Irregolarità carburanti: ecco su chi indaga l’Antitrust
L’Antitrust ha svolto ispezioni nelle sedi delle società Eni Spa, Esso Italiana Srl, Italiana Petroli Spa, Kuwait Petroleum Italia Spa e Tamoil Italia Spa.
Dopo il boom dei prezzi scoppiato il 1° gennaio 2023 a causa sia dei rincari che della cancellazione dello sconto sulle accise, e su sollecitazione delle associazioni dei consumatori, l’Antitrust ha deciso di approfondire alcune situazioni ambigue alle pompe di benzina.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con l’ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha svolto ispezioni nelle sedi delle società Eni Spa, Esso Italiana Srl, Italiana Petroli Spa, Kuwait Petroleum Italia Spa e Tamoil Italia Spa. Lo comunica l’Antitrust in una nota. I procedimenti, si legge, sono stati avviati anche sulla base della documentazione tempestivamente fornita dalla Guardia di Finanza in merito alle infrazioni accertate sui prezzi dei carburanti praticati da oltre mille pompe di benzina (marchio Eni 376, marchio Esso 40, marchio Ip 383, marchio Kuwait 175, marchio Tamoil 48) distribuite su tutto il territorio nazionale.
L’Antitrust ha avviato le istruttorie in quanto la documentazione e i dati trasmessi dalla GdF farebbero emergere da parte delle compagnie petrolifere condotte riconducibili alla omessa diligenza sui controlli rispetto alla rete dei distributori, in violazione dell’art. 20 del Codice del Consumo. In numerosi casi è risultata difformità tra il prezzo pubblicizzato e quello più alto in realtà applicato; in altri è stata riscontrata l’omessa esposizione del prezzo praticato, ovvero l’omessa comunicazione al portale ‘Osservaprezzi Carburanti’, utile al consumatore per trovare la pompa con il prezzo più basso.
In particolare, Eni, Esso, IP, Kuwait Petroleum Italia e Tamoil non avrebbero adottato misure o iniziative idonee a prevenire e a contrastare queste condotte illecite a danno dei consumatori.
«Era ora! Finalmente l’Antitrust, che non sta indagando per la presunta speculazione rivelatasi poi falsa o per accordi collusivi, ha deciso di ipotizzare che è scorretto comunicare dati errati al ministero o, peggio ancora, mettere prezzi esposti falsi». Lo afferma in una nota Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
«Considerato che l’11 marzo 2022, il 24 marzo 2022 e 8 aprile 2022 avevamo depositato la bellezza di 3 esposti sulle vere speculazioni avvenute a marzo con esattamente questa tesi, senza aver ottenuto ancora alcuna condanna dopo oltre 10 mesi, siamo lieti che ora l’Antitrust sia giunta infine alle nostre stesse conclusioni. Meglio tardi che mai!» prosegue Dona.
«All’epoca – ricorda – con i prezzi che avevano raggiunto il record storico, avevamo allegato i dati dei prezzi alle 8 comunicati dai distributori al Mise, ora Mase, da cui risultava che oltre 650 comunicazioni dei distributori erano sotto 1,2 euro, prezzi palesemente falsi, ipotizzando che, oltre ad esserci una violazione dell’art. 51 L. 99/2009, vi fosse una pratica commerciale scorretta, atteso che i prezzi sono poi pubblicizzati sull’Osservaprezzi carburanti e che quei dati sbagliati potevano indurre in errore i consumatori. Per legge, infatti, è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero, come il prezzo praticato. Ora speriamo si giunga a stabilire questo principio, che comunque venerdì abbiamo chiesto al ministro Urso di stabilire per legge, inserendo la violazione dell’articolo 15 comma 5 del Codice del Consumo che prevede per i distributori l’obbligo di esporre in modo visibile dalla carreggiata stradale i prezzi praticati dei carburanti, nell’elenco delle pratiche scorrette», conclude Dona.
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