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In quale caso le ferie possono essere monetizzate?

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(@angelo-greco)
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Scopri in quali circostanze specifiche le ferie possono essere convertite in denaro e quali normative regolano questa pratica.

Le ferie rappresentano un diritto fondamentale dei lavoratori, garantito per assicurare il riposo e il recupero delle energie psicofisiche. Perciò sono irrinunciabili. Tuttavia, in certi casi specifici, le leggi permettono la “monetizzazione” delle ferie, ossia la possibilità di convertire il periodo di riposo in un corrispettivo economico.

In questo articolo vedremo in quale caso le ferie possono essere monetizzate e quando invece tale diritto viene negato dalla legge a tutela del lavoratore stesso. Ma procediamo con ordine.

Quali ferie non possono mai essere monetizzate?

Le ferie sono un diritto irrinunciabile per ogni lavoratore sancito dall’articolo 36 della Costituzione.

La legge prevede un periodo minimo di ferie per ogni lavoratore pari a 4 settimane per ogni anno di lavoro (a patto che il lavoratore abbia lavorato tutti i mesi, per almeno 15 giorni al mese).

Il dipendente non può rinunciare a tale periodo di ferie, neanche in cambio di denaro. Pertanto, il datore di lavoro deve imporre al lavoratore le ferie nei seguenti termini:

  • 2 settimane: entro il 31 dicembre dell’anno di maturazione e, se lo richiede il lavoratore, in via continuativa;
  • 2 settimane: entro 180 giorni dal 31 dicembre dell’anno di maturazione, non necessariamente in via continuativa.

Se il lavoratore non usufruisce di queste ferie, il datore di lavoro è passibile di sanzioni e deve risarcire il dipendente.

Dunque il cosiddetto divieto di monetizzazione delle ferie riguarda tale periodo minimo di ferie garantito dalla legge e che perciò potremmo definire “legale”.

Tuttavia i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) possono prevedere un ulteriore periodo di ferie annuali, oltre alle 4 settimane “legali”. A quest’ultimo invece si può rinunciare, come vedremo meglio nel successivo paragrafo.

Quando le ferie possono essere monetizzate?

La monetizzazione delle ferie è permessa innanzitutto qualora il rapporto di lavoro cessi (a seguito di licenziamento o dimissioni) prima che il lavoratore sfrutti le ferie maturate nel corso dell’anno.

Si pensi a un dipendente che si dimette o che viene licenziato ad agosto quando, già a marzo, aveva chiesto di usufruire delle ferie a settembre.

Se il dipendente ha tuttavia ferie arretrate, il datore di lavoro, prima della cessazione del rapporto, può chiedergli di mettersi in ferie. Il periodo di preavviso inizierà a decorrere solo dopo la completa maturazione delle ferie.

Oltre a tale ipotesi le ferie che possono essere monetizzate e quindi sostituite da una indennità sono:

  • le settimane o i giorni di ferie previsti dalla contrattazione collettiva in misura superiore al periodo minimo legale.
  • contratti a tempo determinato di durata inferiore ad un anno, per i quali è ammessa la corresponsione del corrispettivo per le ferie non godute anche mensilmente;
  • il pagamento delle ferie non godute in seguito alla risoluzione del rapporto di lavoro, a prescindere dalla causale della cessazione.

Maturazione delle ferie

È bene tenere presente che le ferie maturano nel corso del rapporto di lavoro in maniera progressiva e proporzionale in relazione all’attività lavorativa effettivamente prestata dal lavoratore. È dunque chiaro che laddove il lavoratore abbia lavorato per l’intero anno, gli vengono attribuite le ferie nella misura piena prevista dal CCNL applicato; di converso, ossia qualora il lavoratore non lavori per l’intero periodo di maturazione delle ferie ha diritto ad un numero di giorni di ferie proporzionale al servizio effettivamente prestato, secondo i criteri dettati dai contratti collettivi di categoria. Inoltre, se il dipendente il cui rapporto di lavoro viene a cessare ha anticipatamente usufruito di ferie non ancora maturate il datore di lavoro procederà alle relative trattenute.

Tuttavia, esistono alcune tipologie di assenze che sono considerate utili dalla legge ai fini della maturazione delle ferie, tra i quali possiamo annoverare:

  • l’astensione obbligatoria per congedo di paternità o di maternità;
  • il congedo matrimoniale;
  • l’infortunio sul lavoro;
  • la malattia;
  • gli incarichi presso i seggi elettorali.

Mentre le ferie non maturano durante:

  • l’astensione facoltativa per maternità;
  • l’astensione per malattia del bambino;
  • lo sciopero;
  • il periodo di preavviso non lavorato in quanto l’avvenuto pagamento dell’indennità sostitutiva, accettata dal lavoratore, comporta la risoluzione del rapporto di lavoro;
  • la sospensione del lavoro con ricorso alla CIG a zero ore.

Chi sceglie il periodo di ferie?

La scelta del periodo feriale spetta al datore di lavoro avendo questi un generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa. Egli però, nel fissare il calendario di ferie dei vari dipendenti deve:

  • tenere conto degli interessi del lavoratore e delle sue richieste, non potendo disattenderle senza una valida ragione organizzativa;
  • comunicare al lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie con qualche preavviso che, secondo correttezza e buona fede, è utile a consentire al lavoratore di organizzare in modo conveniente il riposo concesso;
  • rispettare il principio per cui le ferie debbono essere godute entro l’anno e non successivamente.

Pertanto, è illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché:

  • non venga tenuto conto anche degli interessi dei lavoratori e non vi siano comprovate esigenze organizzative aziendali;
  • non venga salvaguardata la funzione fondamentale dell’istituto di consentire al lavoratore la reintegrazione delle energie psicofisiche.

Al lavoratore compete soltanto la facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale.

 
Pubblicato : 28 Dicembre 2023 08:30