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Il dipendente ostruzionista può essere il licenziamento?

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(@adriano-spagnuolo-vigorita)
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L’azienda può mandare a casa e risolvere il contratto di lavoro al dipendente che assume atteggiamenti di ostruzionismo?

Trovare mille scuse per scansarsi qualche fatica ritenuta «di troppo» è, oramai, una prassi diffusa: com’è noto, si tende marcatamente a stravolgere il dettato costituzionale e legislativo, conferendo importanza unicamente ai diritti e giammai ai doveri.

Un siffatto ragionamento induce spesso a svolgere la propria mansione…quanto basta, pronti a mettersi sul piede di guerra ogniqualvolta venga richiesto un impegno maggiore.

Ebbene, a quali conseguenze va incontro il dipendente che, forse per ripicca, o anche solo per dir la sua, pone in essere atteggiamenti di ostruzionismo suscettibili di danneggiare l’azienda? Si può licenziare? La risposta è contenuta nei paragrafi seguenti.

Cos’è il lavoro dipendente? 

La definizione di «lavoratore» (subordinato o, altrimenti, dipendente) è contenuta nell’articolo 2094 del Codice Civile, che definisce tale quel soggetto che, dietro un corrispettivo detto «retribuzione», si obbliga a prestare una determinata attività alle dipendenze e sotto la direzione di un’altra persona (che può essere un privato, un’azienda od una Pubblica Amministrazione).

La Costituzione Italiana, in virtù del principio di solidarietà di cui all’art. 2, contiene una serie di previsioni finalizzate a tutelare la dignità di chi lavora: tra queste, ad assumere maggior rilievo è senz’altro l’art. 36 Cost., ove è espressamente sancito il diritto, in capo al prestatore, ad essere retribuito in proporzione vuoi alla qualità, vuoi alla quantità del lavoro svolto in favore d’altri, cosicché questi, unitamente alla sua famiglia, possa condurre una vita dignitosa.

C’è poi da evidenziare che ambedue le parti debbono comportarsi in modo conforme ai canoni di correttezza e buona fede, mentre grava unicamente sul datore l’obbligo di assicurare, sul luogo di lavoro, l’incolumità fisica e la personalità morale del dipendente (art. 2087 c.c.), la qual cosa implica che egli dovrà tanto vigilare affinché il dipendente non si faccia male – e, soprattutto, che la prestazione non si riveli per lui letale -, quanto fare in modo che l’onore e la dignità di costui non siano oggetto di lesione.

Leggendo in combinato disposto la statuizione richiamata poco fa e l’art. 2094 c.c., risulta più che agevole avvedersi che il contratto di lavoro è sinallagmatico (cioè, è a prestazioni corrispettive): infatti, se, da una parte, il lavoratore deve impegnarsi al massimo nello svolgimento della prestazione dall’altro la controparte è tenuta sia a retribuirlo sia a salvaguardarne l’integrità fisica e la dignità morale.

Cosa vuol dire «insubordinazione»?

Il dovere di obbedienza è senza dubbio uno dei connotati principali dello status di dipendente: in ottemperanza al dettame dell’articolo 2104 del Codice Civile, esso si sostanzia nell’eseguire tutto quanto ordinato dal datore e/o dai superiori gerarchici, sempreché siano conformi al disposto delle leggi: esemplificando, Douglas, assunto come lavapiatti presso il ristorante di proprietà di James, sarà sì tenuto ad osservare le disposizioni che questi gli impartisce (ad esempio, far brillare a dovere ogni stoviglia), ma ben potrebbe rifiutarsi, qualora il datore gli ordinasse espressamente di lanciare piatti a mo’ di frisbee contro i clienti che fuggono senza pagare.

Il disattendere tale obbligo, comporta l’irrogazione, nei confronti del prestatore, di una sanzione disciplinare (che può consistere, nei casi di maggior gravità, nel licenziamento per giusta causa ex art. 2119) [1].

Da quanto argomentato può, dunque, concludersi che la condotta insubordinata è ravvisabile, basilarmente, ogniqualvolta il lavoratore non esegua gli ordini leciti del «capo» che siano essenziali per il funzionamento della cosiddetta «macchina aziendale».

L’ostruzionismo del dipendente va punito col licenziamento? 

Tenere comportamenti improntati all’ostruzionismo può esporre il lavoratore ad un grosso rischio, poiché essi costituiscono sovente una forma d’insubordinazione grave: difatti, stando alla tesi prospettata dalla giurisprudenza prevalente [2], il concetto di subordinazione non si limita a designare la disobbedienza ai propri superiori, ma si estendead ogni condotta che leda il prestigio e l’onore dell’azienda tutta. Rifiutarsi di ottemperare ad un ordine di eseguire una prestazione necessaria affinché l’azienda possa garantire regolarità nei servizi offerti rappresenta, pertanto, una giusta causa di licenziamento.

Il ricorso ad un esempio può senz’altro aiutare a far luce sul tema: Rigoletto, prestante servizio in seno alla Puzzalotti S.p.A., società di raccolta e smaltimento rifiuti partecipata dal Comune di Bollidori, viene a conoscenza della decisione, assunta dai vertici aziendali, di nominare caposquadra non lui – che vi lavora ormai da anni -, ma Radamès – assunto da poco, ma con precedenti in un’altra società del medesimo settore -, dunque inizia tanto ad addurre mille scuse per non svolgere i lavori di spazzamento quanto (cosa ben più grave) ritardando lo scarico dell’immondizia presso gli appositi centri di conferimento, esponendo la Puzzalotti a sanzioni d’ingente portata.

In virtù di quanto brevemente esposto, si può concludere che Rigoletto, con i suoi capricci da persona immatura, ha cagionato un danno non indifferente alla società presso cui lavora: come ha precisato di recente la Corte di Cassazione [4], il grave e consapevole inadempimento dei propri poteri lavorativi, connotato da matrice ostruzionistica, che arrechi serio nocumento all’azienda è punibile col licenziamento senza preavviso.

 
Pubblicato : 8 Luglio 2024 12:30