Quali sono i diritti dei nonni nei confronti dei nipoti nel caso in cui i genitori si separino o divorzino. Si possono costringere i bambini a vedere il ramo della famiglia del padre?

I nipoti possono rifiutarsi di vedere i nonni e, in tal caso, li si può costringere? La domanda sorge spontanea tutte le volte in cui, in presenza di una coppia di genitori separati o divorziati, i nonni di uno dei genitori (quello non convivente) si trovano di fatto estromessi dalla vita dei bambini. 

I rapporti nonni-nipoti vengono disciplinati dall’articolo 317 bis del nostro codice civile ove si prevede che «gli ascendenti [ossia i nonni] hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni». Una volta compiuti i 18 anni, invece, sono i nipoti a scegliere se e quando incontrare i nonni, non potendo essere costretti né da questi ultimi, né dai genitori.  

Questa norma però non sancisce un vero e proprio diritto incondizionato dei nonni a vedere i nipoti. Gli incontri devono essere sempre mediati dai relativi genitori, i quali però non possono decidere arbitrariamente di separare i bambini dai parenti più anziani, anche se si tratta del ramo del genitore non collocatario (di solito il padre). 

Ecco perché proprio di recente la Cassazione ha detto che i bambini non possono essere costretti a vedere i nonni. E ciò perché il diritto degli ascendenti non può assolutamente prevalere sull’interesse dei minori, che non possono e non devono subire costrizioni. Tutt’al più si possono prevedere degli incontri mediati da consulenti, mediatori o servizi sociali per garantire il mantenimento dei “solidi legami” con le famiglie di entrambi i genitori. 

Esaminando le norme del codice civile, la Cassazione ha innanzitutto chiarito che l’intervento del giudice in questo ambito deve tenere conto del fatto che la legge, nel riconoscere ai nonni un vero e proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, non prevede che si tratti di un diritto incondizionato, ma ne subordina l’esercizio e la tutela, a fronte di contestazioni o comportamenti ostativi di uno o entrambi i genitori, a una valutazione del giudice avente di mira l’esclusivo interesse del minore. Il tribunale deve tendere cioè a realizzare un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore, nell’ambito del quale possa trovare spazio anche un’attiva partecipazione dei nonni, quale espressione del loro coinvolgimento nella sfera relazionale e affettiva del nipote.

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In altri termini, non è il minore a dovere offrirsi per soddisfare il desiderio dei suoi nonni a frequentarlo, sempre comunque che non ne subisca un “reale pregiudizio”, ma è il nonno a dovere cooperare nella realizzazione del progetto educativo e formativo del minore, se e nella misura in cui questo suo coinvolgimento possa non solo arricchire il suo patrimonio morale e spirituale, ma anche contribuire all’interesse del discendente. Detto in parole più povere, i nonni non possono imporre al nipote di frequentarli ma devono comprendere le ragioni del loro dissenso, andarne al fondamento e cooperare per rimuoverle nel modo più sereno possibile. Il tutto per il bene del minore. E a questo sforzo il genitore collocatario non può opporsi. 

Non poche volte la giurisprudenza ha stabilito che i nonni hanno diritto a vedere i nipoti solo nei confronti dei genitori (i quali non possono opporsi), ma non nei confronti dei nipoti stessi: se infatti il giudice ritiene che la visita dei nonni può costituire un pregiudizio per la sana crescita dei minorenni, può vietarla.

In un noto caso la Cassazione [2] ha rigettato la richiesta di un nonno di vedere i nipoti, dalla cui quotidianità era stato escluso dai relativi genitori, perché nel corso del giudizio erano emersi alcuni suoi inquietanti comportamenti come appostamenti e inseguimenti in auto, tali da causare situazioni di disagio dei nipoti. 

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