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Indagini per maltrattamenti in famiglia

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(@mariano-acquaviva)
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In cosa consistono le violenze domestiche? Quando scatta il codice rosso? Come si svolgono le investigazioni della polizia giudiziaria?

In Italia il numero dei reati commessi tra le mura domestiche è purtroppo elevatissimo. Sono numerose le violenze perpetrate nei confronti dei più deboli, come ad esempio donne, bambini e anziani. Proprio per tutelare questi soggetti la legge ha previsto uno specifico reato che, essendo procedibile d’ufficio, può essere denunciato da chiunque, anche da una persona che ha causalmente assistito a un episodio di violenza, come ad esempio un ospite o un parente. Con questo articolo parleremo proprio di questo argomento, soffermandoci in particolare su come funzionano le indagini per maltrattamenti in famiglia.

Come diremo, questo particolare reato rientra tra quelli che fanno parte del cosiddetto “codice rosso”: una procedura d’urgenza che impone alla polizia di accelerare le investigazioni in modo da giungere il prima possibile alla loro conclusione. Questa “corsia preferenziale” si applica però solamente se i maltrattamenti possono essere fatti rientrare nell’ambito di un contesto di violenza di genere o domestica.

A prescindere da ciò, le indagini per maltrattamenti devono concentrarsi sull’individuazione degli elementi che possano confermare la responsabilità del soggetto indagato, al fine di verificare la fondatezza della notizia di reato. Questo non significa, però, che le investigazioni debbano terminare sempre con il rinvio a giudizio del denunciato: se il pubblico ministero dovesse ritenere insussistente il crimine, sarebbe obbligato a chiedere l’archiviazione. Ma procediamo con ordine.

Quando c’è il reato di maltrattamenti?

La legge punisce chi maltratta una persona della famiglia o comunque convivente con la reclusione da tre a sette anni; nei casi più gravi la pena può arrivare fino a nove anni, giungendo al tetto massimo di ventiquattro anni in caso di morte della persona maltrattata [1].

Per maltrattamenti si intende ogni tipo di condotta che si traduce in un abuso nei confronti della vittima.

Nei maltrattamenti non rientrano soltanto i soprusi fisici, ma anche quelli psicologici. Ad esempio, costituisce maltrattamento la condotta vessatoria consistente in continui insulti e umiliazioni.

In buona sostanza, ogni tipo di abuso, fisico o morale, se ripetuto nel tempo, è idoneo a integrare il delitto di maltrattamenti.

Una sola condotta colpevole non è invece sufficiente. Ad esempio, il padre che percuote il figlio in preda a un improvviso e occasionale stato d’ira rischia di essere incriminato per percosse o per lesioni personali, ma non per maltrattamenti.

Chi può denunciare il reato di maltrattamenti?

Nonostante la vittima dei maltrattamenti debba necessariamente essere un familiare o altra persona convivente, chiunque può sporgere denuncia per questo tipo di delitto: per la legge, infatti, i maltrattamenti in famiglia sono un reato procedibile d’ufficio, nel senso che qualunque persona può segnalare il crimine alle autorità; queste ultime potrebbero intervenire perfino in assenza di qualsiasi denuncia.

Ad esempio, se gli insegnanti si accorgessero della difficile situazione familiare di uno degli alunni, potrebbero fare un esposto alla polizia affinché approfondisca la situazione svolgendo apposite indagini; stessa cosa potrebbe fare l’ospite che, trovandosi casualmente in casa, assiste a un abuso domestico.

Insomma: chiunque può denunciare il reato di maltrattamenti.

Come si svolgono le indagini per maltrattamenti?

Le indagini per maltrattamenti si svolgono alla stessa maniera di qualsiasi altro tipo di attività d’investigazione portata avanti dalla Procura; l’unica differenza, come anticipato in apertura, è che, se il reato si inserisce in un contesto di violenza domestica o di genere (come quasi sempre accade), dovrà applicarsi il cosiddetto “codice rosso”, la procedura d’urgenza che la legge ha previsto per questo tipo di delitti [2].

In questa ipotesi, una volta ricevuta la denuncia/querela, la polizia deve immediatamente comunicare la notizia di reato alla Procura competente, anche oralmente (ad esempio, con una telefonata).

Il magistrato del pubblico ministero, ricevuta la denuncia dalla polizia giudiziaria, ha tre giorni di tempo per assumere informazioni direttamente dalla persona offesa o da chi ha sporto denuncia (se persona diversa).

Così facendo, il pm potrà valutare fin da subito se sussistono gli estremi per chiedere al gip l’emissione di una misura cautelare (tipo l’allontanamento da casa o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima).

Il termine di tre giorni può essere derogato solamente in presenza di comprovate esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, pure nell’interesse della persona offesa.

A prescindere dalla valutazione in merito all’applicazione di una misura cautelare, il pubblico ministero delega le indagini agli organi competenti, avvertendoli che le investigazioni devono avvenire senza ritardo.

In pratica, il codice rosso favorisce non solo la maggiore speditezza delle indagini, ma anche l’intervento diretto del pubblico ministero, il quale è tenuto a convocare in brevissimo tempo la persona offesa oppure il denunciante.

Indagini per maltrattamenti: quali prove servono?

A prescindere dal codice rosso, le indagini per maltrattamenti si concentrano sulla raccolta di ogni mezzo di prova necessario a dimostrare la responsabilità del denunciato.

In genere, poiché il crimine si compie all’interno delle mura domestiche, le indagini si limitano a raccogliere la testimonianza della persona offesa; ciò non toglie che possano essere trovate ulteriori prove, come ad esempio la testimonianza di altri soggetti che hanno assistito alle violenze, registrazioni, videoriprese, perizie mediche che accertano le lesioni subite, ecc.

Insomma: durante le indagini per maltrattamenti la polizia cercherà di rintracciare ogni elemento utile a dimostrare la responsabilità penale dell’indagato.

 
Pubblicato : 18 Giugno 2023 14:45