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Gli eredi possono impugnare il riconoscimento di paternità?

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(@angelo-greco)
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Una disamina sulla decisione della Cassazione riguardante l’impugnazione del riconoscimento di paternità da parte degli eredi.

Cos’è più importante: il legame affettivo che si crea tra due persone, l’una delle quali afferma di essere il padre dell’altra, o la verità biologica? È una domanda molto delicata. Dalla risposta dipende anche la soluzione a un altro quesito di carattere legale: gli eredi possono impugnare il riconoscimento di paternità?

Ipotizziamo il caso di un soggetto che, qualche anno prima di morire, riconosca come proprio il figlio avuto dalla convivente. In conseguenza di ciò, il giovane diventa chiaramente erede legittimario del padre. Senonché, alla morte di quest’ultimo, gli altri suoi figli, ritenendo che il riconoscimento sia stato solo una simulazione (effettuata per ragioni affettive o per garantire al ragazzo una quota dell’eredità), intendono contestare la dichiarazione paterna. Potrebbero farlo?

Il tema del riconoscimento di paternità e della sua impugnazione da parte degli eredi è al centro di diverse pronunce della Cassazione, l’ultima delle quali è la numero 32417 del 22 novembre 2023. Con questa la Suprema Corte ha chiarito importanti aspetti di questo complesso argomento.

Cosa dice la Cassazione sull’impugnazione del riconoscimento di paternità?

La Suprema Corte ha stabilito che gli eredi non possono impugnare il riconoscimento di paternità di un figlio avvenuto anni prima. Prevale l’importanza dello status sociale della persona rispetto alla verità biologica.

Il diritto allo status sociale implica che la posizione sociale acquisita da una persona nel corso della sua vita, compreso il riconoscimento di paternità, ha un valore che va tutelato, anche se il giovane non dovesse essere effettivamente il figlio di colui che lo ha riconosciuto.

Come si bilancia la verità biologica con la verità affettiva o sociale?

La giurisprudenza recente mostra un cambiamento nell’interpretazione dei diritti costituzionali, dando maggiore rilevanza a criteri come la verità affettiva o sociale. Questo approccio mira a garantire assetti relazionali stabili. Non è solo la verità genetica il criterio da tenere in considerazione ma anche il legame sentimentale che si può creare tra due persone o il riconoscimento che la società fa della relazione padre-figlio ormai innescatasi tra le due persone.

In questo contesto, la decisione della Cassazione rafforza l’idea che lo status sociale acquisito può avere la precedenza sulla pura verità biologica.

Come del resto ha detto la Corte Costituzionale, la regola che il giudice è tenuto ad applicare deve tenere conto di variabili molto più complesse della rigida alternativa tra vero e falso. Ci sono interessi più delicati in gioco, come il legame affettivo che si è ormai consolidato tra il presunto padre e il presunto figlio.

I precedenti della Cassazione

Come già detto in passato dalla Cassazione (sent. n. 30403/2021 e n. 4791/2020), «i significativi mutamenti sociali degli ultimi anni impongono di affiancare al parametro della verità genetica altri criteri, quali quelli della verità affettiva o sociale, in una prospettiva di tutela degli stabili e rilevanti assetti relazionali di fatto».

In più occasioni, fra l’altro, la giurisprudenza di legittimità ha mostrato di avere superato la tesi della assolutezza del principio di prevalenza dell’interesse all’accertamento della verità biologica della procreazione ed ha affermato la necessità di bilanciare la verità del concepimento con l’interesse concreto del figlio alla conservazione dello status acquisito (così Cass. sent. n. 27140/2021, n. 4791/2020, n. 8617/2017, n. 4020/2017, n. 267/2016).

Ed ancora, con riferimento al riconoscimento di figli maggiorenni, la Cassazione (sent. n. 3252/2022) ha detto che «Nell’azione, intrapresa dal terzo interessato, di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio e già maggiorenne al momento della instaurazione del corrispondente giudizio, il bilanciamento che il giudice è tenuto ad effettuare tra il concreto interesse del soggetto riconosciuto ed il favore per la verità del rapporto di filiazione non può costituire il risultato di una valutazione astratta e predeterminata, né può implicare il sacrificio dell’uno in nome dell’altro, ma impone di tenere conto di tutte le variabili del caso concreto, tra cui il diritto all’identità personale del riconosciuto, correlato non solo alla verità biologica, ma anche ai legami affettivi e personali interni alla famiglia, al consolidamento della condizione identitaria acquisita per effetto del falso riconoscimento ed all’idoneità dell’autore del riconoscimento allo svolgimento del ruolo di genitore.

 
Pubblicato : 23 Novembre 2023 15:15