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Impugnazione delibera condominio: quale giudice è competente?

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(@paolo-remer)
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Il valore della causa si determina in base all’importo della delibera o alla quota di riparto? La soluzione della Cassazione per stabilire se occorre rivolgersi al tribunale o al giudice di pace.

Nel tuo condominio l’assemblea ha approvato una delibera per l’esecuzione di alcuni lavori ai quali tu eri contrario. Nonostante l’ampio numero di voti favorevoli, credi che la delibera sia viziata e vorresti impugnarla; ma non sai a quale giudice devi rivolgerti. Il problema maggiore consiste nella competenza, che è ripartita per fasce di valore tra i vari organi giudiziari, come il giudice di pace e il tribunale. Nel tuo caso, se fai riferimento al valore complessivo della delibera – che è di 50mila euro – la competenza è del tribunale, ma se prendi in considerazione soltanto la tua quota di riparto – cioè quanto dovrai pagare tu: circa mille euro – la decisione spetta al giudice di pace.

È necessario, quindi, sapere qual è il giudice competente a decidere sull’ impugnazione di una delibera condominiale. Il rischio di proporre la domanda al giudice sbagliato è quello di vedersi paralizzare l’azione con un’eccezione di incompetenza sollevata dalla controparte; questo tipo di conflitti fa sorgere un «regolamento di competenza» [1] tra gli uffici giudiziari coinvolti, che può arrivare fino in Cassazione, e nel frattempo il giudice tacciato di non essere competente (per materia oppure, come nel nostro caso, per valore) potrebbe fermarsi e non decidere il ricorso.

Competenza del giudice: due opposte tesi

Ti diciamo subito che la questione non è pacifica in giurisprudenza: due opposte teorie si contendono il campo. La prima dice che il valore da considerare ai fini dell’impugnazione è quello dell’intera delibera; la seconda circoscrive l’importo alla sola quota di pertinenza di chi la impugna.

È evidente che, aderendo all’una o all’altra tesi, le cose cambiano parecchio: e non è una questione che riguarda soltanto gli avvocati, perché la parcella è sensibilmente superiore se il ricorso viene promosso davanti al tribunale (il giudice civile di grado superiore) o al giudice di pace, che è competente per le cause di valore economico più modesto. Se hai letto il nostro articolo “Quanto costa impugnare un verbale di assemblea condominiale” sai che la differenza dell’importo da pagare può essere notevole, perché le spese legali da sostenere in tribunale sono molto superiori a quelle richieste per una causa davanti al giudice di pace.

Impugnazione delibere condominiali: competenza per materia e per valore

Nella competenza del giudice di pace rientrano, ai sensi dell’art. 7 del Codice di procedura civile, le cause che riguardano beni mobili (come il pagamento di somme di denaro) di valore non superiore a 5.000 euro; al di sopra di tale soglia è competente il tribunale. E in concreto la maggior parte delle delibere condominiali hanno un valore, complessivamente considerato, che supera ampiamente il basso limite di 5mila euro, mentre le quote di riparto di ciascun condòmino si collocano spesso molto al di sotto di questo importo.

Ma il giudice di pace ha anche una competenza riservata per materia nelle cause condominiali che riguardano «la misura e le modalità d’uso dei servizi di condominio di case»: questo tipo di cause gli viene attribuito a prescindere dal valore economico. È bene precisare che nel prossimo futuro questi criteri saranno superati: la riforma del processo civile, che dovrebbe entrare in vigore dal 31 ottobre 2025 (salve anticipazioni o rinvii), prevede un’attribuzione esclusiva al giudice di pace di tutte le cause in materia di condominio negli edifici, a prescindere dal valore [2].

Delibera impugnata per motivi formali: quale giudice?

Esiste anche un altro criterio da considerare, che è di molto frequente applicazione proprio nelle cause relative all’impugnazione delle delibere condominiali: è quello della causa di «valore indeterminabile» ai sensi dell’art. 10 del Codice di procedura civile. La causa di valore indeterminabile è riservata alla competenza del tribunale.

Questo criterio in materia condominiale opera specialmente quando il condòmino impugna sostenendo che la delibera è invalida per motivi formali (ad esempio, l’errato computo dei votanti e delle maggioranze necessarie per l’approvazione in assemblea, o, prima ancora, l’omesso invio dell’avviso di convocazione ad alcuni condòmini che così non hanno potuto partecipare alla riunione).

