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I presupposti per l’assegnazione della casa familiare

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(@mariano-acquaviva)
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Quali elementi il giudice prende in considerazione per stabilire a chi assegnare la casa coniugale a seguito della separazione o del divorzio?

Quando marito e moglie si separano il giudice deve decidere, tra le altre cose, chi resterà in casa e chi, invece, sarà costretto ad andare via. Si tratta di una scelta che compete al magistrato ogni volta che i coniugi non hanno raggiunto un accordo. Quali sono i presupposti per l’assegnazione della casa familiare?

Sin da subito va detto che tale decisione è svincolata dalla proprietà formale dell’immobile. Ciò significa che il giudice potrebbe attribuire la casa al coniuge che non ne è titolare, con buona pace di chi, invece, vanta un formale titolo su di essa. Approfondiamo la questione.

Cos’è la casa familiare?

Per “casa familiare” si intende l’abitazione in cui i coniugi hanno fissato la propria residenza comune. In pratica, si tratta dell’immobile in cui marito e moglie avevano la dimora abituale.

Casa familiare: deve essere di proprietà dei coniugi?

Casa familiare è qualsiasi immobile in cui i coniugi hanno convissuto. Pertanto, può considerarsi tale anche l’immobile di proprietà di uno solo di essi oppure addirittura di proprietà di terzi: è il tipico caso dei coniugi che vivevano in affitto o in comodato.

A chi spetta la casa familiare?

Secondo la legge, a seguito della separazione il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli [1].

Ed infatti, l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli minorenni o con il quale i figli maggiorenni convivono.

Anche nel caso di affido condiviso, infatti, bisogna scegliere il genitore con cui i figli continueranno a vivere. È in base a questa scelta che viene determinata l’assegnazione della casa familiare, la quale è quindi attribuita al genitore collocatario, cioè quello presso cui la prole manterrà la residenza.

La giurisprudenza ritiene infatti che l’assegnazione abbia come presupposto la tutela della conservazione dell’habitat familiare per i figli minori ed economicamente non autosufficienti conviventi con il genitore assegnatario.

Assegnazione casa familiare: il giudice tiene conto dei redditi?

Secondo la legge, dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori.

In applicazione di questo principio, la Corte di Cassazione [2] ha stabilito che, nella quantificazione dell’assegno di mantenimento, deve attribuirsi rilievo anche all’assegnazione della casa familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela esclusiva della prole, rappresenta un’utilità suscettibile di apprezzamento economico.

Grazie all’assegnazione, infatti, il coniuge acquisisce il godimento esclusivo dell’immobile, anche nell’ipotesi in cui lo stesso sia di proprietà di terzi, tant’è vero che il provvedimento del giudice può essere trascritto in conservatoria per essere opposto agli altri.

Sempre secondo la Corte di Cassazione [3], il giudice può legittimamente imporre a carico di un genitore, quale modalità di adempimento dell’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli, il pagamento delle rate del mutuo contratto per l’acquisto della casa familiare.

Tutto ciò per dire che l’assegnazione della casa familiare ha concreti risvolti economici sui rapporti tra i coniugi, potendo impattare sull’importo dovuto a titolo di mantenimento.

A chi spetta la casa familiare se non ci sono figli?

In assenza di figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, la casa familiare deve essere assegnata al coniuge che ne è proprietario.

Secondo la giurisprudenza [4], il provvedimento di assegnazione della casa coniugale è subordinato alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori.

Pertanto, la domanda di assegnazione della casa familiare può essere avanzata solo in presenza di figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, al fine di garantire loro una continuità di vita nel medesimo ambiente e, dunque, al fine di evitare ulteriori traumi oltre a quello conseguente alla disgregazione del nucleo familiare.

Di conseguenza, detta domanda va rigettata qualora dall’unione coniugale non sono nati figli e, pertanto, non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda [5].

Assegnazione casa coniugale: quali sono i presupposti?

Alla luce di quanto detto sinora possiamo affermare che l’unico vero presupposto per l’assegnazione della casa coniugale è l’affido dei figli, in quanto l’abitazione spetta al genitore collocatario.

Secondo la Cassazione [6], l’assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, è finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta; per cui, anche nell’ipotesi in cui l’immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all’imprescindibile presupposto dell’affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti.

Tanto è confermato dal fatto che, secondo la giurisprudenza, la domanda di assegnazione della casa coniugale senza figli non può essere accolta.

Non sono invece rilevanti le condizioni reddituali dei coniugi, pur l’assegnazione incidendo sull’eventuale contributo economico che l’uno dovrà versare all’altro.

 
Pubblicato : 23 Settembre 2023 17:15