Il pagamento delle tasse in Italia: tutto ciò che devi sapere
Come funziona il versamento dei tributi, chi deve fare la dichiarazione e cosa succede se non si rispettano le scadenze: la guida agli adempimenti fiscali.
Come funziona il pagamento delle tasse in Italia? Cerchiamo di spiegarti in modo semplice tutto ciò che devi sapere al riguardo, per orientarti al meglio nei tuoi comportamenti di contribuente – che è obbligato al versamento delle imposte e quindi deve conoscere gli adempimenti – ma anche nelle tue scelte di cittadino, che in quanto tale può e deve compiere le sue scelte di politica fiscale, esprimendo le sue preferenze al momento del voto, e dunque ha il diritto di interloquire in modo democratico sugli strumenti adottati dal Parlamento e dal Governo.
La normativa tributaria
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva; il sistema tributario è informato a criteri di progressività; nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Su imposte, tasse, tributi in genere (e relative sanzioni per chi non paga il dovuto entro i termini) la nostra Costituzione enuncia questi solenni e chiari principi, ma non aggiunge altro, lasciando al legislatore il compito di specificarli e di disciplinare tutta la complessa, e delicata, materia fiscale.
In realtà il nostro legislatore ha preso questo arduo compito molto scrupolosamente, e nel corso dei decenni si sono affastellate norme di dettaglio, a partire dai Testi Unici (sono più di uno) delle imposte sui redditi, di registro, delle successioni e donazioni ed altri tributi, per arrivare alla normativa specifica sull’Iva (che è anche dettata a livello europeo), le accise, i tributi doganali e, infine, quelli locali, come la tassa automobilistica, l’Imu e la Tari, dove la legge fissa solo i criteri generali, ossia il perimetro e la cornice (ad esempio, le aliquote massime Imu che i Comuni non possono superare).
Tutti questi provvedimenti talvolta risultano anche in contraddizione tra loro, e così spesso vengono integrati e specificati da circolari e altri provvedimenti emessi dalle Agenzie fiscali, a partire dall’Agenzia delle Entrate, che, pur essendo rivolte agli uffici, hanno acquisito una rilevanza pratica esterna, perché i contribuenti vogliono sapere innanzitutto come il Fisco interpreta una normativa che molte volte risulta poco chiara.
Imposte e tasse: una panoramica
Esiste una tale quantità di imposte e tasse vigenti in Italia, che rende necessario orientarsi con una breve panoramica generale. Esistono le imposte dirette, come l’Irpef, chiamate così perché colpiscono direttamente i redditi percepiti o prodotti, e le imposte indirette, come l’Iva, che invece badano alle concrete manifestazioni della ricchezza, mediante i consumi e le spese: anche in ciò, infatti, si manifesta quella «capacità contributiva» di cui parla la Costituzione.
Irpef
L’Irpef – Imposta sul reddito delle persone fisiche – ha come base imponibile tutti i redditi del contribuente nell’anno d’imposta, nelle loro diverse tipologie: di lavoro dipendente o autonomo, da terreni e fabbricati, di capitale e partecipazioni finanziarie, d’impresa, fino ad arrivare ai redditi diversi, una categoria residuale che comprende tutti i profitti non contemplati in uno specifico settore, compresi i proventi da attività illecite.
Le aliquote dipendono dagli scaglioni Irpef e così in base ad essi il prelievo fiscale aumenta al crescere del reddito, in modo da attuare il criterio di progressività stabilito dalla Costituzione: con l’ultima riforma, si parte dal 23% per i redditi fino a 15mila euro, si sale al 25% per quelli fino a 28mila euro, e infine si arriva al 43% per gli importi superiori a 50mila euro. Deduzioni e detrazioni previste dalla legge (come il lavoro dipendente, i carichi familiari e le spese sanitarie) possono diminuire l’imponibile e l’imposta dovuta (ad esempio, sulle spese per medicinali c’è una detrazione del 19%, ma con una franchigia di 129,11 euro).
Iva
L’Iva – acronimo di imposta sul valore aggiunto – è una tassa applicata sul prezzo di vendita della maggior parte di beni e servizi. L’aliquota ordinaria Iva è del 22%, ma sono previste aliquote inferiori ed agevolate, come quella del 4% sui generi alimentari di prima necessità e del 10% per i lavori edili e di ristrutturazione. Alcune operazioni sono soggettivamente o oggettivamente esenti dall’applicazione dell’Iva, ad esempio le prestazioni sanitarie rese da medici, infermieri e fisioterapisti, ma anche i giochi e le scommesse, che hanno una tassazione a parte.
