In quali casi ingannare una persona è reato?
Mentire e raggirare: quando scattano i reati di truffa, sostituzione di persona e violenza sessuale? Si può ingannare un giudice per avere una sentenza favorevole?
Prendersi gioco di una persona può essere un comportamento meramente scherzoso e, talvolta, irrisorio. Ci sono tuttavia delle ipotesi in cui raggirare qualcuno può costituire un fatto illegale, perfino criminoso. È in tale contesto che si pone il seguente quesito: in quali casi ingannare una persona è reato?
Come vedremo, imbrogliare qualcun altro può determinare il sorgere di diversi illeciti penali, che vanno dalla truffa fino alla sostituzione di persona, potendo perfino giungere ad integrare il gravissimo delitto di violenza sessuale. Approfondiamo la questione.
Quando ingannare una persona è truffa?
Ingannare una persona integra il reato di truffa ogni volta in cui il responsabile si sia reso autore di artifici e raggiri idonei a trarre in inganno una persona della normale avvedutezza, col fine di trarre un ingiusto profitto [1].
Secondo l’orientamento prevalente, perché si integri questo reato occorre che il truffatore abbia architettato una sofisticata messa in scena volta a indurre in errore la vittima, non essendo perciò sufficiente una mera bugia.
In altre parole, per aversi reato occorre che il truffatore abbia alterato la realtà facendo apparire come esistente qualcosa che non c’è oppure, al contrario, inesistente qualcosa che è reale.
Secondo altra tesi, invece, per aversi una truffa penalmente rilevante è sufficiente anche una semplice menzogna, purché però sia accompagnata da ragionamenti idonei a mascherarla da verità.
In altre parole, potrebbe aversi una truffa se la bugia è sorretta da un’adeguata argomentazione ingannatrice.
Perché si abbia una truffa penalmente rilevante occorre che l’intento del malintenzionato sia quello di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto a discapito della vittima.
Il reato è punibile a querela della persona offesa, da sporgersi entro tre mesi dalla piena conoscenza del fatto.
Sostituzione di persona: ingannare una persona è reato?
Ingannare qualcuno può costituire il reato di sostituzione di persona se il responsabile si attribuisce l’identità altrui oppure una completamente falsa, col fine di ingannare la vittima per danneggiarla oppure per procurarsi un vantaggio [2].
Perché si abbia sostituzione di persona non è necessario spacciarsi per un soggetto realmente esistente: anche un nome di fantasia può essere sufficiente a integrare il reato, se lo scopo è quello di ingannare qualcun altro per arrecare un danno od ottenere un vantaggio.
Anche l’attribuzione di un falso status è idonea a far scattare il delitto, quando ad esso la legge ricollega determinate conseguenze. Si pensi a chi si spacci per carabiniere, sacerdote, pubblico ufficiale, ecc.
Secondo la giurisprudenza, perfino fingere di essere single è reato.
Ingannare una persona: quando c’è violenza sessuale?
Ingannare una persona può costituire il gravissimo reato di violenza sessuale se lo scopo del raggiro è quello di compiere atti sessuali.
Secondo la legge [3], infatti, per aversi uno stupro non è necessaria la violenza o la minaccia ai danni della vittima: è sufficiente che costei sia ingannata affinché acconsenta a compiere o subire atti sessuali.
Per il codice penale, pertanto, c’è violenza sessuale anche a carico di «chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona».
Il riferimento operato dalla norma non è tanto alla sostituzione fisica quanto alla falsa attribuzione di generalità, status, qualifica e qualità personali.
Commette il reato di violenza sessuale chi si finge ginecologo per poter visitare alcune donne.
La vittima di violenza sessuale può sporgere querela entro dodici mesi da quando è avvenuto il fatto.
Ingannare un giudice è reato?
Secondo la giurisprudenza [4], non commette reato chi tenta di ingannare il giudice affinché pronunci una sentenza a sé favorevole, a meno che si tratti di un testimone: questi, infatti, ha per legge l’obbligo di dire la verità, pena la reclusione da due a sei anni [5].
In buona sostanza, la parte direttamente coinvolta in un processo non ha l’obbligo di dire la verità, potendo quindi anche mentire pur di convincere il giudice a dargli ragione.
La parte processuale può quindi ingannare il giudice; diverso è invece il discorso nel caso del testimone, cioè del soggetto chiamato a rendere dichiarazioni sui fatti per cui è causa.
-
Vaccino non obbligatorio senza consenso informato: c’è risarcimento?
2 giorni fa
-
Come fa il datore di lavoro a sapere il motivo della malattia?
4 giorni fa
-
Residenza persone fisiche: nuove regole
4 giorni fa
-
Quando è illegittimo il contratto a termine?
5 giorni fa
-
Proposta di acquisto casa legata alla concessione del mutuo
6 giorni fa