In questi casi il vizio di forma del procedimento decisionale adottato dall’assemblea viene in rilievo prima del valore della somma di denaro richiesta ad ogni condòmino, e contestata da chi propone ricorso avverso la delibera approvativa della spesa e del relativo riparto. Dunque la competenza a giudicare sull’annullamento (o sulla declaratoria di nullità, nei casi più gravi) della delibera impugnata per vizi di forma appartiene al tribunale, e non al giudice di pace.

Impugnazione delibera: come si determina il valore della causa?

Tornando al criterio del valore, ora la Cassazione sembra propendere per la prima delle due possibili soluzioni che abbiamo esposto: una recentissima ordinanza [3] afferma che il valore della causa (che, come abbiamo visto, è il parametro fondamentale che determina la competenza del giudice adito) è quello corrispondente all’ammontare dell’intero atto impugnato, dunque della spesa totale deliberata, e non quello, molto più ridotto, di pertinenza dei condomini impugnanti (che potrebbero ridursi ad uno solo o essere di più, senza che nulla cambi ai nostri fini).

Ecco il nuovo principio affermato dalla Suprema Corte: «Nell’azione di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea di condominio il valore della causa deve essere determinato sulla base dell’atto impugnato e non sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dall’attore in base allo stato di ripartizione». Questa soluzione sembra essere preferibile, perché tiene conto del fatto che, in caso di accoglimento del ricorso, e dunque di annullamento della delibera, l’effetto del provvedimento giudiziario deve estendersi necessariamente a tutti i condomini, compresi quelli che non avevano partecipato al giudizio.

Questa nuova ordinanza non nasconde che esiste un corposo orientamento di segno contrario, ma fa leva sul disposto dell’art. 12 del Codice di procedura civile, secondo cui: Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione». A prima vista sembrerebbe che questa norma conforti la tesi di chi sostiene che il valore della causa vada determinato solo in relazione all’importo che il condòmino impugnante contesta, ma il Collegio obietta che il criterio legale «subisce deroga nell’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all’esistenza o alla validità del rapporto, che va, pertanto, interamente preso in considerazione ai fini della determinazione del valore della causa».

Conclusioni

In parole povere, in base all’orientamento della Cassazione che abbiamo esposto è tutta la delibera impugnata che rientra nella cognizione del giudice competente a decidere sulla sua sorte, e non soltanto lo “spicchio” che riguarda la sua incidenza in base alle quote di riparto della spesa complessiva tra i condòmini.

Visto l’orientamento “ballerino” della giurisprudenza, per evitare problemi nei casi dubbi è preferibile (almeno fino a quando non entrerà in vigore la riforma del processo civile) impugnare la delibera condominiale al giudice competente per valore superiore, che nel nostro caso è il tribunale anziché il giudice di pace. Infatti rivolgendo la domanda giudiziale a quest’ultimo c’è il rischio che venga respinta per difetto di competenza. Allora emerge in tutta la sua importanza pratica la necessità di considerare il valore complessivo della delibera impugnata, perché in caso di sua caducazione gli effetti si ripercuoteranno su tutti i condòmini e non soltanto su chi aveva proposto l’impugnazione. L’ordinanza che abbiamo commentato (puoi leggere il testo del provvedimento integrale sotto questo articolo si sofferma proprio su questo «effetto caducatorio».

Anche un’altra recente pronuncia della Cassazione [4] ha “salvato” l’impugnazione di una delibera proposta al tribunale anziché al giudice di pace: gli Ermellini hanno affermato che «la domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa, non può intendersi ristretta all’accertamento della validità del rapporto parziale che lega l’attore al condominio e dunque al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell’intera deliberazione e dunque all‘intero ammontare della spesa». Il principio di diritto affermato nell’occasione è stato il seguente: «Nell’azione di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea di condominio, che sia volta ad ottenere una sentenza di annullamento avente effetto nei confronti di tutti i condomini, il valore della causa deve essere determinato sulla base dell’atto impugnato, e non sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dall’attore in base allo stato di ripartizione, non operando la pronuncia solo nei confronti dell’istante e nei limiti della sua ragione di debito».

Approfondimenti

Per ulteriori informazioni leggi anche:

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Pubblicato : 6 Dicembre 2022 10:30