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Il lavoratore diventato disabile può essere licenziato?

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(@mariano-acquaviva)
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La sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore che si trova in una condizione sopraggiunta di handicap giustifica il suo licenziamento?

Ogni lavoratore assunto alle dipendenze di un datore sottoscrive un contratto con cui si impegna a svolgere le mansioni che gli vengono assegnate, in cambio del pagamento della retribuzione mensile. Il venir meno ai propri doveri può giustificare il licenziamento, purché si tratti di inadempimento talmente grave da legittimare l’interruzione definitiva del rapporto lavorativo. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: il lavoratore diventato disabile può essere licenziato?

Mettiamo il caso che uno dei dipendenti, a causa di una patologia sopraggiunta, divenga inidoneo a svolgere le mansioni inizialmente attribuitegli. In un’ipotesi del genere, il datore può intimargli il licenziamento, atteso che non può più essere utile all’azienda? Vediamo cosa dice la giurisprudenza su questo specifico argomento.

Quando si può licenziare un lavoratore?

Secondo la legge, il datore può licenziare il proprio dipendente se questi si rende colpevole di inadempimento verso i propri doveri.

Tra questi ultimi non va ricompreso solo quello di svolgere le mansioni assegnate ma anche di rispettare gli altri obblighi derivanti dal rapporto lavorativo: si pensi, ad esempio, alle regole imposte dall’accettazione del codice di condotta aziendale.

Ciò significa che il dipendente, seppur ineccepibile dal punto di vista strettamente professionale, potrebbe essere licenziato per aver insultato il datore o i colleghi, ovvero per essersi reso responsabile di altra condotta riprovevole sul posto di lavoro, come ad esempio il furto di beni aziendali.

Si badi bene: non ogni tipo di inadempimento ai propri doveri giustifica il licenziamento. Il datore, infatti, ha a propria disposizione una serie di provvedimenti disciplinari che può applicare nei confronti del lavoratore inadempiente, senza necessariamente ricorrere al licenziamento vero e proprio.

Per fatti meno gravi, il datore potrebbe ad esempio ricorrere al mero rimprovero verbale, all’ammonizione scritta oppure alla multa, per giungere fino alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.

Licenziamento disciplinare e licenziamento per cause oggettive

Il licenziamento è disciplinare quando si rende necessario a seguito di una condotta del dipendente. Può essere di due tipi:

  • licenziamento per giustificato motivo soggettivo, allorquando l’inadempimento del lavoratore non è così grave da giustificare il recesso immediato del datore, il quale quindi deve concedere al proprio dipendente di continuare a lavorare per il periodo di preavviso stabilito dalla contrattazione collettiva;
  • licenziamento per giusta causa, che ricorre quando l’inadempimento del lavoratore è talmente grave da legittimare il licenziamento in tronco, senza rispetto del periodo di preavviso.

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, invece, non dipende da un inadempimento del dipendente ma da cause connesse alla gestione dell’attività aziendale nel suo complesso.

Parliamo, ad esempio, di situazioni di crisi economica d’impresa o di necessità associate a ristrutturazioni aziendali con conseguente venir meno delle mansioni a cui è assegnato il lavoratore e l’impossibilità di ricollocarlo in altre mansioni.

Il lavoratore divenuto disabile può essere licenziato?

Secondo la Corte di Cassazione [1], è illegittimo il licenziamento motivato da una sopravvenuta invalidità o disabilità che non era presente al momento dell’assunzione.

Se un dipendente subisce un’invalidità nel corso della propria carriera lavorativa, questo potrà essere licenziato soltanto nel caso in cui la malattia gli impedisca di svolgere la mansione per la quale era stato assunto e qualsiasi altro tipo di mansione all’interno dell’azienda.

In tal caso il lavoratore non avrebbe più capacità lavorativa, condizione che deve essere accertata da una commissione medica, la quale dovrà verificare l’aggravamento delle condizioni di salute del dipendente ed anche l’impossibilità di reinserimento dello stesso.

In buona sostanza, il lavoratore disabile non può essere licenziato per l’aggravarsi della sua situazione, a meno che l’inidoneità non sia rilevata dalla commissione medica competente.

La Corte di Cassazione è giunta a tali conclusioni anche più recentemente [2], stabilendo che nell’ordinamento giuridico italiano vige un tendenziale principio di divieto di licenziamento del lavoratore divenuto disabile, dovendo il datore cercare soluzioni organizzative e accorgimenti ragionevoli idonei a consentire al medesimo di svolgere la sua prestazione.

Per i giudici, il datore, in presenza della sopraggiunta disabilità del proprio dipendente, è tenuto ad attuare soluzioni ragionevoli che consentano al lavoratore di conservare il posto, eccezion fatta per l’ipotesi in cui tali soluzioni richiedano un onere finanziario sproporzionato.

Secondo la Cassazione, dunque, non costituisce un giustificato motivo oggettivo la ragione meramente economica della ridotta produttività del dipendente: il datore deve sempre attivarsi affinché il lavoratore possa rimanere all’interno dell’azienda, adeguando le mansioni a quelle che sono in grado di essere compiute dal dipendente.

 
Pubblicato : 1 Dicembre 2023 18:15