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Il giudice può imporre la psicoterapia di coppia?

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(@raffaella-mari)
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Quando il benessere dei figli è a rischio, il giudice può prescrivere un consulente di coppia o la mediazione familiare.

Quando una coppia con minori va incontro a una separazione, possono sorgere numerosi problemi e conflitti. Ma può un giudice imporre una psicoterapia di coppia per il bene dei figli? E quali potrebbero essere le conseguenze se uno dei genitori rifiuta di adeguarsi? A queste domande cercheremo di rispondere nel corso del seguente articolo. Verificheremo innanzitutto cosa succede se il giudice prescrive un percorso terapeutico ai genitori e quali sono le relative implicazioni legali di un eventuale diniego o sottrazione agli incontri. Poi confronteremo la psicoterapia di coppia con la nuova «mediazione familiare» inserita da una recente riforma nelle procedure di separazione e divorzio con figli. Ma procediamo con ordine.

Un giudice può imporre un percorso terapeutico ai genitori?

Come noto la nostra Costituzione vieta i trattamenti sanitari senza il consenso del paziente, salvo quando ne possa derivare un pericolo per la collettività (in tal caso si procede con il cosiddetto TSO).

Proprio alla luce di questo principio, la Cassazione con sentenza n. 13506/2015 ha detto che la prescrizione di un percorso psicoterapeutico individuale e di sostegno della genitorialità da seguire in coppia esula dai poteri del giudice investito della controversia sull’affidamento dei figli minori, anche se viene disposta con la finalità del superamento di una condizione di immaturità della coppia genitoriale che impedisce un reciproco rispetto dei rispettivi ruoli.

Mentre, infatti, la previsione del mandato conferito ai Servizi sociali resta collegata alla possibilità di adottare e modificare i provvedimenti concernenti la prole minore, la prescrizione ai genitori di un percorso psicoterapeutico è connotata da una finalità estranea al giudizio, quale quella di realizzare una maturazione personale dei genitori, che la legge affida al loro diritto individuale di scelta e di autodeterminazione.

L’assolutezza del principio enunciato dalla Cassazione è stata mitigata dai tribunali.

Ad esempio, il Tribunale di Milano (con sentenza del 15 luglio 2015) ha, da un lato, riconosciuto come illegittima la prescrizione ai genitori di un percorso psicoterapeutico individuale di sostegno della coppia in quanto lesiva del diritto individuale alla libertà personale garantito dalla Costituzione (art. 32 Cost.); ma, dall’altro lato, il giudice mantiene il potere di disporre percorsi di supporto anche di tipo psicologico e terapeutico per il minore se ritenuti necessari a tutela del percorso di sana crescita del minore stesso, soprattutto se le statuizioni sono fondate sulla base di valutazioni tecniche di esperti nominati dal giudice.

Compito del magistrato è infatti adottare tutti i provvedimenti a tutela del figlio minore, se necessario, come spesso accade, anche in sostituzione dei genitori. Comunque — proseguono i giudici milanesi —la libertà personale e di autodeterminazione e di scelta circa la propria salute dell’individuo incontra pur sempre un limite nel diritto del minore ad un percorso di sana crescita, diritto che trova anch’esso riconoscimento nella Costituzione e nelle Convenzioni comunitarie ed internazionali. È compito del Tribunale assicurare tale diritto attraverso provvedimenti incidenti sull’esercizio e/o sulla titolarità della responsabilità genitoriale.

Che succede se uno dei genitori rifiuta la terapia di coppia?

Se un genitore rifiuta di intraprendere la terapia prescritta dal giudice, può incorrere in serie conseguenze legali. Il rifiuto può essere interpretato come un segnale di immaturità, un indizio che il genitore non è disposto a risolvere i problemi che stanno mettendo a rischio il benessere dei figli. Alla luce di ciò, secondo una interessante sentenza del tribunale di Roma n. 9630/16, il genitore rinunciatario potrebbe persino perdere la responsabilità genitoriale. Sicché il tribunale potrebbe disporre l’affidamento esclusivo del minore.

Dunque, durante il processo di separazione, il giudice può stabilire che entrambi i genitori devono garantire la comunicazione tra i figli e l’altro genitore, anche quando i figli sono in custodia presso di loro. Questo può avvenire attraverso contatti telefonici o via Skype.

Cos’è la mediazione familiare?

La riforma della giustizia civile approvata a dicembre 2022 (meglio nota come «Riforma Cartabia»), ha introdotto l’istituto della mediazione familiare. Essa prevede l’incontro tra genitori e un mediatore, che non è un medico ma un soggetto esperto nella composizione della crisi coniugale. Il nuovo articolo 337 octies del codice civile dispone in particolare che, se il giudice ne ravvisa l’opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, ha la possibilità di rinviare l’adozione dei provvedimenti relativi ai figli per dare la possibilità ai coniugi di ricorrere all’aiuto di esperti e tentare una mediazione al fine di raggiungere un accordo finalizzato alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.

In questo modo si tenta di favorire un processo di auto maturazione dei genitori che non vengono sottoposti a un esame medico ma al consiglio di un esperto in composizione della crisi familiare. Il tutto al fine di attuare il miglior interesse per i figli.

Non si può far ricorso alla mediazione familiare però se la crisi della coppia è stata determinata da situazioni di violenza.

 
Pubblicato : 20 Giugno 2023 12:45