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Ingiunzione di pagamento: come difendersi nel modo giusto?

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(@mariano-acquaviva)
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Cos’è, come funziona e quando si può chiedere il decreto ingiuntivo? In quali casi conviene pagare e quando invece fare opposizione?

La legge mette a disposizione di chi deve ricevere una determinata somma di denaro un formidabile strumento di recupero del credito chiamato “decreto ingiuntivo”. In pratica, si tratta di un provvedimento con cui il giudice, solamente sulla base delle ragioni esposte dall’istante, ordina al debitore di pagare entro un certo tempo, pena l’esecuzione forzata sui suoi beni. È per tale ragione che è importante sapere come difendersi nel modo giusto da un’ingiunzione di pagamento.

Un solo errore potrebbe risultare determinante atteso che, se non si propone opposizione entro i termini di legge, il decreto diverrà definitivamente e irrimediabilmente esecutivo. Ma procediamo con ordine.

Cos’è l’ingiunzione di pagamento?

Si definisce “ingiunzione di pagamento” l’ordine che il giudice impartisce al debitore affinché restituisca al creditore la somma (o altri beni specifici) che gli deve.

Questo atto, lungi dall’apparire improvvisamente, segue spesso una serie di solleciti precedentemente inviati dal creditore al debitore.

L’ingiunzione di pagamento è un atto emanato da un giudice su richiesta di un creditore, con l’obiettivo di obbligare il debitore al saldo di un debito entro una scadenza prestabilita.

Poiché il provvedimento con cui il giudice ordina al debitore di pagare assume la forma del decreto, si è soliti parlare di “decreto ingiuntivo”.

Le tempistiche del decreto ingiuntivo

La legge prevede specifiche tempistiche riguardanti l’emissione, la notifica e l’opposizione all’ingiunzione di pagamento emessa dal giudice.

Innanzitutto, una volta presentato il ricorso al giudice, questi deve emettere il provvedimento entro il termine di 30 giorni (ovviamente, sussistendone i requisiti per l’accoglimento).

Una volta emesso, l’ingiunzione di pagamento richiede di essere notificato al debitore entro un periodo di 60 giorni. Una volta superato tale termine, il decreto perde ogni efficacia giuridica.

Subito dopo la notifica, il debitore dispone di 40 giorni per obbedire all’ordine di pagamento oppure per presentare opposizione.

Decorsi invano i 40 giorni, il decreto diventa irrevocabile e definitivamente esecutivo, formando un valido titolo da far valere in sede esecutiva per il pignoramento dei beni del debitore.

Quando si può chiedere il decreto ingiuntivo?

Per ottenere un’ingiunzione di pagamento non è sufficiente essere creditori: occorre infatti che il proprio credito sia già esattamente determinato nell’ammontare (vanno esclusi i risarcimenti, quindi) e che dello stesso si possa fornire una prova scritta, come ad esempio una scrittura privata con cui si riconosce il debito oppure una fattura.

In altre parole, affinché il giudice possa emettere l’ingiunzione di pagamento sulla scorta solamente delle ragioni del creditore occorre che questi offra una prova (quasi) incontrovertibile del proprio diritto.

In tutti gli altri casi occorrerà procedere con un giudizio ordinario, più lungo e costoso.

Decreto ingiuntivo: cosa deve fare il debitore?

All’atto della ricezione dell’ingiunzione di pagamento, il debitore si trova di fronte a diverse alternative.

La prima possibilità consiste nel pagare il debito entro i 40 giorni concessi. Si tratta della soluzione da preferire quando le pretese del creditore sono incontestabili.

È il caso del creditore che ha ottenuto un decreto ingiuntivo su una scrittura privata con cui il debitore riconosce espressamente la propria obbligazione.

L’alternativa è rappresentata dall’opposizione all’ingiunzione. Essa va fatta con atto di citazione da notificare al creditore, con cui si contesa la sua pretesa. Bisogna ricordare, infatti, che è pur sempre chi ha ottenuto l’ingiunzione a dover dimostrare l’esistenza del proprio diritto.

È quindi opportuno considerare che l’opposizione può rivelarsi valida solo se si è in grado di dimostrare l’infondatezza dell’ingiunzione, provando così la mancanza del debito effettivo.

Infine, esiste l’opzione di non adempiere e ignorare l’ingiunzione. Questa scelta è fortemente sconsigliata in quanto può innescare un processo esecutivo.

Al termine dei 40 giorni, infatti, il debitore riceverà un atto di precetto con cui il creditore chiederà il pagamento del debito entro 10 giorni, maggiorato degli interessi e delle ulteriori spese legali sostenute.

In caso contrario, verranno intraprese azioni di pignoramento dei beni del debitore, incluso, in alcuni casi, l’immobile di sua proprietà.

Come difendersi da un decreto ingiuntivo?

Va subito fatta una precisazione: se il credito è incontestabile, conviene pagare. Non si tratta di una resa, ma della scelta più saggia davanti a qualcosa che non è evitabile: la vittoria in giudizio del creditore.

Fare opposizione al decreto ingiuntivo consente sì di guadagnare tempo ma, alla fine dei conti, costituirà un aggravio ulteriore di spese in capo al debitore soccombente, il quale dovrà pagare gli interessi sulla somma ingiunta inizialmente, oltre alle spese legali proprie e della controparte.

Un buon modo per difendersi da un decreto ingiuntivo è quello di contattare il creditore (o meglio, il suo avvocato) per raggiungere un accordo: se si è fortunati, si potrebbe ottenere anche un dilazionamento del pagamento oppure uno sconto (magari sugli interessi).

Se invece le ragioni del creditore sono infondate, la miglior difesa è costituita dall’opposizione all’ingiunzione, da farsi tassativamente entro 40 giorni dalla notifica del decreto.

L’opposizione è la migliore soluzione tutte le volte in cui:

  • il credito è scarsamente provato. È il caso di chi ha ottenuto un’ingiunzione solamente sulla scorta delle fatture emesse: trattandosi di atto unilaterale, il creditore, nel giudizio nascente dall’opposizione, dovrà fornire prove ben più rigorose (testimoni, ecc.);
  • il credito esiste ma è stato saldato. In questa ipotesi, è sufficiente fare opposizione allegando la quietanza di pagamento;
  • il soggetto ingiunto è estraneo al debito (cosiddetto “difetto di legittimazione passiva”). Si pensi al figlio del debitore che si vede notificata l’ingiunzione pur non avendo accettato l’eredità del genitore;
  • il credito si basa su prove false, come ad esempio un falso riconoscimento del debito. In questa ipotesi, il debitore può opporsi disconoscendo la propria firma e il giudice deve nominare un grafologo affinché ne verifichi l’autenticità.
 
Pubblicato : 11 Novembre 2023 09:45