La consuetudine nel diritto penale
È possibile introdurre un nuovo reato senza approvazione del Parlamento né del Governo? Quando c’è integrazione di una norma penale?
Quando parliamo della “legge” ci riferiamo in modo molto generico a tutte le norme che si applicano in Italia. “Secondo la legge”, “La legge dice che” e altre formule simili sono utilizzate per indicare che, nel nostro Paese, si applicano certe regole che non possono essere violate. In realtà, contrariamente a quanto si possa comunemente credere, l’ordinamento giuridico italiano non è composto solamente dalle leggi del Parlamento: esistono molte altre norme contenute in atti diversi, come ad esempio nei regolamenti amministrativi o nei decreti ministeriali.
Può sembrare strano ma alcuni precetti non sono contenuti in alcun provvedimento scritto ma, più semplicemente, derivano dall’applicazione costante nel tempo di un certo comportamento. In altre parole, a volta anche le norme “abitudinarie” possono avere lo stesso valore di una legge. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: come funziona la consuetudine nel diritto penale?
Cos’è la consuetudine?
La consuetudine è una fonte del diritto non scritta che si basa sulla ripetizione di un certo comportamento da parte di membri di una collettività nella convinzione della sua obbligatorietà.
In buona sostanza, la consuetudine è quella norma che non è emanata né dal Parlamento né dal Governo, ma che riesce ugualmente a imporsi grazie alla forza dell’abitudine.
È consuetudine che il Presidente della Repubblica, prima di conferire l’incarico di formare il nuovo esecutivo, effettui delle consultazioni con i rappresentanti dei partiti politici. Questa pratica non è tuttavia prevista né dalla legge né dalla Costituzione.
Insomma: la consuetudine è la prassi che diventa legge.
Quando una consuetudine diventa norma?
Perché la consuetudine possa assumere un valore normativo (e, quindi, diventare obbligatoria) è necessaria la presenza di due elementi fondamentali:
- la convinzione di tenere un comportamento obbligato, perché imposto da una norma che si reputa esistente;
- la reiterazione nel tempo di tale comportamento da parte di tutta la comunità e non solo da parte di alcuni individui.
Come funziona la consuetudine nel diritto penale?
La Costituzione dice che nessuno può essere punito penalmente se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso [1].
Questa disposizione istituisce due principi fondamentali del diritto penale:
- l’irretroattività, in quanto nessuno può essere incriminato per un fatto che, quando fu commesso, non costituiva reato;
- la riserva di legge, in base alla quale i reati possono essere previsti solamente da una legge del Parlamento o un provvedimento del Governo (decreto legge e legislativo).
Ciò significa che nessun reato può derivare dall’abitudine di considerare illecita una certa condotta.
In altre parole, la consuetudine non è ammessa nel diritto penale; essa non può essere una fonte normativa, dalla quale promanano illeciti penali.
Solo la legge dello Stato (e provvedimenti ad essa equiparati) possono introdurre nuovi reati oppure abrogare quelli già esistenti.
Cos’è la consuetudine integratrice?
Quanto detto sinora non è valido per la cosiddetta “consuetudine integratrice”, per tale dovendosi intendere l’uso in grado di meglio specificare un precetto di legge.
In altre parole, nel diritto penale la consuetudine è ammessa nei limiti in cui una legge ad essa espressamente rinvia. Facciamo un esempio.
L’art. 625 del codice penale punisce, tra le altre cose, il furto commesso su cose esposte, per necessità, per destinazione o per consuetudine, alla pubblica fede.
La consuetudine integratrice, collocandosi nello spazio lasciatole dalla legge, è quindi ammessa nel diritto penale.
Quale tipo di consuetudine è ammessa nel diritto penale?
Tirando le fila di quanto detto sinora, possiamo affermare che l’unica forma di consuetudine ammessa nel diritto penale è quella integratrice, cioè in grado di colmare lo spazio ad essa riservato da una legge.
Sono invece assolutamente vietate le consuetudini incriminatrici (che introducono un nuovo reato) e le consuetudini “abrogatrici”: non è possibile cancellare una legge per “desuetudine”, cioè perché le persone non la rispettano più.
-
Come agire contro il figlio che svuota il conto cointestato?
10 ore fa
-
Licenziamento a voce e senza preavviso: si può denunciare?
11 ore fa
-
Conseguenze per chi svuota il conto prima del pignoramento
12 ore fa
-
Cosa succede se si va a lavorare durante la malattia?
16 ore fa
-
Licenziamento illegittimo: si può essere riammessi al lavoro?
17 ore fa