sacrifici o le rinunce fatte in ambito lavorativo e professionale.

Quindi, se è vero che l’assegno dovuto al coniuge economicamente più debole deve essere liquidato tenendo conto del sacrificio di questi alla carriera per dedicarsi – con una scelta condivisa con l’ex – al ménage domestico, è anche vero che non ci si può limitare alle rinunce fatte solo durante il matrimonio ma bisogna tenere in considerazione anche l’eventuale precedente periodo in cui i due coniugi hanno convissuto pur non essendo ancora sposati.

La vicenda

La sentenza prende in considerazione un caso in cui la convivenza è durata sette anni, con la nascita di un figlio e la rinuncia al lavoro da parte di uno dei coniugi. In queste circostanze, la Cassazione ha stabilito che la convivenza non può essere esclusa dal calcolo dell’assegno, in quanto ha creato un dislivello di ruoli e opportunità che si proiettano sul matrimonio e il successivo divorzio.

Le motivazioni

La decisione segue la logica della sentenza del 2018 emessa dalle stesse Sezioni Unite, che ha già riformato l’approccio alla determinazione dell’assegno di divorzio, ponendo maggiore enfasi sui contributi effettivi dei coniugi piuttosto che sul semplice tenore di vita durante il matrimonio.

Conclusione

Questa sentenza rappresenta un passo importante nel riconoscimento dei diritti e delle responsabilità all’interno delle relazioni familiari, anche quelle non formalizzate dal matrimonio. È un riconoscimento che le scelte fatte durante la convivenza possono avere un impatto significativo sulla vita dei coniugi anche dopo il divorzio. Per la Cassazione, la decisione di consolidare un’unione di fatto tramite il matrimonio rende giuridicamente rilevanti le scelte di vita fatte durante la convivenza.

 
Pubblicato : 19 Dicembre 2023 07:15