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In cosa consiste l’obbligo di repechage?

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(@angelo-greco)
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Il concetto di repechage è una tutela dei lavoratori in caso di licenziamento e un obbligo per i datori di lavoro che vogliano fare riduzione del personale.

Non è una parola di uso comune. “Repêchage” è una parola francese che noi italiani utilizziamo, sia nell’ambito sportivo che in quello lavorativo, per indicare “ripescaggio”. Riferendoci alla legge, in cosa consiste l’obbligo di repêchage? Come influenza la relazione tra datore di lavoro e dipendente? Cosa si deve fare nel caso in cui un datore di lavoro decida di licenziare un dipendente per giustificato motivo oggettivo? Queste sono temi estremamente interessanti per chiunque operi nel mondo del lavoro, sia come datore che come dipendente. Qui di seguito daremo una spiegazione pratica alle domande più frequenti sull’argomento. Forniremo una panoramica completa dell’obbligo di repechage che, come vedremo a breve, grata sul datore di lavoro tutte le volte in cui intende operare una riduzione del personale.

Cos’è l’obbligo di repechage?

Repechage è un obbligo imposto al datore di lavoro nel caso intenda procedere a un licenziamento individuale per «giustificato motivo oggettivo» ossia giustificato da ragioni collegate alla produzione o all’organizzazione aziendale (ad esempio crisi, calo di commesse e di fatturato, riduzione del personale, ristrutturazione interna, ottimizzazione delle risorse, una diversa organizzazione dei reparti e delle mansioni all’interno della propria struttura, oppure anche la necessità di maggiore guadagno economico). In tutti questi casi, prima di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro, il datore  deve verificare che al momento del recesso non esistano altre posizioni di lavoro equivalenti all’interno dell’azienda dove il dipendente potrebbe essere collocato. Questa verifica deve riguardare anche mansioni inferiori e la possibile riduzione dell’orario di lavoro, al fine di escludere definitivamente che l’unica soluzione sia il licenziamento. A tal fine però il datore di lavoro non è tenuto a ridisegnare l’organigramma aziendale, a spostare altri dipendenti dai loro posti o ad inventarne di nuovi. 

Si tratta dunque di una soluzione adottata dalla legge nell’ottica della salvaguardia dei posti di lavoro.

Quale legge prevede l’obbligo di repechage?

L’obbligo di repechage non è contemplato in alcuna norma, ma è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale. È la Cassazione che afferma, ormai da anni, l’obbligo del datore di lavoro, dinanzi a una contestazione del licenziamento sollevata dal dipendente, di dimostrare che non vi erano altre posizioni ove collocare quest’ultimo.

Come funziona il repechage?

È il datore di lavoro che deve fornire la prova di aver tentato il repechage e di non averne avuto la possibilità per carenza di posti liberi in azienda ove collocare il dipendente. Nell’obbligo di repechage, l’onere della prova è notevolmente rigido. Il datore di lavoro deve dimostrare che non esistevano altre posizioni di lavoro disponibili e compatibili con la preparazione e le competenze acquisite dal dipendente o che questi abbia rifiutato una proposta di reimpiego. In questo senso, infatti, anche il lavoratore deve fornire una valida collaborazione e in un eventuale giudizio indicare quelle posizioni di lavoro libere, o presumibilmente libere, nelle quali avrebbe potuto essere utilmente inserito da parte dell’azienda. 

Cosa succede con le assunzioni future?

Un punto fondamentale riguarda le assunzioni future. La giurisprudenza ha stabilito che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è considerato illegittimo se seguito da nuove assunzioni che mettono in discussione la validità del licenziamento stesso. Questo vale sia per assunzioni in mansioni equivalenti, sia per assunzioni in altri reparti che contraddicono ipotesi di riorganizzazione o crisi aziendale.

La recente sentenza sulla questione repechage

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12132/2023 del 8.5.2023, ha ampliato l’obbligo di repechage, estendendolo anche alle posizioni di lavoro future ma prevedibili al momento del licenziamento. Questa interpretazione comporta un’onere probatorio più pesante per il datore di lavoro, che dovrà dimostrare l’assenza di assunzioni nei sei mesi successivi al licenziamento, tenendo in considerazione anche le posizioni lavorative di cui è imminente la disponibilità.

Si tratta di un nuovo e ulteriore ampliamento dell’obbligo di repechage che investe anche le possibili posizioni future che verranno a liberarsi in azienda: in motivazione si legge che la condotta datoriale, ovviamente, debba essere “improntata a buona fede e correttezza nel verificare in concreto l’esistenza nella sua organizzazione di posizioni disponibili a cui adibire il lavoratore il cui posto sia stato soppresso” e per tale ragione si dovrà rendere conto anche di quelle posizioni che, sebbene ancora occupate, si renderanno disponibili in un arco temporale del tutto prossimo alla data in cui viene intimato il recesso, considerando anche le riorganizzazioni aziendali in corso d’opera.

Cosa spetta al dipendente se il repechage non viene rispettato?

L’interpretazione della giurisprudenza è di ritenere nullo il licenziamento avvenuto senza rispetto del repechage. Con la conseguenza che al lavoratore sarà dovuta la reintegra sul posto e non solo il semplice risarcimento.

Cosa deve fare il datore di lavoro per rispettare il repechage?

Nel momento in cui il datore si appresta a intimare un recesso per giustificato motivo oggettivo, dovrà comunque accertarsi della sussistenza di alcuni requisiti e della possibilità concreta di dimostrarli in sede giudiziale ossia:

  • la effettiva soppressione del posto di lavoro;
  • la mancanza di altre posizioni di lavoro equivalenti o inferiori, o l’impossibilità di adibire il lavoratore alle stesse mansioni con un orario ridotto;
  • l’eventuale rifiuto del lavoratore al ricollocamento interno;
  • comunque, la mancata assunzione di nuovo personale nei 6 mesi successivi al recesso e infine, l’impossibilità, oggettiva, di ricollocare il lavoratore anche in presenza di posizioni poi liberate (scadenze contrattuali, dimissioni, ecc.) per ragioni squisitamente organizzative.
 
Pubblicato : 31 Maggio 2023 16:00