Altri tributi
La platea degli altri tributi – erariali, e quindi con applicazione uniforme a livello statale, o locali, che dipendono dal territorio di riferimento – è vastissima e comprende, tra i più importanti:
le accise che vengono applicate su beni di largo consumo, come i carburanti, le bevande alcoliche ed i tabacchi, e vengono incorporate nel prezzo di vendita, di cui costituiscono una parte significativa;
- l’Ires (Imposta sul reddito delle società);
- l’imposta di registro dovuta sugli atti sottoposti, obbligatoriamente o volontariamente, a registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, come i contratti di comodato o di locazione aventi durata superiore a 30 giorni;
- l’imposta sulle successioni e donazioni, che è equiparata nei presupposti e nelle aliquote, per evitare una maggior convenienza fiscale delle donazioni rispetto all’attribuzione dei beni per successione ereditaria;
- l’imposta di bollo (normalmente pari a 16 euro ogni 4 facciate o comunque ogni 100 righe di contratto);
- le imposte ipotecarie e catastali per la trascrizione nei pubblici registri degli atti riguardanti beni immobili;
- il contributo unificato, una sorta di tassa per l’accesso alla giustizia (civile, amministrativa, tributaria e contabile), da cui sono esenti coloro che rientrano in determinati limiti di reddito e possono beneficiare del gratuito patrocinio;
- i tributi doganali sui beni importati in Italia e nell’Unione Europea da Paesi extra-Ue, come la Cina;
- le tasse universitarie e scolastiche;
- molti tributi locali, come il bollo auto, che è una tassa di possesso sui veicoli (anche se non circolanti), l’Imu (Imposta municipale unica, che riguarda gli immobili diversi dall’abitazione principale) e la Tari (Tassa sui rifiuti).
La dichiarazione dei redditi
In Italia vige il fondamentale principio dell’autoliquidazione delle imposte: nella stragrande maggioranza dei casi, è il contribuente a indicare la base imponibile ed a calcolarle, senza un intervento preventivo dell’Amministrazione finanziaria, mentre i casi in cui l’Ufficio impositore provvede alla liquidazione dei tributi sono limitati (ad esempio, per l’imposta di successione o la tassazione del Tfr) o successivi (come nel caso di omessa dichiarazione, in cui l’Agenzia quantifica e accerta l’importo dovuto, ma non versato, ed applica le sanzioni).
In questa prospettiva, la dichiarazione dei redditi rappresenta un adempimento fondamentale e irrinunciabile, salvo i casi espressi dei soggetti esonerati dalla sua presentazione. La dichiarazione serve per indicare ed esporre i redditi percepiti nell’anno d’imposta considerato e dunque a calcolare l’Irpef dovuta (e le relative addizionali, regionale e comunale, in base al luogo di residenza del contribuente). Il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi mediante modello 730 (il più diffuso ed utilizzato, per la sua semplicità) è, solitamente, il 30 giugno, anche se negli anni recenti vi sono stati differimenti sino al 30 settembre; il più articolato ed analitico modello Redditi si può presentare sino al 30 novembre.
La dichiarazione è considerata omessa quando sono trascorsi 90 giorni dalla data di scadenza utile per la presentazione, entro i quali è possibile fare una dichiarazione tardiva, mentre anche oltre tale termine si può inviare una dichiarazione integrativa per correggere eventuali errori o omissioni contenuti in quella già presentata.
I soggetti Iva sono tenuti anche a presentare la relativa dichiarazione Iva, che è l’ultimo degli adempimenti consecutivi e periodici che iniziano dalla fatturazione delle operazioni, proseguono con le annotazioni nei registri ed arrivano alla liquidazione periodica del tributo dovuto, con il suo versamento all’Erario in caso di Iva a debito.
Versamenti e scadenze fiscali
Il calendario fiscale prevede numerose scadenze periodiche per il pagamento delle tasse. I lavoratori dipendenti ed i pensionati che hanno un sostituto d’imposta subiscono le trattenute Irpef direttamente in busta paga, o sul cedolino della pensione, secondo i calcoli compiuti dal proprio datore di lavoro o reddito pensionistico. Spesso questi dati devono essere integrati in sede di dichiarazione, ad esempio per indicare redditi ulteriori o per far valere determinate detrazioni fiscali che non erano state considerate. Anche il conguaglio Irpef, sia a debito sia a credito, viene solitamente effettuato dal sostituto d’imposta nei mesi successivi (ad esempio, a luglio o ad agosto per chi ha presentato il 730 entro giugno).
Per l’Iva le scadenze dipendono dal regime fiscale prescelto dal contribuente, con la liquidazione periodica mensile o trimestrale, fermi restando i ristretti termini per l’invio delle fatture elettroniche al sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate. La dichiarazione annuale va presentata entro il 30 aprile.
Quasi tutte le tasse si versano con il modello F24, che è unificato per i vari tipi di imposte, comprese quelle locali, e la differenziazione avviene indicando lo specifico codice tributo al quale il pagamento è riferito. Il modello F24 può essere compilato e inviato in modo cartaceo e tradizionale, ad esempio in banca o all’ufficio postale, o in via telematica, tramite il sito web dell’Agenzia delle Entrate o un intermediario abilitato, come un commercialista o un Caf (Centro di assistenza fiscale).
Sanzioni per omesso versamento
Il mancato pagamento delle tasse entro i termini previsti dalle scadenze fiscali comporta l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, la cui entità è commisurata alla tipologia della violazione e alla durata del ritardo. Si parte dal 30% e, nei casi più gravi, si arriva al 240% dell’imposta evasa. È possibile attenuare queste conseguenze con il ravvedimento operoso, che prevede un notevole abbattimento delle sanzioni se il contribuente provvede spontaneamente ad eliminare l’inadempimento, prima che esso venga formalmente constatato dall’Amministrazione finanziaria.
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