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Il reato di tortura
 
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Il reato di tortura

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(@gianluca-scardaci)
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Introdotto nel nostro ordinamento solo nel 2017, il delitto di tortura adesso è a rischio abolizione.

Il reato di tortura ha trovato ingresso nel codice penale nel 2017 attraverso la legge n. 110, che ha dato attuazione alla Convenzione contro la tortura, approvata dall’Assemblea generale dell’ONU in data 10 Dicembre 1984 e ratificata dall’Italia con la legge n. 498 del 03 Novembre 1988. L’iter parlamentare che ha condotto all’approvazione della legge introduttiva del delitto in argomento ha subìto una brusca accelerazione in seguito alla sentenza della Corte Europea concernente i noti fatti verificatisi durante il G8 di Genova del 2001, che ha fatto seguito ad altri principi di diritto già precedentemente affermati in relazione ai medesimi fatti, sulla scorta della seguente argomentazione: nel vagliare il grado di tutela assicurato dal nostro ordinamento ai diritti delle vittime delle violenze perpetrate all’interno della scuola Diaz, la Corte Europea, riconducendo quelle condotte alla nozione di tortura, aveva disapprovato la mancanza, nel nostro sistema penale, di una disposizione che la punisse. Ma quali sono la natura giuridica, gli elementi costitutivi e l’oggetto giuridico tutelato del reato di tortura? E perché il governo attuale vorrebbe abrogare le disposizioni di riferimento? Cosa ne pensa l’opinione pubblica?

Qual è la natura giuridica del reato di tortura?

Esso è stato configurato dal Legislatore come reato comune, ossia perpetrabile da chiunque, contemplando l’eventualità che sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio come circostanza aggravante e di evento. Il reato si configura se la vittima è un soggetto privato della libertà personale o affidato alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza dell’autore del fatto ovvero se la persona offesa si trovi in condizioni di minorata difesa e la condotta è integrata se è commessa mediante più episodi oppure se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Qual è l’elemento soggettivo del reato di tortura?

La tortura è un reato a dolo generico, nel senso che è sufficiente, ai fini della sua commissione, la coscienza e la volontà della singola condotta degradante, spesso compiuta nei confronti dei detenuti, e non necessariamente abituale.

Qual è l’elemento materiale del reato di tortura?

Sotto il profilo materiale, le condizioni di minorata difesa integrano il delitto di tortura. Le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha approfittato in modo tale da ostacolare la difesa, devono chiaramente essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità in cui versa il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l’idoneità astratta delle predette  condizioni a favorire la commissione del reato.

Qual è l’elemento giuridico tutelato nel reato di tortura?

La norma penale di riferimento, connessa all’articolo 613 bis del codice penale, è stata collocata tra i delitti contro la persona, tra i delitti contro la libertà individuale e, in particolare, alla fine della sezione relativa ai reati contro la libertà morale. Tale collocazione induce a ritenere che l’oggettività giuridica criminosa debba identificarsi nella tutela della libertà psichica della persona, intesa come diritto dell’individuo di autodeterminarsi liberamente, in assenza di coercizioni fisiche che ne limitino la libertà di movimento. La particolarità del delitto di tortura risiede nella conclamata e terribile attitudine che la stessa possiede e cioè quella di assoggettare completamente la persona, la quale, in balia dell’arbitrio altrui, è trasformata da essere umano in cosa, oggetto di accanimento. La sofferenza corporale, fisica o psichica, si somma alla lesione della dignità umana, sia essa oggetto di tortura privata, sia essa, forse in maniera più grave, oggetto di tortura pubblica.

Chi vorrebbe abrogare il reato di tortura e perché?

Il Governo di centrodestra propone una legge per abrogare il delitto in argomento, cancellando di fatto gli articoli di riferimento, ossia il 613 bis e ter del codice penale. Le ragioni stanno nel fatto, a dire di chi ne propone la soppressione, che il personale delle forze di polizia potrebbe essere limitato nell’esercizio delle proprie funzioni. Se non si procedesse in tal senso, continuano i sostenitori di tale presa di posizione, un rigoroso uso della forza da parte delle forze di polizia durante un arresto potrebbe configurare il reato di tortura. Il timore insomma è che non venga svolta adeguatamente l’attività di prevenzione dei reati.

E l’opinione pubblica cosa ne pensa?

Al di là del fatto che cancellare il reato di tortura sarebbe una scelta contraria al diritto internazionale e alle Convenzioni alle quali l’Italia aderisce, e quindi un clamoroso passo indietro, ciò che davvero preoccupa e deve indurre a riflettere sono i dati incontrovertibili: il 15 Gennaio 2021 un Tribunale italiano ha condannato un funzionario pubblico accusato di tortura nei confronti di un uomo detenuto nel carcere di Ferrara; il 17 Febbraio 2021 dieci agenti di polizia penitenziaria del carcere di San Gimignano vennero condannati per tortura e lesioni aggravate in concorso nei confronti di un detenuto tunisino; nel 2017 vennero indagati venticinque agenti della casa circondariale di Torino “Lorusso e Cutugno”, nei confronti dei quali l’Amministrazione penitenziaria, in concomitanza con il procedimento penale, ha assunto provvedimenti disciplinari; nel Gennaio 2020 un detenuto del carcere di Palermo denuncia, nel corso del processo a suo carico, violenze subìte all’arrivo in carcere e convince l’autorità giudiziaria a trasmettere gli atti alla Procura competente; a Marzo del 2020, nel corso dell’emergenza pandemica, vennero segnalate da familiari di persone detenute nel carcere di Opera, violenze, abusi e maltrattamenti nei confronti dei propri congiunti; sempre a Marzo del 2020 vennero denunciati episodi raccapriccianti commessi nei confronti di detenuti presso il carcere di Melfi. Le testimonianze parlavano di detenuti denudati, picchiati, insultati e messi in isolamento. A loro non sarebbe stato neanche consentito di andare in bagno e sarebbero stati costretti a firmare dichiarazioni in cui attestavano di essere caduti; ad Aprile 2020 quarantaquattro agenti di polizia penitenziaria della casa circondariale di santa Maria Capua Vetere ricevettero l’avviso di garanzia con il quale venivano informati di essere indagati del reato di tortura; sempre nel marzo del 2020 alcuni detenuti del carcere di Pavia sarebbero stati colpiti, insultati, privati degli indumenti e lasciati senza cibo. Per tali fatti è stato presentato un esposto alla Procura.

Conclusioni

Si tratta di fatti, quelli ora elencati, che non sarebbe stato possibile indagare e punire prima del 2017. Fatti gravissimi e ingiustificabili, che hanno visto, come soggetti attivi, dei tutori delle forze dell’ordine e, come soggetti passivi, dei detenuti condannati in via definitiva o in attesa di un giudizio all’interno di una struttura carceraria. Violenze consistite in trattamenti degradanti e disumani, commessi al solo fine di porle in essere e senza ricorrere, qualora necessario, a dinamiche, alternative e legittime, esistenti. Se dunque questa è la prevenzione dei reati, o meglio la dinamica di prevenzione dei delitti, a cui si richiama l’attuale governo quando propone di abrogare il reato di tortura,  ben venga, a parere di chi scrive, questa fattispecie di reato insieme alle elevatissime pene previste.

 
Pubblicato : 17 Gennaio 2024 11:11