Il convivente more uxorio ha diritto alla reversibilità?
I diritti di carattere economico di chi convive senza essere sposato: cosa succede alla pensione in caso di morte del partner.
Luigi e Federica, conviventi da oltre dieci anni, discutono i loro piani per il futuro. La loro vita insieme è un mosaico di momenti condivisi, progetti comuni e supporto reciproco. Tuttavia, una domanda sorge inaspettatamente nella loro conversazione: “Cosa succederebbe se uno di noi due dovesse mancare improvvisamente?” Questa domanda ne porta con sé un’altra: “Il convivente more uxorio ha diritto alla reversibilità?” Questa questione solleva una serie di considerazioni legali e sociali, mettendo in luce la necessità di esplorare i diritti e le protezioni per coloro che scelgono forme di convivenza alternative al matrimonio tradizionale. Nel contesto giuridico italiano, la risposta a questa domanda si articola attraverso l’analisi della normativa vigente e delle interpretazioni giurisprudenziali, offrendo uno spaccato della realtà sociale attuale e dei suoi risvolti legali.
Cos’è la pensione di reversibilità?
Il beneficio noto come pensione di reversibilità è un sostegno economico destinato al partner sopravvissuto e agli altri beneficiari legittimi dopo il decesso di un pensionato. Essa è pari a una certa percentuale della pensione già percepita dal defunto.
Possono aver diritto alla reversibilità, oltre al coniuge, anche i figli, i nipoti, i genitori, i fratelli e le sorelle del pensionato defunto. Le percentuali spettanti a ognuno variano secondo il rapporto di parentela con quest’ultimo e secondo che siano o meno presenti altri beneficiari.
Questo beneficio è esteso anche al coniuge sopravvissuto in casi di separazione o divorzio (a condizione che riceva un assegno divorzile e non si sia risposato), oltre che in situazioni particolari quali:
- convivenza in unione civile;
- convivenza di fatto registrata presso il Comune.
Al partner di un’unione civile spetta la reversibilità?
A partire dal 2016, le coppie in unione civile hanno acquisito il diritto di ricevere la pensione di reversibilità in seguito al decesso di uno dei partner. Questo cambiamento è stato reso possibile grazie all’adozione della cosiddetta “legge Cirinnà” (legge n. 76/2016), che regola le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze. Essa ha concesso alle coppie omosessuali la possibilità di formalizzare il loro rapporto di affetto, conferendogli un riconoscimento legale con diritti e doveri paragonabili a quelli del matrimonio, compresa la tutela in caso di decesso di uno dei partner.
In virtù di ciò, dal 2016, le coppie che hanno formalizzato la loro relazione attraverso un’unione civile possono beneficiare delle prestazioni pensionistiche, incluse quelle relative alla pensione di reversibilità. In questo contesto, è opportuno ricordare che, poco dopo l’introduzione della legge Cirinnà, l’Inps ha chiarito, tramite il messaggio n. 5171/2016, che le coppie in unione civile hanno diritto alla predetta pensione senza restrizioni.
È da notare che la legge Cirinnà non ha effetto retroattivo. Tuttavia, a partire dalla sua entrata in vigore, avvenuta il o5/06/2016, c’è stata un’apertura crescente da parte dei Tribunali riguardo al riconoscimento della pensione di reversibilità per le coppie omosessuali anche per periodi precedenti (vedi, ad esempio, la sentenza del Tribunale di Foggia n. 4203/2019).
Come si regolarizza una convivenza di fatto?
È possibile dare un riconoscimento legale a una convivenza non coniugale, tra persone di sesso diverso, attraverso una dichiarazione presso l’ufficio anagrafe del proprio Comune di residenza.
I conviventi devono attestare di formare una coppia stabile e di vivere insieme nella stessa abitazione. Tale dichiarazione può essere effettuata personalmente davanti all’ufficiale d’anagrafe, oppure inviata via fax o attraverso canali telematici. Questo processo consente ai conviventi di ottenere il certificato di stato di famiglia.
Secondo quanto stabilito dalla Legge Cirinnà, ai conviventi di fatto sono riconosciuti specifici diritti, come quello di visitarsi reciprocamente in caso di malattia, l’assistenza reciproca, l’accesso alle informazioni personali del partner, la facoltà di designare il partner come proprio rappresentante legale e il diritto di permanere nell’abitazione condivisa in caso di decesso del partner proprietario dell’immobile.
Non è obbligatorio registrare una convivenza di fatto presso l’anagrafe. Se i conviventi scelgono di non registrare la loro relazione, pur essendo questa stabile e duratura, si parla di una convivenza di fatto non formalizzata. Come sottolineato anche da recenti sentenze giurisprudenziali, in questi casi i conviventi formano una coppia di fatto, ma non beneficiano dei diritti associati alle convivenze di fatto ufficialmente registrate.
Al convivente di fatto spetta la reversibilità?
Il convivente more uxorio ha diritto alla reversibilità? La risposta è negativa, come confermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, con ordinanza n. 8241/2022, si è pronunciata suo caso di due conviventi, dei quali uno era deceduto prima dell’entrata in vigore della legge Cirinnà, non potendo così formalizzare l’unione presso il Comune. La Corte ha negato, in tale situazione, il diritto alla reversibilità al partner superstite. Ciò in forza della irretroattività della suddetta legge, che pertanto non poteva spiegare i propri effetti rispetto a una situazione anteriore.
Tale pronuncia comporta una logica deduzione: se la reversibilità spetta a coloro che hanno regolarizzato la loro unione presso l’anagrafe del Comune dopo l’entrata in vigore della legge Cirinnà, non spetta ai partner di coppie che non hanno provveduto a tale adempimento.
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