Il socio receduto è obbligato a pagare la Tari?
Sono uscito da una società di persone alla quale è stato notificato un avviso di accertamento per la Tari dovuta relativamente ad annualità durante le quali ero socio. Nell’atto di scioglimento del mio rapporto sociale venivo esonerato dal pagamento delle forniture ancora impagate. Sono obbligato ora a pagare queste annualità di Tari?
La risposta al suo quesito è fornita essenzialmente da una serie di norme contenute nel Codice civile.
Innanzitutto l’articolo 2291, secondo il quale nella società in nome collettivo i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Poi l’articolo 2304 che stabilisce che i creditori di una società in nome collettivo, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale.
Ed infine l’articolo 2290 (applicabile anche alle società in nome collettivo per il rimando contenuto nell’articolo 2293) in base al quale il socio che recede dalla società (e quindi anche quello che cede le sue quote) è responsabile verso i terzi (anche verso il fisco, quindi) per i debiti sociali sorti fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto sociale, cioè è responsabile dei debiti nati fino al giorno in cui la cessione delle quote è stata iscritta nel registro delle imprese (così anche la Corte di Cassazione con sentenza n. 8.649 del 12 aprile 2010).
Cosa significa tutto questo per il suo caso?
Significa che nei confronti del fisco (cioè nei confronti del Comune che è l’ente creditore per quanto riguarda la Tari), sono obbligati al pagamento della tassa innanzitutto la società con il suo patrimonio e, in via sussidiaria, anche i soci che erano tali nel momento in cui il debito è sorto.
Per cui trattandosi della Tari relativa ad anni in cui lei era ancora socio, lei è obbligato al pagamento della tassa, in solido con l’altro socio, per l’intero importo.
Ma se il pagamento della tassa non avvenisse spontaneamente, il Comune sarà obbligato ad avviare le azioni esecutive prima nei confronti della società (con pignoramenti dei beni intestati alla società) e solo se risultassero infruttuose le azioni esecutive (cioè i tentativi di pignoramento) nei confronti della società, il Comune potrà, a sua discrezione, aggredire i patrimoni personali dei soci per l’intero debito (proprio perché la responsabilità dei soci è illimitata e solidale, ma sussidiaria, cioè scatta solo se il creditore ha tentato senza successo di ottenere il pagamento del suo credito aggredendo i beni della società).
Quindi se l’importo indicato nell’avviso di accertamento non fosse pagato spontaneamente, il Comune dovrà prima di tutto aggredire i beni intestati alla società (se ce ne sono) e solo se questo tentativo di recupero forzoso del credito non avesse esito positivo, potrà poi scegliere di aggredire il patrimonio dell’uno o dell’altro socio a sua scelta (pignorando i beni intestati all’uno o all’altro socio).
Ovviamente se il debito per la Tari fosse pagato interamente da uno o dall’altro socio, questi avrebbe diritto di regresso nei confronti dell’altro socio per farsi rimborsare l’importo della Tari corrispondente alla quota di partecipazione sociale.
Per quanto riguarda il patto contenuto nell’atto di scioglimento (in base al quale lei è stato esonerato dal pagamento di forniture impagate), questo patto non è opponibile ai creditori a meno che essi non l’abbiano espressamente accettato (anche ammesso che possa estendersi alla Tari che non è propriamente il corrispettivo di un servizio, considerato che il suo presupposto, ai sensi dell’articolo 1, comma 639, della legge 147 del 2013, è il possesso o la detenzione di aree suscettibili di produrre rifiuti).
Infatti un accordo di questo tipo è qualificabile sostanzialmente come accollo e l’accollo (articolo 1273 del Codice civile) in generale non ha effetti nei confronti del creditore se il creditore stesso non l’accetta.
In materia fiscale, poi, l’articolo 8 della legge n. 212 del 2000 consente l’accollo del debito ma senza liberazione dell’altro debitore, mentre il regolamento del Comune in questione non prevede affatto la possibilità dell’accollo.
In definitiva, nei confronti del Comune l’accordo contenuto nell’atto di scioglimento non ha effetto.
Il Comune perciò, se l’importo indicato nell’avviso di accertamento non sarà spontaneamente pagato, potrà in seguito procedere esecutivamente (cioè con pignoramento) anche nei suoi confronti (per l’intero importo e a condizione che non sia riuscito prima a recuperare la somma aggredendo i beni intestati alla società).
Nei confronti invece dell’altro socio, se lei pagherà interamente il debito per la Tari (o perché il Comune chiederà a lei di pagare l’intera somma o perché lei avrà deciso di pagarla di tasca sua spontaneamente per evitare pignoramenti e aggravi di spese a suo carico) e poi quindi chiederà all’altro socio il rimborso integrale dell’importo sborsato, proprio perché esisteva l’accordo contenuto nell’atto di scioglimento, potrà accadere:
- o che l’altro socio le rimborserà senza alcun problema tutto l’importo da lei anticipato al Comune (riconoscendo che l’accordo contenuto nell’atto di scioglimento si estende anche alle tasse come la Tari);
- o che l’altro socio non le rimborserà nulla o Le rimborserà solo la parte di Tari corrispondente alla sua quota di partecipazione ed a quel punto, se a lei non bastasse nemmeno il rimborso della quota parte di Tari spettante all’altro socio, non le resterà altro da fare (per ottenere il rimborso integrale di tutta intera la somma che lei avesse pagato) che citare in giudizio l’altro socio per ottenere dal giudice la sua condanna al rimborso dell’importo pagato per la Tari sperando che il giudice condivida la sua interpretazione dell’accordo contenuto nell’atto di scioglimento includendo anche la Tari nel concetto di “ogni obbligazione relativa a forniture ancora non pagate” per le quali l’altro socio si era obbligato a manlevarla.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Angelo Forte
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