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Il figlio riconosciuto in ritardo ha diritto al risarcimento?

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(@adele-margherita-falcetta)
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Filiazione fuori dal matrimonio e ritardo nel riconoscimento da parte del genitore: possibile risarcimento del danno.

Il diritto di un figlio ad essere riconosciuto dal proprio genitore è una questione delicata e complessa, specie nei casi in cui il riconoscimento avviene in età avanzata. Si pensi al caso emblematico di un giovane, nato da una relazione clandestina, che viene riconosciuto dal padre solo durante i suoi anni universitari. Probabilmente la mancanza di un padre è stata per lui fonte di sofferenza, perché ha confrontato la sua situazione con quella di tanti coetanei, e ha dovuto sostenere dei sacrifici economici insieme a sua madre, costretta a crescerlo da sola. A questo punto ci si può chiedere se il figlio riconosciuto in ritardo ha diritto al risarcimento. Analizzando la normativa vigente e le più recenti sentenze, questo articolo si propone di esaminare le implicazioni legali di una tale situazione, valutando se e in che misura il figlio possa avanzare pretese risarcitorie nei confronti del genitore che ha omesso per anni di riconoscerlo.

Come si riconosce un figlio?

La normativa italiana, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 219/2012, ha eliminato ogni differenza di trattamento tra figli nati all’interno o all’esterno del matrimonio, attribuendo loro lo stesso status giuridico. Questo cambiamento implica che la responsabilità di prendersi cura dei figli e di contribuire al loro sostentamento spetta a entrambi i genitori, indipendentemente dal loro stato civile o dalla presenza di un legame affettivo.

In situazioni dove un figlio non viene riconosciuto alla nascita, il sistema legale italiano prevede strumenti specifici per tutelarne i diritti. Essi sono:

  • la possibilità di un riconoscimento spontaneo da parte del genitore (art. 250  cod. civ.), effettuabile con una dichiarazione presso l’ufficiale di stato civile del luogo di nascita, davanti a un notaio o per testamento (art. 254 cod. civ.);
  • l’accertamento giudiziale della paternità o della maternità (art. 269 cod. civ.). Quest’ultima opzione può essere attuata su richiesta del figlio, del genitore  che esercita la responsabilità genitoriale o del tutore, e il Tribunale emette un giudizio basato su una varietà di prove, anche se non sempre è necessario un test del DNA.

Infine, la legge stabilisce chiaramente che anche se un genitore non ha riconosciuto il figlio alla nascita o in un periodo successivo, ciò non lo libera dai suoi obblighi parentali. Questo genitore può essere portato in giudizio per richieste di mantenimento o per richieste risarcitorie.

Da quando decorre l’obbligo di mantenere il figlio riconosciuto?

L’art. 30 Cost. stabilisce che i genitori hanno il dovere e il diritto di mantenere, educare e istruire i propri figli, indipendentemente dal fatto che questi siano nati all’interno o all’esterno del matrimonio. Questo principio è pienamente integrato nel nostro sistema giuridico (art. 147 e 315 bis cod. civ.), richiedendo che i genitori si facciano carico degli aspetti morali e materiali della crescita dei figli, in linea con le loro capacità economiche.

Secondo la giurisprudenza, è ormai consolidato che i figli hanno il diritto di essere mantenuti dai genitori fino a quando non raggiungono l’autosufficienza economica (art. 337 septies cod. civ.; Corte di Cassazione, sentenza n. 27377/2013). Tuttavia, il punto più complesso da definire è l’effettivo inizio dell’obbligo di mantenimento, specialmente in casi di riconoscimento tardivo del figlio.

La giurisprudenza ha sviluppato diverse interpretazioni riguardo alla natura del riconoscimento e all’inizio dell’obbligo di mantenimento. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di mantenimento dei genitori esiste dal momento della nascita del figlio, indipendentemente da eventuali richieste legali (tra molte, sentenza n. 9059/2017).

Il genitore che si è occupato della crescita del figlio può intraprendere un’azione legale per ottenere il rimborso delle spese sostenute: infatti l’obbligo di mantenimento inizia dalla nascita del figlio, indipendentemente dal successivo accertamento legale della paternità o maternità.

Gli obblighi di mantenimento sono condivisi tra i genitori, e chi ha sostenuto l’intero importo ha il diritto di richiedere in giudizio la parte dovuta dall’altro genitore, esercitando la cosiddetta azione di regresso (art. 1299 cod. civ.). La mancata osservanza di questi obblighi può costituire non solo una base per una richiesta risarcitoria, ma anche il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 bis cod. pen.).

La Corte di Cassazione ha ribadito che la possibilità di configurare tale reato si estende anche ai figli nati fuori dal matrimonio (sentenza n. 8297/2019).

Figlio riconosciuto in ritardo: è dovuto il risarcimento?

A questo punto si può concludere che il figlio riconosciuto in ritardo ha diritto al risarcimento. L’azione risarcitoria nel contesto familiare è ampiamente riconosciuta sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, in particolare per quanto riguarda il cosiddetto illecito endofamiliare, che emerge in seguito alla violazione degli obblighi familiari e delle condotte che ledono diritti tutelati dalla Costituzione, inclusa la mancata osservanza dell’obbligo di mantenimento.

Nel caso in cui un figlio cresca privo del sostegno di un genitore, subisce inevitabilmente danni non solo economici, ma anche morali, psicologici e di perdita di opportunità, come quella di raggiungere una posizione sociale paragonabile a quella del genitore assente (Corte di cassazione, sentenza n. 5652/2012). Il diritto a un risarcimento del danno nasce quindi da comportamenti illeciti quali l’indifferenza verso il figlio o la mancata adempienza degli obblighi di mantenimento, educazione e formazione. Questi comportamenti sono ormai considerati come forme di responsabilità civile extracontrattuale (art. 2043 cod. civ.).

Sia il figlio che il genitore che lo ha cresciuto hanno il diritto di avanzare una richiesta di risarcimento. L’onere della prova spetta a questi ultimi; per esempio, possono essere presentate in giudizio prove testimoniali che attestino la consapevolezza del padre biologico riguardo all’esistenza del figlio. Quanto alla quantificazione del risarcimento, sarà il giudice a stabilirne l’ammontare, basandosi su un criterio equitativo e tenendo conto delle condizioni di vita effettive del figlio, delle opportunità mancate e delle prove raccolte durante il processo.

 
Pubblicato : 11 Febbraio 2024 14:15