I libretti postali vanno dichiarati nel 730?
Come funziona la tassazione degli interessi accreditati da Poste Italiane; quando si paga il bollo; cosa deve fare il contribuente; quando le somme depositate entrano nel calcolo dell’Isee.
Quando si arriva a ridosso della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi sorgono una quantità di dubbi ed incertezze dell’ultima ora. Una delle domande più ricorrenti che i contribuenti si pongono, per evitare di sbagliare la compilazione, è questa: i libretti postali vanno dichiarati nel 730?
Libretti di risparmio postale: come funzionano
I libretti di risparmio postale sono emessi dalla Cassa depositi e prestiti e sono garantiti dallo Stato; in ciò si differenziano dagli analoghi libretti di risparmio emessi dalle banche. Servono essenzialmente per versare in deposito somme di denaro, che possono essere prelevate successivamente. Molti usano il libretto postale anche per ricevere l’accredito della pensione o, in casi particolari anche dello stipendio, se il libretto è collegato ad un conto corrente del medesimo intestatario e dunque è dotato di Iban.
I libretti postali sono obbligatoriamente nominativi (fino al 2017 esistevano quelli al portatore) e possono essere cointestati tra più persone, fino a un massimo di quattro, ma nessun cointestatario può essere una persona minorenne.
Esistono i libretti postali emessi nella tradizionale forma cartacea, ed i libretti postali dematerializzati, che vengono utilizzati mediante una “Carta libretto“, fornita da Poste Italiane, che può essere utilizzata come un bancomat, per prelevare o versare somme di denaro presso gli sportelli Postamat.
Attualmente esistono due tipi di libretti postali, ed entrambi sono senza costi di apertura e di gestione (e questo è un vantaggio rispetto ai conti correnti): il libretto ordinario, che frutta interessi in misura minima (solo lo 0,001%) ed il libretto Smart, che richiede di tenere vincolate le somme depositate, con un minimo di 1.000 euro, per almeno 180 giorni, e riconosce interessi dell’1,50% annuo.
Come sono tassate le somme depositate su un libretto postale?
In realtà la tassazione delle somme depositate su un libretto postale è duplice: premesso che il risparmio – e dunque il capitale versato sul libretto – non è soggetto ad imposizione fiscale, esiste una tassazione degli interessi, che rientrano tra i redditi di capitale soggetti ad Irpef, e c’è anche l’imposta di bollo dovuta sul rapporto di deposito, analogamente a quanto avviene per i conti correnti bancari.
Precisamente, sugli interessi maturati sul libretto nel periodo considerato – che coincide con l’intero anno solare, o per periodi più brevi, in caso di chiusura anticipata del libretto – il prelievo fiscale avviene con applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, con aliquota pari al 26%.
È la medesima tassazione prevista per le ordinarie rendite delle attività finanziarie, che si applica alle plusvalenze, ossia agli incrementi del capitale depositato o investito, ottenute mediante incasso delle cedole, degli interessi e dei dividendi, o attraverso la vendita delle azioni e obbligazioni ad un prezzo maggiore di quello di acquisto o di sottoscrizione.
Si tratta di un prelievo fiscale maggiore rispetto a quello previsto per i titoli di Stato ed i buoni postali fruttiferi, che avviene con un’aliquota agevolate del 12,50% (per conoscere meglio le varie forme di risparmio postale, leggi “Come investire soldi in posta“.
L’imposta di bollo sui libretti postali è dovuta, in misura pari a 34,20 euro all’anno, solo quando l’ammontare della giacenza media annua complessiva di tutti i libretti aventi il medesimo intestatario supera i 5.000 euro.
I libretti postali vanno inseriti in dichiarazione dei redditi?
I libretti postali non devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi, né quando essa avviene con il modello 730 né quando si compila il modello Redditi, perché la tassazione di cui abbiamo parlato avviene alla fonte, a cura di Poste Italiane che opera la ritenuta dalla somma depositata sul libretto e versa l’importo all’Erario, agendo in qualità di sostituto d’imposta. Perciò l’intestatario del libretto postale è totalmente esente da obblighi dichiarativi delle somme depositate.
L’Agenzia delle Entrate conosce in partenza l’esistenza dei libretti postali, grazie alle informazioni contenute nell’archivio dei rapporti bancari e finanziari, che è parte integrante dell’Anagrafe Tributaria e viene integrato dalle comunicazioni periodicamente fornite dagli istituti di credito e da Poste Italiane. In altre parole, il Fisco sa chi possiede un libretto postale, così come conosce chi ha un conto corrente.
I libretti postali entrano nel calcolo dell’Isee?
In ogni caso, le giacenze medie annue depositate sui libretti postali rilevano ai fini dell’Isee, e devono essere riportate nella Dsu (Dichiarazione sostitutiva unica), necessaria per calcolare l’indicatore della situazione economica equivalente.
Come conoscere la giacenza media del libretto postale? Se hai un libretto in formato cartaceo, devi recarti allo sportello dell’ufficio postale e compilare il modulo di richiesta; l’impiegato ti rilascerà la relativa attestazione. Se invece possiedi un libretto dematerializzato, puoi consultare, sul sito di Poste Italiane, nella sezione “Documenti e contratti” all’interno dell’area riservata, l’informazione di interesse.
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